Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9240 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9240 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
21838 abbia puntualmente ricostruito la preesistenza, anche per gli enti locali, di un obbligo di impostare le procedure di progressione verticale prevedendo una quota di riserva tale da « garantire “in misura adeguata l’accesso dall’esterno” (art.36 d.l.vo 29/1993 novellato da d.lvo 89/98, esteso alle amministrazioni comunali per effetto dell’art.88 d.lvo 267/2000 e richiamato anche dall’articolo 4 CCNL Enti Locali del 31 marzo 1999) », è indubbio che, in ogni caso, con il sopravvenire della normativa di cui al d. lgs. n. 150 del 2009, lo scorrimento a favore di idonei non vincitori, di graduatorie provenienti da procedure selettive riservate solo agli interni fosse del tutto contra legem e che quindi correttamente Roma Capitale si sia astenuta da darvi corso;
3.
nulla muta in proposito il fatto -richiamato dai ricorrenti -secondo cui con Delibera del 2009 Roma Capitale avesse disposto la copertura delle vacanze fruendo (anche) delle graduatorie preesistenti;
il testo di quella delibera non giova ai ricorrenti perché essa -per come riportata nel ricorso per cassazione -fa riferimento a graduatorie concorsuali « che garantiscano un adeguato accesso dall’esterno », consentendo in tal caso anche « l’attribuzione di posti riservati al personale interno », sicché, venendo qui in evidenza una selezione riservata solo agli interni, quegli estremi non sono integrati;
in ogni caso, una qualsiasi Delibera che consentisse gli scorrimenti sarebbe comunque destinata a cedere di fronte al sopravvenire di
una normativa contraria rispetto all ‘utilizzazione di graduatorie riguardanti procedure riservate al solo personale interno;
a parte quindi che, adducendo quella Delibera, i ricorrenti introducono un elemento di fatto che non è stato valutato dalla Corte di merito (che non fa menzione di quell’atto) e che, a tutto concedere, il contrasto della decisione con quella Delibera non potrebbe comunque in sé comportare una violazione di legge -non essendo tale la violazione di una Delibera -comunque non può dirsi in alcun modo che quell’atto, per come esposto, fosse idoneo a fondare un qualche diritto dei ricorrenti e comunque a resistere rispetto alla forza cogente della normativa sopravvenuta impeditiva del risultato preteso;
3.1
irrilevante è anche il fatto -menzionato nel ricorso per cassazione -che, nel 2011 (o 2012) vi fosse stata l’utilizzazione della graduatoria mediante scorrimento a favore di interni;
infatti, se anche ciò fosse, un comportamento ipoteticamente non conforme a legge della P.A. non giustifica certamente la pretesa di altri alla reiterazione in loro favore della medesima violazione e tanto basta;
4. è infine sterile l’insistenza sul tema della durata delle preesistenti graduatorie o della proroga di essa, ad opera di altre norme; quanto alle norme preesistenti sulla ‘durata’ triennale (art. 35, co. 7-ter del d. lgs. n. 165 del 2001, quale introdotto dalla legge n. 244 del 2007) è evidente come sia del tutto lineare il coordinamento di esse con il divieto di selezioni riservate solo agli interni, nel senso che quella durata, in ogni caso, a quel punto, di certo non poteva più riguardare graduatorie il cui utilizzo era radicalmente precluso dalla normativa; ma anche le successive leggi di proroga (art. 17, co. 19, del d.l. n. 78 del 2009, conv. con mod. in legge n. 102 del 2009; art. 1, co. 4
del d.l. n. 216 del 2011, conv. con mod. in legge n. 14 del 2012; art. 4, co. 4 del d.l. n. 101 del 2013, conv. con mod.in legge n. 101 del 2013) -oltre a riguardare esse concorsi ‘pubblici’ e dunque, tendenzialmente, non riservati agli interni -non si pongono in contrasto con le limitazioni riguardanti le selezioni destinate alle posizioni superiori;
infatti, le diverse normative vanno collocate su un piano di coerenza -e non di contraddizione -che si evidenzia considerando anche in questo caso che, dopo la disciplina del d. lgs. n. 150 cit., le proroghe di efficacia non potevano che operare rispetto a graduatorie non esclusivamente riservate agli interni, perché per queste ultime vigeva il sopravvenuto divieto sancito con forza di legge;
va dunque escluso il ricorso ad improprie torsioni interpretative volte a favorire una tesi palesemente destinata a contrastare con la volontà della normativa sopravvenuta; 5.
il ricorso va quindi integralmente disatteso e le spese del giudizio di cassazione restano regolate secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 8.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro