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Sentenza senza firma: quali conseguenze? Cassazione

La Corte di Cassazione affronta il caso di una sentenza emessa da una Corte d’Appello priva della firma del presidente. Il tentativo della stessa Corte di ‘correggere’ l’errore emettendo una seconda sentenza identica il giorno dopo è stato dichiarato illegittimo. La Suprema Corte ha stabilito che la prima sentenza senza firma è affetta da nullità sanabile, da far valere solo con impugnazione, mentre la seconda è insanabilmente nulla perché emessa da un giudice che aveva già esaurito il suo potere decisionale.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sentenza senza firma: un errore fatale o un vizio sanabile? La parola alla Cassazione

Cosa accade se viene emessa una sentenza senza firma del presidente del collegio? È un atto irrimediabilmente nullo o un vizio che può essere corretto? Con la recente ordinanza n. 14359/2024, la Corte di Cassazione offre un’analisi dettagliata, tracciando una linea netta tra nullità sanabile e insanabile e chiarendo i limiti del potere del giudice una volta pubblicata la decisione. Un caso che funge da importante monito sull’importanza del rispetto delle forme processuali.

Il caso: la doppia sentenza della Corte d’Appello

Una cittadina proponeva appello avverso una sentenza di primo grado. La Corte d’Appello competente definiva il giudizio con una prima sentenza, che però presentava un vizio formale: era stata sottoscritta solo dal giudice relatore e non dal presidente del collegio.

Accortasi dell’errore, la Corte, il giorno successivo, tentava di rimediare: il presidente della sezione feriale dichiarava la nullità della prima decisione e ne disponeva la “rinnovazione”. Veniva così depositata una seconda sentenza, di contenuto identico alla prima, ma questa volta munita di entrambe le sottoscrizioni necessarie.

La parte soccombente, ritenendo illegittima tale procedura, ha impugnato entrambe le sentenze dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando dubbi sulla validità di entrambi i provvedimenti.

L’analisi della Cassazione sulla sentenza senza firma

La Suprema Corte ha accolto i motivi del ricorso, ritenendoli entrambi fondati. Il cuore della questione risiede nella corretta qualificazione del vizio che affliggeva la prima sentenza. Secondo la giurisprudenza consolidata, una sentenza emessa da un organo collegiale e priva di una delle due sottoscrizioni richieste (quella del presidente o quella del relatore) è affetta da nullità sanabile ai sensi dell’art. 161, comma 1, del codice di procedura civile.

Si tratta di una sottoscrizione “insufficiente” ma non “mancante”. La totale assenza di sottoscrizione, infatti, comporterebbe una nullità insanabile, assimilabile all’inesistenza giuridica dell’atto. La nullità sanabile, invece, si converte in motivo di impugnazione e può essere fatta valere “soltanto nei limiti e secondo le regole proprie” del relativo mezzo di gravame, ovvero l’appello o il ricorso per cassazione.

L’esaurimento della potestas decidendi del giudice

Il punto cruciale della decisione della Cassazione è il principio secondo cui, una volta intervenuta la pubblicazione della sentenza, il giudice si spoglia del suo potere decisionale sulla controversia (la cosiddetta potestas decidendi). Il suo compito è terminato. L’unico modo per rimuovere quella sentenza dall’ordinamento giuridico è attraverso l’impugnazione promossa da una delle parti.

Era quindi precluso alla Corte d’Appello assumere l’iniziativa di dichiarare la nullità e pronunciare una seconda volta sul medesimo giudizio. Il provvedimento del presidente che ha disposto la rinnovazione è stato definito “abnorme”, in quanto ha tentato di riattribuire al collegio un potere che si era già esaurito. Di conseguenza, la seconda sentenza è stata emessa da un giudice che, in quel momento, non aveva più la giurisdizione sul caso, rendendola affetta da una nullità insanabile per vizio di costituzione del giudice.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di principi cardine del diritto processuale. La distinzione tra nullità sanabile e insanabile non è un mero formalismo, ma una garanzia per la certezza del diritto e il giusto processo. Consentire a un giudice di “auto-correggere” una sentenza già pubblicata creerebbe incertezza e violerebbe il principio per cui il potere giurisdizionale si consuma con la pronuncia della decisione. La seconda sentenza, essendo stata emessa a non iudice (da chi non era più giudice della causa), è radicalmente nulla. La prima, invece, pur viziata, esisteva giuridicamente e doveva essere contestata attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la seconda sentenza (n. 876/2021) in quanto insanabilmente nulla. Ha invece cassato con rinvio la prima sentenza (n. 874/2021), quella priva della firma del presidente. La causa è stata quindi rimandata alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, che dovrà procedere a un nuovo esame del merito. Questa pronuncia ribadisce che la stabilità delle decisioni giudiziarie è un valore fondamentale e che gli errori processuali devono essere sanati seguendo le vie procedurali corrette, senza scorciatoie che minerebbero le fondamenta stesse del sistema giudiziario.

Una sentenza a cui manca la firma del presidente del collegio è valida?
No, non è valida. Secondo la Cassazione, è affetta da una “nullità sanabile”. Ciò significa che il vizio esiste, ma può essere fatto valere solo dalla parte interessata attraverso un’impugnazione, entro i termini di legge.

Un giudice può correggere una sentenza emessa senza una firma, pubblicandone una nuova e corretta il giorno dopo?
Assolutamente no. Una volta che la prima sentenza è stata pubblicata, il giudice ha esaurito il suo potere di decidere su quel caso (“potestas decidendi”). Qualsiasi successiva sentenza emessa sullo stesso oggetto è affetta da nullità insanabile per vizio di costituzione del giudice e deve essere annullata senza possibilità di un nuovo giudizio.

Qual è la differenza tra la sorte della prima sentenza (senza firma) e della seconda (la “correzione”)?
La prima sentenza, affetta da nullità sanabile, viene cassata con rinvio, cioè viene annullata e la causa torna alla Corte d’Appello per essere decisa di nuovo. La seconda sentenza, affetta da nullità insanabile, viene cassata senza rinvio, cioè viene annullata definitivamente perché il processo non poteva validamente proseguire dopo la prima decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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