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Sanzione disciplinare tardiva: quando è illegittima?

La Corte d’Appello di Ancona conferma l’annullamento di una sanzione disciplinare tardiva, inflitta a un lavoratore oltre tre mesi dopo le sue giustificazioni. La sentenza ribadisce che il datore di lavoro deve rispettare il principio di immediatezza, agendo in tempi ragionevoli. Un ritardo ingiustificato viola tale principio e rende la sanzione illegittima, in quanto genera nel dipendente il legittimo affidamento che la condotta non verrà punita.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Sanzione disciplinare tardiva: la Corte d’Appello ribadisce il principio di immediatezza

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Ancona ha riaffermato un principio cardine del diritto del lavoro: una sanzione disciplinare tardiva, irrogata a notevole distanza di tempo dai fatti contestati e dalle giustificazioni del lavoratore, è illegittima. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere l’importanza del principio di immediatezza, che tutela il lavoratore da incertezze prolungate e garantisce la trasparenza del procedimento disciplinare.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla decisione di un’azienda di sanzionare un proprio dipendente con una censura. La contestazione riguardava la presunta violazione delle procedure aziendali per uno scambio tra un turno di lavoro e un giorno di ferie con un collega. Il lavoratore aveva fornito le proprie giustificazioni scritte in data 5 giugno 2023. Tuttavia, l’azienda comunicava la sanzione disciplinare solo il 29 settembre 2023, ben tre mesi e mezzo dopo.

Il Tribunale, in primo grado, aveva già dichiarato illegittima la sanzione, ritenendola tardiva. L’azienda, non accettando la decisione, ha proposto appello, sostenendo che nessuna norma specifica imponesse un termine perentorio per la conclusione del procedimento e che il ritardo non fosse irragionevole.

La Decisione della Corte d’Appello e la Sanzione Disciplinare Tardiva

La Corte d’Appello ha respinto il ricorso dell’azienda, confermando integralmente la sentenza di primo grado. I giudici hanno stabilito che il lungo lasso di tempo trascorso tra la presentazione delle giustificazioni del dipendente e l’irrogazione della sanzione costituisce una violazione del principio di immediatezza, sancito dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970).

Secondo la Corte, un ritardo così significativo, in assenza di valide giustificazioni da parte del datore di lavoro, ingenera nel lavoratore il legittimo affidamento che la sua condotta non sia stata ritenuta disciplinarmente rilevante o che l’azienda abbia deciso di soprassedere. Di conseguenza, la sanzione disciplinare tardiva è stata considerata illegittima e annullata.

Le Motivazioni della Sentenza

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione del criterio di immediatezza. La Corte ha chiarito che, sebbene non sempre esista un termine numerico fisso stabilito dalla legge o dai contratti collettivi, il datore di lavoro è tenuto a concludere il procedimento disciplinare entro un “termine ragionevole”.

Nel caso specifico, i fatti contestati erano di modesta complessità e già pienamente accertati al momento della contestazione. Le giustificazioni del lavoratore non avevano introdotto elementi nuovi che richiedessero ulteriori e complesse indagini. L’azienda non ha fornito alcuna prova di ragioni oggettive (come ferie, malattie o complessità organizzative) che potessero giustificare un’attesa di tre mesi e mezzo. Questo ritardo è stato quindi giudicato “incongruo” e ingiustificato.

I giudici hanno sottolineato che l’immediatezza non serve solo a garantire il diritto di difesa del lavoratore, ma anche a tutelare la certezza delle situazioni giuridiche. Lasciare un dipendente in sospeso per un periodo prolungato viola i principi di correttezza e buona fede che devono governare il rapporto di lavoro.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i datori di lavoro. La gestione dei procedimenti disciplinari richiede tempestività e diligenza. Un ritardo non supportato da valide e comprovate ragioni può compromettere l’efficacia della sanzione, anche se questa fosse, nel merito, fondata.

Per i lavoratori, questa decisione rafforza la tutela contro l’esercizio arbitrario del potere disciplinare. Un dipendente che riceve una sanzione dopo un periodo di tempo eccessivamente lungo e ingiustificato ha fondati motivi per impugnarla, facendo valere la violazione del principio di immediatezza, un pilastro fondamentale per un equo e trasparente rapporto di lavoro.

Quanto tempo ha il datore di lavoro per irrogare una sanzione disciplinare?
La sentenza non stabilisce un termine fisso in giorni, ma chiarisce che il provvedimento deve essere adottato entro un “termine ragionevole” dalla ricezione delle giustificazioni del lavoratore. Un ritardo di tre mesi e mezzo, per un caso di modesta complessità, è stato giudicato eccessivo e irragionevole.

Un ritardo nell’irrogare la sanzione la rende sempre illegittima?
No, non necessariamente. Il ritardo può essere giustificato da fattori oggettivi, come la necessità di svolgere indagini interne complesse o la complessità della struttura organizzativa aziendale. Tuttavia, l’onere di provare l’esistenza di tali giustificazioni ricade interamente sul datore di lavoro.

Cosa significa “principio di immediatezza” nel procedimento disciplinare?
Significa che il datore di lavoro deve agire tempestivamente sia nella contestazione dei fatti sia nella successiva irrogazione della sanzione. Questo principio ha una duplice funzione: garantire il diritto di difesa del lavoratore e tutelare il suo legittimo affidamento sulla non rilevanza disciplinare della condotta se l’azienda attende troppo a lungo per sanzionarla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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