Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4119 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4119 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17311-2023 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 97/2023 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 02/03/2023 R.G.N. 314/2021;
Oggetto
SANZIONI DISCIPLINARI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 17311/2023
COGNOME
Rep.
Ud.20/11/2024
CC
–
–
–
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
che, con sentenza del 2 marzo 2023, la Corte d’Appello di Ancona confermava la decisione resa da Tribunale di Ascoli Piceno e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di San Benedetto del Tronto, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della sanzione della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per giorni 60 irrogata all’istante per assenza ingiustificata dal servizio e abbandono dello stesso avendo egli dato disposizioni affinché venisse falsamente attestata la sua presenza in servizio pur trovandosi egli presso il Tribunale di Ascoli Piceno per presenziare ad una udienza nell’ambito di un procedimento intentato nei confronti del Comune;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la legittimità formale e sostanziale del provvedimento, sotto il primo profilo, per insussistenza dell’obbligo di astensione del presidente dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari, l’infondatezza dell’eccezione di tardività della contestazione e l’inconfigurabilità della lesione del diritto di difesa per il carattere anonimo della segnalazione cui è seguita la contestazione e sotto il secondo profilo per la rilevanza disciplinare della condotta, imputabile anche ad un dirigente, pienamente sussumibile nella sfera di efficacia dell’art. 55 -quater d.lgs. n. 165/2001, trattandosi di condotta fraudolenta non giustificabile in base alla prassi invocata e di gravità tale da fondare la ritenuta proporzionalità della sanzione irrogata, tanto più in quanto conservativa;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso il Comune di San Benedetto del Tronto;
–
–
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 55 d.lgs. n. 165/2001 e 2106 c.c., imputa alla Corte territoriale di aver mancato di considerare come la sanzione conservativa irrogata al ricorrente ai sensi dell’art. 7, comma VIII, del CCNL per l’Area della dirigenza del Comparto Enti Locali del 22.2.2010, si attagli ad una fattispecie, quella dell’assenza ingiustificata dal servizio ed abbandono dello stesso, non coincidente con quella della falsa attestazione della presenza in servizio mediante modalità fraudolente oggetto della contestazione del Comune e della stessa pronunzia della Corte territoriale, che erroneamente ha negato la diversità ontologica dei due distinti illeciti rilevabile dalla stessa formulazione del codice disciplinare di cui al CCNL, da considerarsi lesiva del diritto di difesa del ricorrente, riconducendo la scelta sanzionatoria del Comune alla considerazione di circostanze attenuanti idonee a, per così dire, derubricare l’illecito;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma VIII, lett. e) CCNL 22.2.2010, il ricorrente, nel ribadire la necessaria riferibilità dell’accertamento giudiziale alla fattispecie cui corrisponde la sanzione irrogata, lamenta la non ravvisabilità rispetto a questa delle caratteristiche oggettive e soggettive dell’illecito, essendo l’assenza limitata a sole tre ore nel corso della mattinata, posta in essere da soggetto non tenuto all’osservanza di uno specifico orario di lavoro e motivata dalla partecipazione ad una udienza relativa ad una causa dal medesimo intentata nei confronti dello stesso Comune datore di lavoro, nell’esercizio, quindi, di un diritto costituzionale rispetto al quale la reazione disciplinare del Comune assumerebbe carattere vessatorio e ritorsivo;
–
–
–
che nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 55-quater d.lgs. n. 165/2001 è prospettata, in via subordinata, stante il ribadito equivoco sulla tipologia di illecito fatta oggetto dell’accertamento della Corte territoriale, con riferime nto all’inconfigurabilità nella fattispecie delle caratteristiche oggettive e soggettive dell’illecito dato dalla falsa attestazione della presenza in servizio mediante modalità fraudolente, non ricorrendo né l’intento frodatorio, presenziando il ricorrent e ad un evento che vedeva la partecipazione dello stesso soggetto datore, né la stessa assenza dal lavoro non potendo ritenersi obbligatoria la presenza del ricorrente in quanto dirigente; che, con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 55 d.lgs. n. 165/2001 e 2106 c.c., il ricorrente, sempre in via subordinata relativamente all’ipotesi che fosse ritenuta applicabile la sanzione irrogata riferita alla diversa fattispecie dell’assenza ingiustificata, lamenta la violazione del principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta tenuta dal lavoratore, essendo prevista la graduazione della sanzione, data dalla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione da un minimo di tre giorni ad un massimo di sei mesi, in relazione alla durata dell’assenza, nella specie limitata a tre ore;
che appare opportuno in via preliminare rilevare come la complessiva impostazione dell’impugnazione proposta dal ricorrente – per quanto intesa a sfruttare la discrasia che connota la fattispecie in cui alla contestazione di un addebito, la falsa attestazione della presenza in servizio mediante modalità fraudolente, cui la legge stessa riconnette l’applicazione della sanzione del licenziamento, corrisponde l’irrogazione di una sanzione conservativa prevista in sede collettiva per la diversa fattispecie dell ‘assenza ingiustificata dal servizio e dell’abbandono del medesimo risulta incongrua e inidonea al
–
–
–
fine perseguito, dovendosi tener conto che, mentre la contestazione e così le giustificazioni rese dal dirigente riguardavano la fattispecie della falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente (sicché al riguardo il ricorrente non può dolersi di una inesistente lesione del diritto di difesa), la reazione disciplinare del soggetto datore è rimessa alla discrezionalità di questi, che ben può, nella valutazione complessiva della vicenda, valorizzare circostanze attenuanti e scegliere l’applicazione di una misura conservativa piuttosto che espulsiva, senza che questo determini una interversione della situazione fattuale e così una violazione del principio di immutabilità della contestazione;
che, ciò posto, è a dirsi come tutti gli esposti motivi si rivelino inammissibili, non misurandosi le censure sollevate dal ricorrente con la ratio decidendi della pronunzia della Corte territoriale ed anzi programmaticamente prescindendo dalla critica del percorso motivazionale dalla Corte seguito, che puntualmente confuta le ragioni oggettive e soggettive invocate dal ricorrente, con il secondo e terzo motivo, a giustificazione della condotta tenuta, dando conto ampiamente della proporzionalità (anche sottostimata) della sanzione irrogata rispetto alla condotta effettivamente addebitata e non a quella coerente con la sanzione irrogata tenuta presente dal ricorrente nel contestare, con il quarto motivo, quel giudizio, censure che, a ben vedere, finiscono per risolversi nella richiesta di riesame del giudizio in questa sede appunto inammissibile;
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione