Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12173 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12173 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14580/2023 R.G. proposto da :
COGNOME Gaetano, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale
-ricorrente-
contro
Comune di Gibellina, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 325/2023 depositata il 15/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, dipendente del Comune di Gibellina con le mansioni di istruttore contabile, aveva adito il Tribunale di Sciacca per accertare l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogatagli in data 6 ottobre 2017 della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per cinque giorni, instando per il conseguente annullamento della sanzione e la condanna dell’ente alla corresponsione delle somme trattenute a tale titolo.
Il Comune si era costituito contestando la fondatezza della domanda e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna del dipendente al versamento della somma di 1.434,38 euro a titolo risarcitorio.
Il Tribunale aveva rigettato il ricorso, declinando la giurisdizione sulla domanda riconvenzionale a favore della Corte dei Conti. In ordine agli addebiti, il giudice di prima istanza aveva ritenuto fondate le doglianze del lavoratore « con riguardo alla prospettata mancanza di previa contestazione, ad opera di parte datoriale, dei fatti disciplinari di cui ai punti nn. 3 e 4 sopra citati », mentre aveva disatteso le eccezioni di decadenza sollevate ex art. 55bis del d.lgs. n. 165 del 2001 in ordine alle due residue contestazioni disciplinari, rispetto alle quali reputava proporzionata la sanzione applicata.
La Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado, respingendo l’appello principale del lavoratore e quello incidentale del Comune.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi, illustrati da memoria, cui oppone difese il Comune di Gibellina con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 55, 55bis del d.lgs. n. 165 del 2001, 2106 cod. civ. e 3 del CCNL per i dipendenti degli enti locali dell’ 11 aprile 2008, in riferimento all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Si lamenta, in particolare, la violazione del principio della preventiva contestazione degli addebiti e del diritto di difesa con riferimento al primo fatto in contestazione ( i.e. : non avere riscontrato pienamente la richiesta prot. 3908 del 29 marzo 2017 del Segretario comunale, che atteneva ad adempimenti sia di natura fiscale che contributiva; il dipendente ha definito solo le liquidazioni attinenti alle dichiarazioni modello 770, non comunicando il dettaglio delle imposte e delle sanzioni pagate trascurando, altresì, tutte le altre verifiche attinenti alle denunce contributive INPS e INAIL), sanzionato ex art. 3, comma 5, lett. k), del CCNL (relativo alla violazione di obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente
nelle lettere precedenti, da cui sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’ente, agli utenti o a terzi), per l’omessa preventiva contestazione anche dell’elemento costitutivo di detta fattispecie sanzionatoria , costituito da l pregiudizio economico derivato all’ente resistente, accertato in fatto dalla Corte territoriale in misura di 1.434,38 euro; laddove, per converso, sul punto il Comune di Gibellina si limitava, con la nota di contestazione degli addebiti prot. ris. n. 3 del 26 giugno 2017, a contestare al ricorrente « … non ha puntualmente riscontrato la richiesta del Segretario comunale prot. 3908 del 29.03.2017, sollecitata con nota prot. 5494 del 05.05.2017, denotando scarsa diligenza nel compito richiesto ».
La censura si incentra sul rilievo che la Corte d’appello , contrariamente al primo giudice, avrebbe ritenuto integrata la fattispecie di cui alla lett. k) della disposizione contrattuale, valorizzando un pregiudizio economico non previamente contestato.
1.1. La doglianza è infondata.
La fattispecie di cui alla lett. k) del l’ art. 3, comma 5, del CCNL risulta espressamente indicata nella lettera di contestazione del 22 giugno 2017 (come riportata nella sentenza impugnata, pp. 11-12), che pure conteneva il riferimento alla nota di sollecito del 5 maggio 2017, con cui si ammoniva che « ogni eventuale pregiudizio sofferto dall’Ente (sanzioni, interessi) sarà posto a carico dei soggetti ritenuti responsabili », richiamando, altresì, le sanzioni risultanti dal controllo delle dichiarazioni 770/2014 e 770/2015, divenute, poi, oggetto della liquidazione della somma di euro 1.434,38, per irregolarità, in favore di Riscossione Sicilia, già oggetto della domanda riconvenzionale. Va, peraltro, sottolineato che, come pure emerge dalla sentenza impugnata (p. 13), la concreta liquidazione delle sanzioni è avvenuta in data 30 giugno 2017, e, pertanto, in epoca successiva alla contestazione (datata 22 giugno 2017).
In tal modo, risulta pienamente soddisfatto il requisito della previa contestazione dell ‘ addebito, in quanto sono state fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o
comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ. (Cass. Sez. L, 18/04/2018, n. 9590), prescindendo dai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell ‘ accusa nel processo penale e valorizzando l ‘ idoneità dell ‘ atto a soddisfare il diritto di difesa dell ‘ incolpato; in tal senso anche il rinvio per relationem alla nota di sollecito del 5 maggio 2017 era pienamente consentito in quanto già a conoscenza del dipendente incolpato, che ne era il diretto destinatario (arg. ex Cass. Sez. L, 01/10/2018, n. 23771).
2. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 55 e 55bis del d.lgs. n. 165 del 2001, 2106 cod. civ. e 3 CCNL per i dipendenti degli enti locali dell’ 11 aprile 2008, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione del principio di gradualità e proporzionalità del secondo fatto in contestazione (non avere assunto un comportamento corretto e responsabile allorché si è definito ‘un ramo secco’ nell’incontro avuto con il Segretario comunale il 22.06.2017), sanzionato ex art. 3, comma 5, lett. b), del CCNL (relativo alla particolare gravità delle mancanze previste al comma 4, sub specie lett. b) della condotta non conforme ai principi di correttezza verso superiori), per avere la Corte territoriale ritenuto di poter sussumere la condotta nella richiamata fattispecie contrattuale in base alla intenzionalità del comportamento del dipendente (che avrebbe palesato di non volere esitare le richieste del Segretario comunale del 29 marzo 2017 e del 5 maggio 2017, in ragione del suo prossimo pensionamento), così ritenendola implicitamente prevalente rispetto alla circostanza attenuante dell’assenza di precedenti disciplinari del ricorrente (pacifica inter partes , dedotta a fondamento del motivo sostanzialmente unico di appello principale del ricorrente e al riguardo espressamente declinata dalla Corte territoriale): laddove per converso, a termini dell’art. 3 , comma 1, del CCNL, i criteri di valutazione normativa della contrattazione collettiva riferibili al caso di specie – lett. a), intenzionalità del comportamento del ricorrente; lett. e), assenza di procedimenti disciplinari nel biennio previsto dalla legge -avrebbero valore paritario.
2.1. Anche la seconda censura non può trovare accoglimento.
Per consolidato orientamento di questa Corte, la proporzionalità della sanzione disciplinare è determinata dal giudice del merito, che è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, valutando ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. Sez. L, 17/10/2018, n. 26010; Cass. Sez. L, 22/06/2023, n. 17912), fatto salvo, per gli illeciti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, il potere/dovere del giudice del merito di rimodulare la sanzione, riconosciuto ai sensi dell’art. 63, comma 2 -bis , del d.lgs. n. 165 del 2001, ove ne ricorrano i presupposti (vedi, per tutte: Cass. Sez. L, 18/04/2023, n. 10236).
Il principio è stato anche più di recente riaffermato, sul rilievo che il giudizio di proporzionalità tra licenziamento e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, in quanto implica un apprezzamento dei fatti che hanno dato origine alla controversia, ed è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione della sentenza impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell ‘ essere stata articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi o manifestamente ed obiettivamente incomprensibili, ovvero ancora sia viziata da omesso esame di un fatto avente valore decisivo, nel senso che l ‘ elemento trascurato avrebbe condotto con certezza ad un diverso esito della controversia (Cass. Sez. L, 03/01/2024, n. 107).
Nella specie la Corte territoriale ha ampiamente e correttamente motivato in ordine alla ritenuta proporzionalità della misura, valorizzando, in particolare, l’intenzionalità della condotta , desunta proprio dall’espressione utilizzata dal dipendente, che ha reso palese come l’inosservanza dei doveri di ufficio, oggetto della prima contestazione, rispondesse al chiaro intento di sottrarsi all’adempimento perché prossimo alla pensione , elemento che è stato, all’evidenza, ritenuto decisivo nel giudizio di adeguatezza della misura conservativa applicata. Non sono, dunque, configurabili i vizi della motivazione che ne consentirebbero il sindacato nella presente sede di legittimità.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, al rimborso delle spese generali al 15%, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della