Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 35137 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 35137 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17540-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1075/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/11/2018 R.G.N. 683/2017;
Oggetto
R.G.N. 17540/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
INPS impugna la sentenza n.1075/2018 della Corte d’appello di Palermo che ha respinto il gravame dell’Istituto avverso la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva dichiarato il diritto di Ragusa Salvatore ad accedere al pensionamento a decorrere dal 1 giugno 2016 per effetto della cd seconda salvaguardia di cui alla legge n. 135/2012 e condannato INPS a corrispondere la pensione con detta decorrenza anziché da quella -1 gennaio 2018 -riconosciuta in via amministrativa.
Resiste COGNOME NOME con controricorso, illustrato da memoria.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 15 novembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
INPS propone un unico motivo di ricorso, per violazione e falsa applicazione dell’art. 22 della legge n. 135/2012 di conversione del d.l. n. 95/2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ..
In fatto è pacifico che il Ragusa era stato licenziato con decorrenza 30 gennaio 2014 ed era stato posto in mobilità ex legge n. 223/1991, a seguito di accordi ministeriali del 21.12.2011, dal 22 aprile 2014 al 22 aprile 2018; durante il
periodo di mobilità aveva maturato i requisiti per il pensionamento in conformità ai criteri vigenti fino al 31.12.2011 (in base ai quali avrebbe potuto accedere al trattamento di quiescenza dal 1 giugno 2016) ma anche quelli per accedere al pensionamento ai sensi della legge n. 214/2011, in data 31 dicembre 2017.
Ad avviso dell’Istituto previdenziale, il Ragusa non può avvalersi della clausola di salvaguardia di cui all’art. 22 cit. perché, nel periodo di godimento dell’indennità di mobilità, ha perfezionato i requisiti previsti dalla riforma pensionistica del 2011, con la conseguenza che non si verifica nei suoi confronti quella esigenza di tutela del mantenimento del reddito sottesa all’azione legislativa: ha, perciò, errato la Corte territoriale nel dare risposta affermativa, affermando che l’art. 22, nel prevedere che della deroga beneficino i lavoratori “collocati in mobilità i quali in ogni caso maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità”, non consentirebbe di distinguere tra chi, nel periodo di mobilità, matura sia tali requisiti che quelli previsti dalla nuova normativa e chi, invece, matura solo i requisiti di cui alla normativa previgente.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, evincendosi pianamente dall’esposizione del motivo di censura quali sono le statuizioni in diritto della sentenza impugnata ritenute non conformi a legge.
Ciò posto, il ricorso è fondato.
Il profilo oggetto di censura è già stato affrontato da questa Corte in un precedente -Cass. n. 31334/2022 -alle cui motivazioni si fa rinvio, condividendole appieno.
L’art. 22 del d.l. n. 95/2012, rubricato «Salvaguardia dei lavoratori dall’incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico», stabilisce che «1. Ferme restando le disposizioni di salvaguardia stabilite dai commi 14 e 15 dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e dai commi 2-ter e 2-quater dell’articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, nonché le disposizioni, i presupposti e le condizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 1° giugno 2012, che ha determinato in sessantacinquemila il numero dei soggetti interessati dalla concessione del beneficio di cui alle predette disposizioni, le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011 continuano ad applicarsi, nel limite di ((ulteriori 19.741 soggetti)) , ancorché maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011:
a) ai lavoratori per i quali le imprese abbiano stipulato in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 accordi finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali ancorché siano percettori, entro i quindici giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente disposizione, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e il cui rapporto di lavoro cessi entro il 30 dicembre 2016 per il collocamento in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, ovvero siano cessati dall’attività
lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, i cui nominativi siano stati comunicati entro il 31 dicembre 2014 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 8 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2013, i quali in ogni caso maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 ovvero, ove prevista, della mobilità lunga ai sensi dell’articolo 7, commi 6 e 7, della predetta legge n. 223 del 1991. Ai lavoratori di cui alla presente lettera continua ad applicarsi la disciplina in materia di indennità di mobilità in vigore alla data del 31 dicembre 2011, con particolare riguardo al regime della durata … ».
Come già osservato da questa Corte, detta norma «si inserisce nel novero delle c.d. misure di salvaguardia (ma trattasi propriamente di regimi derogatori) di cui già ai commi 14 e 15 dell’art. 24, d.l. n. 201/2011 (conv. con l. n. 214/2011), i quali, coevamente all’introduzione delle nuove e più severe misure di accesso al trattamento pensionistico di cui all’art. 24, commi 1 ss., d.l. cit (….), hanno previsto che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore di quest’ultimo continuassero ad applicarsi, rispettivamente, a coloro che li avessero maturati entro il 31.12.2011, alle lavoratrici (autonome e subordinate) che, ex art. 1, comma 9, l. n. 243/2004, avessero esercitato o esercitassero entro il 2015 l’opzione per la liquidazione integrale della propria pensione con il (meno favorevole) metodo contributivo e, da ultimo, e “nei limiti del numero di 50.000 lavoratori beneficiari, ancorché maturino i requisiti per l’accesso
al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011”, a tutta un’ulteriore platea di soggetti che, anteriormente all’entrata in vigore della riforma, avevano posto fine al rapporto di lavoro nella prospettiva di maturare il diritto alla pensione avvalendosi di istituti come la mobilità, l’integrazione al reddito a carico dei fondi di solidarietà, la prosecuzione volontaria della retribuzione, l’esonero, l’aspettativa speciale per l’assistenza ai figli disabili gravi o l’incentivo all’esodo (cfr. art. 24, comma 14, d.l. n. 201/2011, cit.). … L’incidenza originaria della norma …è stata successivamente rimaneggiata … L’art. 22, comma 1, lett. a), d.l. n. 95/2012, appartiene appunto al novero di codesti rimaneggiamenti» (Cass. n. 31334/2022).
Partendo, quindi, dalla premessa che, in via generale, l’art. 12 prel. cod. civ. colloca su un piano di equi-ordinazione l’interpretazione letterale e quella basata sulla ratio legis (così, propriamente, dovendo intendersi il riferimento all’intenzione del legislatore: v. già Cass. n. 937/1975) -«indicazione rilevantissima, giacché permette di affermare che, quando una norma si presta a diverse interpretazioni, tutte plausibili, dovere primario dell’interprete è di ricorrere alla mens legis per individuare l’interpretazione più corretta tra quelle che l’elasticità del testo possa consentire (così già Cass. n. 2454 del 1983), essendo riservate al legislatore le scelte di politica del diritto e dovendo il giudice solo darvi seguito mediante la corretta interpretazione dell’enunciato legislativo (cfr. in tal senso da ult. Cass. S.U. n. 38596 del 2021)» -è agevole rilevare che «la funzione delle c.d. salvaguardie concernenti la mobilità è stata (ed è) quella di proteggere i lavoratori coinvolti in procedure di mobilità che, secondo la normativa previgente al d.l. n. 201/2011, sarebbero potuti accedere al trattamento pensionistico non appena cessata la fruizione dell’indennità di
mobilità e che, viceversa, in considerazione dell’immediato innalzamento dei requisiti di accesso alla pensione previsti dal d.l. n. 201/2011, cit., si sarebbero trovati alla fine del periodo di mobilità non ancora nella possibilità di godere del trattamento pensionistico, restando così privi di occupazione, di sostegno al reddito e di pensione: ne è conferma la previsione dell’art. 22, comma 1, lett. a), d.l. n. 95/2012, secondo cui “ai lavoratori di cui alla presente lettera continua ad applicarsi la disciplina in materia di indennità di mobilità in vigore alla data del 31 dicembre 2011, con particolare riguardo al regime della durata”. E trattandosi di un beneficio consistente in una deroga contingentata rispetto all’inasprimento del regime generale dell’accesso al trattamento pensionistico, che è stato voluto dal legislatore per “garantire il rispetto degli impegni internazionali e con l’Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo” (così l’art. 24, comma 1, d.l. n. 201/2011, già cit.), diventa obbligatorio per l’interprete prescegliere, tra le due interpretazioni possibili del testo della legge, quella che massimamente assicuri la finalità (la ratio) perseguita dal legislatore medesimo: e dunque escludere dal beneficio della deroga coloro che, come l’odierno controricorrente, abbiano comunque conseguito, entro il periodo di mobilità, i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico giusta le nuove previsioni dell’art. 24, commi 1 ss., d.l. n. 201/2011» (Cass. n. 31334/2022).
Identiche argomentazioni sono state svolte in Cass. n. 24627/2023 in ordine alla (analoga) salvaguardia di cui all’art. 1, commi 231 ss., della legge n. 228/2012.
A tali arresti va data continuità, non ravvisandosi nella specie ragioni per discostarsi dalle conclusioni di recente raggiunte e non essendo state prospettate neppure in memoria argomentazioni che possano determinarne una rimeditazione. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 15 novembre 2024.
La Presidente NOME COGNOME