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Sanzione disciplinare: no alla legge più favorevole

Un dipendente pubblico, sanzionato per aver svolto attività extra-lavorative non autorizzate, ha invocato l’applicazione di una legge successiva più favorevole. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la sanzione disciplinare non ha natura penale, ma contrattuale. Pertanto, non si applica il principio della retroattività della legge più mite. La Corte ha inoltre confermato che l’onere di provare l’esistenza dell’autorizzazione grava sul dipendente.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Sanzione Disciplinare: Perché non si Applica la Legge Più Favorevole?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nel diritto del lavoro pubblico: la natura della sanzione disciplinare e la possibilità di applicare retroattivamente una legge più favorevole. Il caso riguardava un professionista sanitario sanzionato per aver svolto attività esterne senza la prescritta autorizzazione. La decisione della Corte fornisce chiarimenti fondamentali, distinguendo nettamente l’illecito disciplinare da quello penale.

Il Caso: Incarichi Extra Lavorativi Senza Autorizzazione

I fatti risalgono al periodo tra il 2012 e l’agosto 2013, quando un medico dipendente di un’azienda socio-sanitaria territoriale svolgeva attività di consulenza scientifica per terzi, percependo un compenso significativo. L’azienda datrice di lavoro, venuta a conoscenza dei fatti, ha irrogato una sanzione disciplinare consistita nella sospensione dal servizio e dalla retribuzione per 15 giorni, oltre all’obbligo di restituire le somme percepite, pari a quasi 40.000 euro, per non aver richiesto la preventiva autorizzazione.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno confermato la legittimità della sanzione, respingendo le difese del professionista.

La Difesa del Lavoratore e la Sanzione Disciplinare

Il medico ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Applicazione della legge più favorevole: Il ricorrente sosteneva che una legge entrata in vigore il 31 agosto 2013 aveva escluso l’obbligo di autorizzazione per le attività di ricerca scientifica. A suo avviso, poiché la sanzione disciplinare ha un carattere afflittivo simile a una pena, si sarebbe dovuto applicare il principio della retroattività della legge più mite (lex mitior), tipico del diritto penale.
2. Errata ripartizione dell’onere della prova: Il professionista contestava la decisione dei giudici di merito di aver posto a suo carico l’onere di dimostrare di aver richiesto e ottenuto le autorizzazioni. Egli riteneva che le autorizzazioni ottenute in anni precedenti per incarichi simili fossero sufficienti.

La Natura della Sanzione Disciplinare: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, offrendo una lezione chiara sulla natura della sanzione disciplinare nel pubblico impiego.

La Corte ha stabilito che il potere disciplinare del datore di lavoro pubblico non è un’espressione della pretesa punitiva dello Stato, ma deriva dal potere direttivo e organizzativo proprio del rapporto di lavoro, che ha natura contrattuale e privatistica. L’interesse tutelato è quello del datore di lavoro al corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali da parte del dipendente.

Di conseguenza, la sanzione disciplinare, anche quando i fatti costituiscono reato, non ha natura penale. Per questo motivo, non è possibile invocare i principi garantistici del diritto penale, come l’applicazione della legge successiva più favorevole.

L’Onere della Prova: Chi Deve Dimostrare Cosa?

Anche sul secondo punto, la Corte ha dato torto al ricorrente. In base al principio generale sull’onere della prova (art. 2697 c.c.), chi agisce in giudizio per contestare una sanzione affermando di essere stato autorizzato deve fornire la prova di tale circostanza. Spettava quindi al medico dimostrare di aver inviato la richiesta di autorizzazione per quegli specifici incarichi e che l’azienda l’avesse ricevuta e approvata. Le autorizzazioni ottenute in passato per attività diverse non erano pertinenti né sufficienti a dimostrare la correttezza del suo operato nel periodo contestato.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra ordinamento penale e ordinamento disciplinare. Il primo tutela interessi primari della collettività attraverso il potere punitivo dello Stato; il secondo regola l’equilibrio di un rapporto contrattuale privato, garantendo il corretto funzionamento dell’organizzazione del datore di lavoro. Questa distinzione, supportata da precedenti sentenze della Corte stessa e della Corte Costituzionale, impedisce l’applicazione analogica di principi, come quello del favor rei, nati e concepiti per il solo ambito penale. Inoltre, la Corte ha ribadito la corretta applicazione delle regole sull’onere della prova, secondo cui la parte che invoca un fatto a proprio favore (in questo caso, l’esistenza di un’autorizzazione) ha il compito di provarlo in modo specifico e documentato.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per tutti i dipendenti pubblici: la necessità di richiedere e documentare scrupolosamente ogni autorizzazione per incarichi esterni. La decisione chiarisce che la sanzione disciplinare segue le regole del diritto civile e del lavoro, non quelle del diritto penale. I lavoratori non possono quindi sperare di beneficiare di eventuali modifiche legislative più favorevoli intervenute dopo la commissione dell’illecito. Il rapporto di lavoro si basa su obblighi precisi, e spetta al dipendente dimostrare di averli rispettati.

Una sanzione disciplinare nel pubblico impiego ha natura penale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la sanzione disciplinare non deriva dalla pretesa punitiva dello Stato, ma dal potere direttivo del datore di lavoro nell’ambito di un rapporto contrattuale di natura privatistica.

A una sanzione disciplinare si può applicare una legge successiva più favorevole?
No. Poiché la sanzione disciplinare non ha natura penale, non si applica il principio della retroattività della legge più favorevole, che è una garanzia tipica del diritto penale.

In un procedimento disciplinare per incarichi non autorizzati, chi deve provare l’esistenza dell’autorizzazione?
L’onere della prova spetta al dipendente. È il lavoratore che deve dimostrare di aver richiesto e ottenuto la specifica autorizzazione per l’attività contestata, come stabilito dall’articolo 2697 del codice civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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