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Sanzione disciplinare: illegittima se la condotta è giustificata

Una società sanitaria ha imposto una sanzione disciplinare di 3 giorni di sospensione a una dipendente per aver nutrito dei gatti al di fuori dell’area designata. La lavoratrice ha dimostrato che la sua azione era finalizzata a catturare una gatta per la sterilizzazione, un compito legato alla sua gestione della colonia felina aziendale. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado che annullava la sanzione disciplinare, ritenendo la condotta della dipendente giustificata e non punibile, in quanto mirata a un obiettivo legittimo e connesso alle sue mansioni.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Sanzione Disciplinare: Giustificata la Condotta del Lavoratore che Persegue un Fine Lecito?

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari offre spunti cruciali sul tema della sanzione disciplinare nel rapporto di lavoro. Il caso analizzato dimostra come un comportamento del dipendente, apparentemente contrario a una disposizione aziendale, possa essere considerato legittimo se finalizzato a uno scopo giustificato e connesso alle proprie mansioni. La decisione sottolinea l’importanza di valutare non solo l’azione in sé, ma anche il contesto e l’intento che la muovono.

I Fatti del Caso: Una Contestazione Disciplinare per la Gestione di una Colonia Felina

Una società sanitaria aveva irrogato una sanzione disciplinare, consistente in tre giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, a una propria dipendente. L’addebito era di aver fornito cibo a un gruppo di gatti in un’area esterna alla struttura ospedaliera, diversa da quella appositamente designata, violando così le disposizioni aziendali sulla gestione della colonia felina presente in loco.

La lavoratrice, che era anche amministratrice della colonia, si è difesa sostenendo che la sua azione non era una semplice distribuzione di cibo. Al contrario, stava tentando di attirare una gatta gravida per catturarla e sottoporla a sterilizzazione presso la ASL competente, proprio al fine di adempiere al suo compito di limitare la proliferazione dei felini e salvaguardare l’igiene dei luoghi. A riprova di ciò, ha prodotto un certificato della ASL che attestava l’avvenuta sterilizzazione dell’animale in quella stessa data.

La Decisione del Tribunale e i Motivi dell’Appello

Il Tribunale di primo grado aveva accolto le ragioni della lavoratrice, annullando la sanzione. Il giudice aveva ritenuto l’azione un “comprensibile escamotage” per raggiungere un fine legittimo. Inoltre, aveva osservato che le precarie condizioni igieniche della zona, lamentate dall’azienda, erano più probabilmente dovute alla presenza di cassonetti dei rifiuti ricolmi che all’operato della dipendente.

L’azienda ha impugnato la decisione in appello, contestando la valutazione delle prove testimoniali e ritenendo la condanna al pagamento delle spese legali, quantificate in 6.000 euro, eccessiva rispetto al valore della causa (circa 370 euro di retribuzione persa).

Le Motivazioni della Corte d’Appello sulla Sanzione Disciplinare

La Corte d’Appello ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza di primo grado. Le motivazioni dei giudici si sono concentrate su due aspetti principali: la legittimità della condotta della lavoratrice e la correttezza della quantificazione delle spese processuali.

La Valutazione della Condotta del Lavoratore

I giudici hanno stabilito che l’azione della dipendente, pur manifestandosi come somministrazione di cibo fuori dall’area consentita, era in realtà strumentale a un’attività essenziale e doverosa: la sterilizzazione dei felini per il controllo della colonia. L’accordo di programma per la gestione della colonia affidava alla lavoratrice questo compito, senza specificare le modalità operative. Pertanto, l’aver utilizzato del cibo come esca per catturare la gatta è stata considerata una condotta scriminata, ovvero giustificata dallo scopo perseguito.

La credibilità della versione della dipendente è stata rafforzata da prove concrete: il certificato di sterilizzazione della ASL e le deposizioni testimoniali convergenti. La Corte ha ritenuto irrilevante che una delle testimoni a favore fosse stata a sua volta sanzionata per fatti simili, poiché la sua dichiarazione trovava riscontro documentale. Al contrario, le dichiarazioni dei testimoni dell’azienda sono state giudicate generiche e non in grado di smentire l’intento specifico della lavoratrice.

La Questione delle Spese Legali nelle Cause di Valore Indeterminabile

Anche la censura sulle spese legali è stata respinta. La Corte ha ribadito un principio consolidato della Cassazione: le controversie sulla legittimità di una sanzione disciplinare sono considerate di “valore indeterminabile”. Questo perché la sanzione non ha solo un impatto economico immediato, ma incide sullo status e sulla reputazione professionale del lavoratore, implicando un giudizio negativo su diligenza e correttezza. Di conseguenza, per la liquidazione delle spese si applicano scaglioni più alti di quelli legati al mero valore economico della sanzione stessa.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre una lezione fondamentale: nell’applicare una sanzione disciplinare, il datore di lavoro deve valutare attentamente il contesto e le finalità della condotta del dipendente. Un’azione che a prima vista sembra una violazione delle regole aziendali può essere giustificata se è funzionale all’adempimento di un altro dovere o al perseguimento di un fine legittimo. La decisione conferma che il potere disciplinare deve essere esercitato con proporzionalità e ragionevolezza, tenendo conto di tutti gli elementi del caso concreto e non limitandosi a una meccanica applicazione del regolamento.

È legittima una sanzione disciplinare se il comportamento del dipendente, pur violando una regola, era finalizzato a uno scopo lecito e previsto dai suoi compiti?
No, secondo la sentenza analizzata, la sanzione è illegittima. La Corte ha stabilito che la condotta della lavoratrice, pur consistendo nel dare cibo ai gatti fuori dall’area consentita, era giustificata (scriminata) perché finalizzata a un obiettivo superiore e doveroso, ovvero la cattura di un animale per la sterilizzazione, come previsto dal suo ruolo di gestore della colonia felina.

Come viene determinato il valore di una causa che contesta una sanzione disciplinare ai fini del calcolo delle spese legali?
La causa viene considerata di “valore indeterminabile”. Questo significa che il suo valore non si limita all’impatto economico diretto della sanzione (es. la retribuzione persa per giorni di sospensione), ma include l’incidenza sulla reputazione e sullo status professionale del lavoratore. Pertanto, le spese legali vengono liquidate sulla base di scaglioni più elevati, come previsto per le cause il cui valore non è facilmente quantificabile.

La testimonianza di un collega, a sua volta sanzionato per fatti simili, è considerata attendibile?
Sì, può essere considerata attendibile, specialmente se le sue dichiarazioni trovano riscontro in altre prove. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto credibile la testimonianza del collega perché era confermata da prove documentali decisive (il certificato di sterilizzazione della ASL), che provavano la veridicità dei fatti raccontati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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