Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33940 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33940 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12768-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 12768/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 31/10/2024
CC
avverso la sentenza n. 183/2021 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 10/11/2021 R.G.N. 150/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 12768/22
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 10.11.2021 n. 183, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, accoglieva il gravame proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Sassari che aveva accolto l’impugnazione avverso i ricorsi riuniti (l’uno av ente ad oggetto la richiesta di pagamento e l’altro l’avviso di addebito) proposta da COGNOME NOME, libero professionista iscritta all’Albo degli Architetti, attinente alla contribuzione previdenziale derivante dall’iscrizione di quest’ultima alla ges tione separata di cui all’art. 2 comma 26 della legge n. 335/95, cui l’Inps aveva proceduto d’ufficio per l’anno 2008 (essendo tutt’ora pendente il giudizio sui medesimi contributi dovuti per l’iscrizione d’ufficio per l’anno 2005).
Il tribunale dichiarava insussistente l’obbligo contributivo per l’anno in contestazione (2008), avendo accolto l’eccezione di prescrizione quinquennale, in quanto il termine aveva iniziato a decorrere dalla scadenza per il versamento dei contributi e cioè, il 16.6.2009 ed alla data del 14.7.14, data di richiesta del pagamento da parte dell’Istituto previdenziale, la pretesa creditoria era prescritta.
La Corte d’appello, per quanto ancora d’interesse, a sostegno dei propri assunti di accoglimento del gravame dell’Inps, riteneva la pretesa non prescritta, in quanto il contribuente aveva già ricevuto una richiesta analoga per i contributi da corrispondere alla Gestione Separata per l’anno 2005 (il relativo
giudizio era ancora pendente in Cassazione, ma la Corte d’appello aveva già accolto le ragioni dell’Inps), mentre in riferimento all’anno 2008 aveva ritardato la presentazione della dichiarazione dei redditi, presentandola non entro il settembre 2009 ma presentandola solo il 30.9.11 (dopo che aveva già depositato il ricorso avverso l’iscrizione d’ufficio per l’anno 2005), senza compilare il quadro RR; riteneva, quindi, la Corte del merito, integrata la causa di sospensione della prescrizione, di cui all’art . 2941 n. 8 c.c., che si verifica quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza del debito. Riteneva, infine, legittima l’irrogazione delle sanzioni, secondo il regime dell’evasione, atteso l’occultamento doloso.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME ricorre per cassazione, sulla base di sette motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps non ha svolto difese scritte.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., dell’art. 2 commi 25, 26, 27, 29 e 30 della legge n. 335/95, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto sussistente l’obbligo di versamento dei contributi all’Inps per il 2008, alla luce della previa iscrizione alla Gestione Separata in riferimento all’anno 2005, poiché la sentenza della Corte d’appel lo di Sassari n. 360/16, nel riformare la sentenza del tribunale di Sassari n. 671/14 ed accogliere le ragioni dell’Inps per la contribuzione del 2005, non aveva statuito anche sull’iscrizione d’ufficio del professionista alla Gestione Separata (per quell’ anno), quindi,
non sussisteva nessuna pregressa iscrizione del contribuente che legittimasse la pretesa contributiva per il 2008.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art.112 c.p.c., dell’art. 24 del d.lgs. n. 46/99 e dell’art. 30 del DL n. 78/10, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello non aveva considerato che, ai sensi delle norme indicate in rubrica, in presenza del previo giudizio di accertamento negativo del credito (nel giudizio avverso l’avviso bonario), l’avviso di addebito poteva essere emesso solo in presenza di un provvedimento esecutivo del giudice, che nella specie è mancato.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 commi 25 e 26 della legge n. 335/95, dell’art. 18 commi 11 e 12 del DL n. 98/11, dell’art. 49 del DPR n. 917/86, dell’art. 10 della legge n. 6 /81, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte territoriale aveva predicato l’obbligo d’iscrizione del professionista alla Gestione Separata Inps per i redditi derivanti dall’attività libero professionale in assenza di iscrizione alla Cassa di riferimento, alla quale versava il solo contributo integrativo.
Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 10 del d.lgs. n. 241/97, dell’art. 36 bis del DPR n. 600/73, dell’art. 36 ter del DPR n. 600/73, dell’art. 3 comma 134 lett. b) della legge n. 662/96, dell’art. 24 del d.lgs. n. 46/99, dell’art. 30 del DL n. 78/10, dell’art. 2941 c.c., dell’art. 2935 c.c., dell’art. 3 comma 9 della legge n. 335/95, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., non avendo la Corte d’appello rilevato la prescrizio ne del credito contributivo, ma avendo, erroneamente, ritenuto che la
condotta del professionista che ometta di compilare la dichiarazione dei redditi relativa ai proventi della propria attività costituisse doloso occultamento del debito, tale da integrare la causa di sospensione della prescrizione, di cui all’art. 2941 n. 8 c.c.
Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame di fatti decisivi ai fini del decidere, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., consistente nell’aver omesso di esaminare la circostanza che il COGNOME aveva presentato la dichiarazione dei redditi per il 2008 (Unico 2009), in data 17.9.09, senza che a ciò fosse seguita la presentazione della medesima dichiarazione nell’anno 2011 e tale fatto sarebbe stato decisivo ai fini del decidere.
Con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame di fatti decisivi ai fini del decidere, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. e per violazione dell’art. 116 comma 8 lett. b) della legge n. 388/2000, in relazione al l’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché aveva omesso di valutare la buona fede del ricorrente che rendeva le sanzioni irrogate illegittime.
Con il settimo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto la cassazione della sentenza dovrà riguardare anche la decisione relativa alle spese di giudizio che dovranno porsi interamente a carico dell’Inps una volta che venga accertata l’infondatezza della pretesa contributiva o, in ogni caso, la sua prescrizione.
Il primo motivo è inammissibile perché non riporta le decisioni di merito del giudizio sulla contribuzione del 2005, quantomeno nella parte d’interesse oggetto del motivo di censura, così inammissibilmente contestando l’a ffermazione della Corte del
merito riguardo al fatto che la sentenza della Corte di appello sezione di Sassari n. 360/16 (sulla contribuzione relativa al 2005) aveva invece ribadito l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata del libero professionista (per il 2005), e, quindi, nessun giudicato interno si era consolidato sulla presunta assenza di tale obbligo, obbligo che perdurava anche in riferimento alla contribuzione del 2008, oggetto della presente controversia.
Il secondo motivo è inammissibile, perché non si confronta con la statuizione della Corte del merito secondo cui vi era stata la riunione dei giudizi avverso l’avviso bonario prima e avverso l’avviso di addebito dopo , così che al momento della decisione sull’opposizione all’avviso di addebito, sarebbe risultato esistente anche il chiesto provvedimento giudiziale che aveva deciso sull’azione di accertamento (instaurato all’esito del ricorso proposto in sede amministrati va avverso l’avviso bonario), come rich iesto dall’art. 24 comma 3 del d.lgs. n. 46/99.
Il terzo motivo è infondato.
Questa Corte, infatti, ha ormai consolidato l’orientamento secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’INARCASSA, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso I’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirato l’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), al solo
versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata posizione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (così, tra le più recenti, Cass. nn. 5826 del 2021, 20288 del 2022 e 10286 del 2023, tutte sulla scorta di Cass. nn. 30344 del 2017 e 32166 del 2018).
Il quarto motivo è infondato.
Va, in via preliminare, rilevato come la prescrizione in materia previdenziale sia una questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (Cass. n. 30303/21).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte ‘In materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi, sicché assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui all’art. 1, comma 1, D.P.C.M. del 10 giugno del 2010 in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stabilite’ (Cass. n. 10273/21) .
Pertanto, nel caso di specie, il differimento del termine di pagamento concerneva tutti i contribuenti che esercitavano attività economiche per le quali erano stati elaborati gli studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi fossero fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione, quale quello di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 1, commi 96 ss. (cfr. Cass. n. 10273/21 cit, in motivazione).
Ciò detto, alla luce dello slittamento della scadenza per il versamento dei contributi per l’anno 2008 al 6.7.09, sulla base
del DPCM 4 giugno 2009, (pubblicato sulla G.U. n. 137 del 16.6.09), la richiesta di pagamento dell’Inps pervenuta al destinatario il 14.7.14 (cfr. p. 1 della sentenza impugnata), risulterebbe tardiva e il relativo credito contributivo prescritto. Ciò premesso, in riferimento alla causa di sospensione della prescrizione per doloso occultamento del debito, ai sensi dell’art. 2941 n. 8 c.c., dichiarata dalla Corte d’appello, va rilevato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, non è configurabile un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, in quanto il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione rimessa al giudice di merito, censurabile in cassazione nei ristretti limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (Cass. n. 37529/21).
Nella specie, la Corte d’appello ha espresso proprio quell’accertamento richiesto, rilevando da una parte che il COGNOME era già iscritto alla Gestione Separata a partire dal 2005 ed, anche se il giudizio era ancora pendente in Cassazione, la Corte d’appello aveva accolto le ragioni creditorie dell’Istituto previdenziale (quindi, il COGNOME non poteva ignorare il suo obbligo contributivo); inoltre, il COGNOME aveva presentato la dichiarazione dei redditi per il 2008, anno a cui afferisce il credito contributivo oggetto di controversia, solo nel 2011 (invece che nel 2009), omettendo non solo di compilare ma anche di allegare il modulo RR; pertanto il COGNOME, nella consapevolezza del proprio obbligo, aveva volutamente ritardato la dichiarazione del proprio debito, così da integrare la causa di sospensione della prescrizione, quantomeno fino alla presentazione della dichiarazione per il 2008, il 30.9.11.
Il quinto motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la statuizione della Corte d’appello che desume l’occultamento
doloso dalla circostanza che il COGNOME già dal 2005 era iscritto d’ufficio alla Gestione Separata Inps e inoltre, non aveva compilato il quadro RR neppure per la dichiarazione dell’anno 2009, riferita ai redditi del 2008.
Il sesto motivo è fondato nei termini che seguono, con assorbimento del settimo.
In riferimento alle sanzioni, in virtù della sentenza della Corte Costituzionale n. 55 del 2024 – che ha esteso gli effetti della sentenza n. 104/22, che aveva ritenuto non dovute le sanzioni, per le annualità di iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata per gli avvocati iscritti all’Albo professionale, ma non alla Cassa di previdenza forense, precedenti all’entrata in vigore della norma d’interpretazione autentica di cui all’art. 18 comma 12 del D.L. n. 98/11 convertito con la legge n. 111/11 – si era chiarito l’esistenza dell’obbligo dell’iscrizione alla Gestione separata dei professionisti che pur non iscritti alla Cassa d’appartenenza, avevano svolto con abitualità l’esercizio della professione.
Infatti, come ritenuto da questa Corte (Cass. n. 17970/22), sull’apparato sanzionatorio relativo ai professionisti iscritti d’ufficio alla Gestione separata, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 104/22, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 198 del 2011, art. 18, comma 12 conv. in L. n. 111 del 2011, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui alla L. n. 576 del 1980, art. 22, pur tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Inps, siano, tuttavia, esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa contribuzione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
In particolare, si è affermato che nella fattispecie in esame l’affidamento dell’avvocato con reddito (o volume d’affari) sottosoglia, prima dell’entrata in vigore della disposizione di interpretazione autentica, avrebbe dovuto essere oggetto di specifica e generalizzata tutela ex lege per adeguare la disposizione interpretativa al canone di ragionevolezza, deducibile dal principio di uguaglianza (art. 3 Cost., comma 1). Nell’esercizio della legittima funzione di interpretazione autentica, il legislatore era sì libero di scegliere, tra le plausibili varianti di senso della disposizione interpretata, anche quella disattesa dalla giurisprudenza di legittimità dell’epoca; ma avrebbe dovuto farsi carico, al contempo, di tutelare l’affidamento che ormai era maturato in costanza di tale giurisprudenza.
La reductio ad legitimitatem della norma censurata può, quindi, essere operata mediante l’esonero dalle sanzioni civili per la mancata iscrizione alla Gestione separata INPS relativamente al periodo precedente l’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica. In tal modo è soddisfatta l’esigenza di tutela dell’affidamento scusabile, ossia con l’esclusione della possibilità per l’ente previdenziale di pretendere dai professionisti interessati, oltre all’adempimento dell’obbligo di iscriversi alla Gestione separata e di versare i relativi contributi, anche il pagamento delle sanzioni civili dovute per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della norma interpretata e quella della norma interpretativa.
Posto che la sentenza della Corte Costituzionale è una sentenza di accoglimento, nei limiti sopra indicati, ne discende che – ha osservato ancora Cass.17970/22 – in base all’art. 136 Cost., in combinato disposto con la L. n. 87 del 1953, art. 30, il D.L. n.
98 del 2011, art. 18, comma 12 cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui alla L. n. 576 del 1980, art. 22 tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Inps, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa contribuzione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
La sentenza della Corte Costituzionale cancella la norma incostituzionale dall’ordinamento giuridico con riferimento a tutti i rapporti non ancora esauriti, per cui nella presente fattispecie ciò determina che la questione prospettata in ordine alla debenza ed entità delle sanzioni civili, in quanto riferite all’anno 2008, in cui la legge dichiarata incostituzionale non era ancora entrata in vigore, va decisa nel senso che nulla è dovuto per sanzioni civili in conseguenza del confermato obbligo di iscrizione alla Gestione separata da parte della ricorrente incidentale.
In accoglimento del sesto motivo nei sensi di cui in parte motiva, con assorbimento del settimo, dichiarati inammissibili il primo, secondo e quinto motivo e rigettati il terzo e il quarto, la sentenza va cassata e decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., dichiara non dovute le sanzioni per il 2008.
Le alterne vicende e la reciproca soccombenza giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio .
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il sesto motivo di ricorso, nei sensi di cui in parte motiva, assorbe il settimo, dichiara inammissibili il primo, secondo e quinto motivo e rigetta il terzo e il quarto, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni per il 2008.
Spese dell’intero giudizio compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 31.10.24