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Sanzione disciplinare conservativa: legittima la derubrica?

Un dirigente di un ente pubblico è stato sanzionato con una sospensione di 60 giorni per aver falsamente attestato la propria presenza in servizio mentre partecipava a un’udienza contro lo stesso ente. Sebbene la contestazione iniziale riguardasse un illecito da licenziamento (falsa attestazione fraudolenta), il datore di lavoro ha applicato una sanzione disciplinare conservativa prevista per un’infrazione diversa (assenza ingiustificata). La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del dirigente, stabilendo che il datore di lavoro ha la facoltà di ‘derubricare’ la condotta e applicare una sanzione più mite, senza che ciò violi il diritto di difesa del lavoratore.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Sanzione Disciplinare Conservativa: Quando l’Addebito è Grave ma la Pena è Mite

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro pubblico: la discrezionalità del datore di lavoro nell’applicare una sanzione disciplinare conservativa a fronte di una contestazione per un illecito molto più grave, che avrebbe potuto giustificare persino il licenziamento. La Corte ha chiarito che questa ‘derubricazione’ è legittima e non lede il diritto di difesa del lavoratore.

Il caso: dalla falsa attestazione alla sospensione

I fatti riguardano un dirigente di un Comune che aveva ricevuto una sanzione di sospensione dal servizio e dalla retribuzione per 60 giorni. La contestazione originaria era estremamente seria: falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente. Nello specifico, il dirigente aveva fatto risultare la sua presenza in ufficio mentre si trovava in Tribunale per presenziare a un’udienza relativa a una causa da lui stesso intentata contro il Comune, suo datore di lavoro.

L’illecito di falsa attestazione fraudolenta, disciplinato dall’art. 55-quater del D.Lgs. 165/2001, è punito con il licenziamento. Tuttavia, l’ente locale, pur contestando tale grave infrazione, ha deciso di irrogare una sanzione più lieve, la sospensione, prevista dal Contratto Collettivo per la diversa fattispecie di ‘assenza ingiustificata dal servizio’.

Il ricorso del dipendente

Il dirigente ha impugnato la sanzione, sostenendo che la discrasia tra l’addebito contestato (falsa attestazione) e la sanzione applicata (tipica dell’assenza ingiustificata) costituisse una violazione del suo diritto di difesa. In pratica, a suo dire, l’ente non poteva contestargli un fatto da licenziamento per poi punirlo per un fatto diverso e meno grave, senza una nuova e specifica contestazione.

La decisione della Corte sulla sanzione disciplinare conservativa

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il ragionamento dei giudici supremi si basa su un principio fondamentale: la discrezionalità del datore di lavoro nella valutazione della sanzione da applicare.

La Corte ha stabilito che, se la contestazione riguarda un fatto grave (la falsa attestazione), il datore di lavoro è pienamente legittimato, nel corso del procedimento, a valutare la situazione nel suo complesso, tenendo conto di eventuali circostanze attenuanti e della condotta complessiva del lavoratore. Sulla base di questa valutazione, può decidere di applicare una sanzione disciplinare conservativa meno afflittiva rispetto a quella espulsiva prevista dalla legge.

La legittimità della derubricazione

Secondo la Cassazione, questa scelta non determina una violazione del principio di immutabilità della contestazione né una lesione del diritto di difesa. Il lavoratore, infatti, ha avuto modo di difendersi pienamente rispetto all’addebito originario, che era il più grave possibile. Il fatto che l’esito del procedimento sia stato più favorevole di quanto avrebbe potuto essere non può certo configurare un danno per il dipendente.

In sostanza, il datore di lavoro può ‘derubricare’ la condotta, ritenendola, alla luce delle giustificazioni e del contesto, meritevole di una sanzione più mite, senza dover avviare un nuovo procedimento. L’applicazione di una misura conservativa in luogo di quella espulsiva è una scelta discrezionale che rientra nel potere del datore di lavoro di calibrare la sanzione in base alla reale gravità del fatto commesso.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto le censure del ricorrente inammissibili perché non si confrontavano con la ratio decidendi della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva già ampiamente motivato sulla legittimità formale e sostanziale del provvedimento, sulla proporzionalità della sanzione e sull’infondatezza delle eccezioni del lavoratore. La Cassazione ha sottolineato come il datore di lavoro, di fronte alla fattispecie della falsa attestazione fraudolenta, ben possa valorizzare circostanze attenuanti e optare per una misura conservativa piuttosto che espulsiva. Questa scelta non modifica la situazione fattuale contestata e, quindi, non viola il principio di immutabilità. Il ricorso del dipendente, secondo la Corte, si risolveva in una richiesta di riesame del merito della vicenda, inammissibile in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio in materia di diritto disciplinare nel pubblico impiego. Il datore di lavoro, pur di fronte a un’infrazione che per legge comporterebbe il licenziamento, mantiene un margine di discrezionalità nel sanzionare il dipendente. Se ritiene, per qualsiasi motivo, che una sanzione disciplinare conservativa sia più proporzionata ed equa, può applicarla senza che ciò venga considerato un vizio procedurale. La decisione offre una maggiore flessibilità nella gestione dei rapporti di lavoro, consentendo di calibrare la risposta disciplinare alla specificità del singolo caso, a tutto vantaggio di un’applicazione più equilibrata del potere sanzionatorio.

Un datore di lavoro può applicare una sanzione più lieve rispetto a quella prevista per l’infrazione contestata inizialmente?
Sì. Secondo la Corte, il datore di lavoro ha la discrezionalità di valutare la vicenda nel suo complesso e, tenendo conto di eventuali circostanze attenuanti, può scegliere di applicare una sanzione conservativa (come la sospensione) anche se l’addebito iniziale riguardava un fatto punibile con il licenziamento.

Applicare una sanzione diversa e meno grave rispetto all’addebito contestato viola il diritto di difesa del lavoratore?
No. La Corte ha stabilito che non vi è alcuna lesione del diritto di difesa. Il lavoratore si è difeso dall’accusa più grave possibile; il fatto che l’esito del procedimento sia stato più favorevole non costituisce un pregiudizio, ma al contrario un vantaggio.

Quale condotta ha portato al procedimento disciplinare in questo caso?
Il dirigente aveva dato disposizioni affinché venisse falsamente attestata la sua presenza in servizio, mentre in realtà si trovava presso un tribunale per partecipare a un’udienza relativa a una causa che lui stesso aveva intentato contro il proprio datore di lavoro, il Comune.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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