Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17064 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17064 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
Oggetto
Sanzioni disciplinari pubblico impiego
R.G.N. 4007/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 20/05/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 4007-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
MIUR – MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITÀ E RICERCA, I.T.C.G. “NOME COGNOME“;
– intimati – avverso la sentenza n. 637/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 29/07/2021 R.G.N. 633/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’appello di Bologna con sentenza n. 637 del 29 luglio 2021 confermava la decisione del Tribunale di Modena, così rigettando l’appello proposto dal docente NOME COGNOME nei confronti del MIUR;
la Corte d’appello espone che il COGNOME aveva adito il Tribunale per ottenere l’annullamento della sanzione disciplinare della censura inflittagli (per aver rivolto l’epiteto di cretino ad un alunno) dal dirigente scolastico dell’ITCG Baggi di Sassuolo (Modena) presso il quale egli prestava servizio come docente a tempo determinato;
la Corte d’appello, ritenuto provato – in quanto confermato dalla deposizione dell’alunno il fatto contestato, peraltro ammesso dall’incolpato, riteneva ultroneo il richiamo alla legge n. 241/1990 inapplicabile in materia e adeguatamente motivato, seppur per relationem , l’atto impugnato;
richiamava l’art. 493 co. 1 del d.lgs. n. 497/1994 che correlava la censura a ‘mancanze non gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione docente’ e ne affermava la proporzionalità rispetto all’infrazione , ritenendo estranee al giudizio doglianze ulteriori legate alla presunta ingiuriosità della sanzione in ragione delle modalità attraverso le quali era stata comunicata all’incolpato ; e peraltro l’utilizzo della pos ta raccomandata era prevista dall’art. 55 bis co. 5 del d.lgs. n. 165/2001;
irrilevante era, poi, l’avvenuta archiviazione della denuncia querela nella diversa sede disciplinare e la ‘censurata riunione del consiglio di classe’ i cui sviluppi non interferivano co n il procedimento disciplinare;
per la cassazione della sentenza di appello ricorre il COGNOME prospettando un unico motivo di ricorso assistito da memoria; il Miur resta intimato.
CONSIDERATO CHE:
quantunque il Ministero sia stato invalidamente evocato nel giudizio di cassazione, in quanto il ricorso è stato notificato a Bologna presso l’Avvocatura distrettuale e non all’Avvocatura Generale in Roma, non vi è luogo a disporre la rinnovazione;
vale infatti il principio per cui «la Corte di cassazione, ove sussistano cause che impongono di disattendere il ricorso, è esentata, in applicazione del principio della “ragione più liquida”, dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio o quelle che riguardano l’esercizio di attività defensionali delle parti poiché, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo» (Cass. 18 aprile 2019, n. 10839; v. anche Cass. 11 marzo 2020, n. 6924).
2. nell’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’ art. 360, n. 5, cod. proc. civ.; assume il ricorrente che la Corte d’appello «non ha considerato che il giudice di prime cure ha confermato la sanzione della censura sulla base dell’erronea convinzione che il docente avesse proferito due differenti insulti, di cui uno ad un solo alunno (parola ‘cretino’ ammessa) ma l’altro (mai avvenuto) all’intera compagine degli studenti ‘ maiali ‘ o ‘ animali ‘: il giudice ha confuso i termini;
la C orte d’appello, nel parlare solo della parola ‘cretino’ rileva che la sanzione era proporzionata, come già valutato dal primo giudice, il quale però aveva considerato più epiteti e non uno solo;
qualora la C orte d’appello si fosse avveduta che il giudice di prime cure aveva comminato la sanzione della censura considerando l’esistenza
di due distinti insulti (e non uno solo) avrebbe certamente diminuito, a sua volta, la sanzione in ragione del fatto che la stessa Corte felsinea aveva rilevato, in altro passaggio della sentenza, che esisteva la sanzione più tenue dell’avvertimento scritto;
2.1 il motivo è inammissibile perché non si confronta col decisum che è soltanto la sentenza di secondo grado e non anche quella del Tribunale;
la sentenza di appello, sia essa confermativa o di riforma, si sostituisce integralmente a quella di primo grado (cfr. fra le più recenti Cass. n. 352/2017 e Cass. n. 1323/2018, Cass. n. 30326/2021), sicché nel giudizio di cassazione, nel quale rileva solo la correttezza o meno della soluzione adottata dal giudice d’appello, il ricorrente non ha alcun interesse a operare il raffronto tra quest’ultima e la decisione del Tribunale, perché ciò che conta è accertare se siano conformi a diritto le conclusioni alle quali il giudice dell’impugnazione è pervenuto rispetto alla questione controversa (Cass. 27.10.2021, n. 30326; Cass. 10.10.2022, n. 30817)
nella specie, nella sentenza d’appello, che è l’unica oggetto di impugnazione in sede di legittimità, si circoscrive l’addebito alla sola espressione ‘cretino’ adoperata all’indirizzo di un alunno; se ne assume il pieno riscontro istruttorio e la sussumibi lità nell’ambito della sanzione della censura prevista dal codice disciplinare per la ‘violazione dei doveri inerenti alla funzione docente’ e, infine, la congruità e proporzionalità rispetto all’addebito («a nulla rilevando che il 3° co. dell’art. 492 d.l gs. n. 497/1994 sia a prevederne una ancora più lieve», v. p. 3 sentenza);
orbene, la motivazione della sentenza, opportunamente concisa, è congrua e adeguata , sicché la censura, sotto l’apparente
formulazione di un vizio di legittimità della pronuncia ex art. 360 n. 5 c.p.c., mira in realtà a conseguire inammissibilmente un riesame del vaglio di proporzionalità formulato dal giudizio del merito non più sindacabile in questa sede (Cass. 17 ottobre 2018, n. 26010; Cass. 22 giugno 2023, n. 17912);
in conclusione, il ricorso è inammissibile; nulla per le spese di legittimità, essendo l’amministrazione rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese di legittimità.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio della Corte Suprema di