SENTENZA TRIBUNALE DI MONZA N. 1342 2025 – N. R.G. 00001631 2022 DEPOSITO MINUTA 14 11 2025 PUBBLICAZIONE 14 11 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
La dott.ssa NOME, in funzione di giudice del RAGIONE_SOCIALE del Tribunale di Monza, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa di I Grado iscritta al N. NUMERO_DOCUMENTO di R.G. promossa da
C.F.
) con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO
NOME e domicilio eletto in INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
(C.F.
),
con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO e domicilio eletto presso in INDIRIZZO INDIRIZZO
C.F.
P.
-convenuta-
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato telematicamente in data 7.9.2022 , l’Avv ocato esponeva di essere titolare di pensione di vecchiaia decorrente dal 13.12.2013, riconosciuta dalla con provvedimento della Giunta Esecutiva in data 1.10.2013, nonché del previsto e successivamente liquidato supplemento di pensione.
Assumeva che la relativa determinazione era frutto di ‘ errore commesso dalla che ha omesso di applicare, nell’anno 1980, per il periodo 1979/1980, nel quale la L. 576 /80 è entrata in vigore, il coefficiente della rivalutazione del reddito pensionabile, nella misura del 21,1%. Questo errore, in conseguenza del quale sono stati applicati, per gli anni successivi, dato che la ha applicato le nuove norme della L.576/80, che disciplinano la rivalutazione dei differenti elementi del rapporto previdenziale, a partire dal 1/1/1983, indici inferiori e diversi da quelli determinati dall’RAGIONE_SOCIALE, ha comportato, come qui si è già verificato
in sede di relazione tecnica di parte, la liquidazione di una pensione inferiore a quella dovuta ‘ .
Il ricorrente premetteva alla formulazione delle domande conclusive un’articolata ricostruzione della disciplina normativa riguardante il sistema previdenziale forense, soffermandosi in particolare sugli artt. 15, 16, 26 e 27 della legge 596/80, la cui lettura sistematica, costituzionalmente orientata in base al principio previdenziale dell’applicazione annuale della rivalutazione, doveva portare alla conclusione che la rivalutazione dei redditi pensionabili andava effettuata con riferimento all’indice medio dell’an n o 1980. L’indice da assumere per il periodo 1979/1980 era del 21,10%, con un coefficiente di rivalutazione del 4,3671.
Illustrava quindi specificatamente l’errore in cui sarebbe incorsa la , consistito: ‘ a. nell’avere nel 1982, deliberato in merito all’articolo 16, che si riferiva, come sopra si é detto, alla rivalutazione delle pensioni e degli elementi per determinare la medesima, ma non alla rivalutazione dei redditi pensionabili, la quale, per l’art.15, non poteva che decorrere dall’entrata in vigore della L.576/80; b. proposto al Ministro del RAGIONE_SOCIALE, in data 24/6/1982, una rivalutazione con l’indice de l 18,70%, che ha generato un coefficiente di rivalutazione del 3,6062, riferito all’anno 1981; c. applicato i predetti indici/coefficienti a partire dal 1/1/1983, anche alla rivalutazione dei redditi pensionabili; d. omesso la rivalutazione dei redditi pensionabili per gli anni 1980 (periodo 1979/1980), 1981 (periodo 1980/1981) e 1982 (1981/1982), applicando i predetti indici e coefficienti del 18,7% al successivo periodo 1982/1983, con decorrenza 1983. In questo modo, alla fine della maturazione dei requis iti dell’età anagrafica e di anzianità contributiva, previsti dalla legge, la liquidazione della pensione del ricorrente é stata inferiore a quella dovuta … La ha commesso l’errore di applicare anche ai redditi pensionabili la stessa rivalutazione delle pensioni del 18,7 con decorrenza dall’1.1.1983. I n via conclusiva, non è stata applicata ai redditi pensionabili la rivalutazione del 21,1% per il periodo 1979/1980, sono stati saltati i successivi anni 1981 e 1982, facendo ripartire la rivalutazione dal 1/1/1983 con il minore tasso del 18,7%. In questo modo, la rivalutazione dei redditi ha subito un indebito blocco per il periodo 1979/1983, interrompendo la continuità dell’applicazione della rivalutazione dei redditi, che sarebbe dovuta partire dal 1980, come prescritto dall’articolo 27, 4° comma; questo errore ha esplicato i suoi effetti sulle successive rivalutazioni, che hanno subito, conseguentemente, un ritardo di due anni nella loro applicazione. Ne è conseguita la determinazione del montante rivalutato in misura inferiore a quello dovuto e, quindi, alla fine, la liquidazione di una pensione minore di quella spettante ‘.
Il ricorrente, dopo aver elencato a supporto della tesi sostenuta numerose pronunce giurisprudenziali, sia di legittimità che di merito, formulava le seguenti conclusioni:
‘ accertare e dichiarare, previa, occorrendo, disapplicazione del D.M. 30/9/1982, statuendone, incidenter tantum, l’illegittimità, che i redditi pensionabili dell’avvocato
er la determinazione del trattamento pensionistico di vecchiaia e di anzianità, vanno rivalutati a partire dal 1980, sulla base della svalutazione del 21,10 verificatosi nel periodo 1979/1980, del 18,70 per il periodo 1980/1981, del 16,30 per il periodo 1981/1982 e del 15,00 per il periodo 1982/1983, secondo i successivi indici RAGIONE_SOCIALE fino al momento della liquidazione della pensione di vecchiaia e di anzianità;
condannare la
, a riliquidare il
trattamento pensionistico di vecchiaia e di anzianità riconosciuto all’avvocato a partire dal 1/10/2013, nella misura mensile di €. 5.151,77 fino alla data del 31/12/2022 e a pagare la differenza per ratei di pensione maturati e non pagati a partire dal 1/10/20013 al 31/12/2022 nella misura di €. 100.110,61, o, in entrambi i casi, nella misura diversa che dovesse risultare dall’istruttoria della causa, oltre g li ulteriori ratei fino al momento dell’effettivo pagamento, oltre gli interessi ‘ .
La memoria difensiva, nella quale contestava le deduzioni e pretese avversarie, assumendo, all’esito di una differente interpretazione della normativa applicabile e del richiamo di pronunce giurisprudenziali diversamente orientate, che ‘ se la prima rivalutazione della pensione deve avere luogo nel 1983, anche la prima rivalutazione degli scaglioni di reddito e del tetto contributivo, nonché dei redditi da utilizzare per la media di cui al l’art.2 , deve decorrere dall’1.1.1983 in conformità anche del D.M. del 30. 9.1982 ‘ .
Chiedeva pertanto il rigetto della domanda di rideterminazione del trattamento pensionistico, avanzata dal ricorrente, e, in via riconvenzionale, in caso di accoglimento, formulava le seguenti richieste:
‘ in via principale, accertare e dichiarare, stante la presenza di un debito contributivo prescritto, relativo agli anni fino al 2011 (NUMERO_DOCUMENTO), nonch é l’invalidità degli anni 2006 2011 per la detta prescrizione, che la liquidazione del trattamento pensionistico deve essere conteggiata solo sui redditi per i quali è stata effettivamente versata la contribuzione integrale e, quindi, dichiarare inefficaci, ai fini pensionistici, i contributi versati fino all’anno 2011 (NUMERO_DOCUMENTO) per i quali sia stata dichiarata l’intervenuta prescrizione, con conseguente ricalcolo dell’emolumento pensionistico e per l’effetto condannare il ricorrente al pagamento, in favore di , dell’indebito percepito e delle differenze contributive, per le quali non sia dichiarata l’intervenuta prescrizione, dovute in conseguenza della rivalutazione del limite di reddito per il versamento del contributo soggettivo, nella misura che sarà ritenuto dovuta all’esito dell’espletata CTU, oltre interessi dal dovuto al saldo;
in subordine, in caso di diniego dell’inefficacia degli anni per i quali non risulta pagata la contribuzione dovuta e/o nel caso sia ritenuto non operativo il disposto di cui all’art. 1 del Regolamento della del 16.12.2005 (doc. 14), accertare e dichiarare che la liquidazione del trattamento pensionistico debba considerare solo i redditi per i quali è stata versata la contribuzione non prescritta e per l’effetto quantificare la diversa somma che sarà determinata all’esito dell’eventuale espletata CTU, previo pagamento della maggiore contribuzione dovuta e non prescritta, oltre interessi dal dovuto al saldo;
in ulteriore subordine, sempre in caso di diniego dell’inefficacia degli anni per i quali non risulta pagata la contribuzione dovuta e/o ritenuta non operativo il disposto di cui all’art. 1 del Regolamento della Cassa del 16.12.2005 (doc. 14) accertare e dichiarare la contribuzione dovuta e non prescritta, in relazione alla rideterminazione della rivalutazione dei redditi, con le modalità e la decorrenza chiesta dal ricorrente e condannare il ricorrente stesso al pagamento della contribuzione non prescritta nella misura che sarà determinata all’esito dell’eventuale espletata CTU, oltre interessi dal dovuto al saldo, compensando quanto risulti dall’accertamento e dalle domande di condanna per arretrati contributivi, con le somme di cui la dovesse risultare debitrice, in virtù dell’accoglimento della domanda oggetto di causa e per l’effetto quantificare la diversa somma ‘ .
Attesa la natura documentale della controversia, previo deposito -su invito del Giudice – di note provenienti da entrambe le parti, illustrative dei rispettivi conteggi, elaborati sulla base dei criteri ermeneutici introdotti con la recente ordinanza della Corte di Cassazione in data 24.10.2024 nr. 27609, la causa veniva discussa e decisa all’udienza del 12.11.2025 con emissione e lettura del dispositivo ai sensi dell’art. 429 c.p.c..
Il ricorso è parzialmente fondato, e merita accoglimento nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
Il tema principale, investito dalla presente vertenza, è quello fatto oggetto di molteplici pronunce della giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, che ormai devono ritenersi stabilmente orientate, in senso conforme alle argomentazioni e istanze di parte ricorrente.
La questione, riproposta nei medesimi termini in questa sede, attiene all’ individuazione della corretta decorrenza della rivalutazione da applicare ai redditi pensionabili degli iscritti alla , a seguito dell’entrata in vigore della legge nr.576/1980; segnatamente, se la rivalutazione -come sostenuto da parte attrice -debba decorrere dall’anno 1980 con conseguente applicazione dell’indice di rivalutazione del 21,10 %, ovvero, come ritenuto dalla resiste nte dall’1.1.1983 e applicazione del minor coefficiente del 18,7%.
Tra le decisioni assunte al riguardo, orientante nella direzione suddetta ormai nettamente prevalente e in ogni caso adottata anche in pronunce successive, può richiamarsi ai sensi dell’art. 118 disp.att. c.p.c. la sentenza del Tribunale di Milano nr. 369/2022, a sua volta in linea con la Corte di Appello di Milano già intervenuta al riguardo (cfr. CdA Milano n.1204/2019). Si riporta testualmente la prima sentenza, che esordisce con l ‘ esposizione dell’articolata legislazione di riferimento:
‘ Il quadro normativo è il seguente:
-Art. 15 L.576/80 (‘Rivalutazione dei redditi’): ‘Le entità dei redditi da assumere per il calcolo delle medie di riferimento delle pensioni di cui agli articoli da 2 a 7, nonché per la determinazione della pensione minima di cui all’articolo 2, quarto co mma, e l’entità del reddito di cui all’articolo 4, secondo comma, sono rivalutate secondo l’andamento dell’indice RAGIONE_SOCIALE di cui all’ articolo 16. A tal fine il consiglio di amministrazione della redige ed aggiorna entro il 31 maggio di ciascun anno, sulla base dei dati pubblicati dall’RAGIONE_SOCIALE, apposita tabella dei coefficienti di rivalutazione relativi ad ogni anno, e la comunica al ministro di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ed al ministro del RAGIONE_SOCIALE e della previdenza sociale per la relativa approvazione. L’approvazione si intende data se non viene negata entro i due mesi successivi alla comunicazione’;
– Art. 16 L.576/1980 (Rivalutazione delle pensioni e dei contributi): 1. Gli importi delle pensioni erogate dalla sono aumentati, in proporzione alle variazioni dell’indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall’RAGIONE_SOCIALE, con delibera del consiglio di amministrazione della dall’RAGIONE_SOCIALE, con delibera del consiglio di amministrazione della comunicata al RAGIONE_SOCIALE ed al RAGIONE_SOCIALE e della previdenza sociale per la relativa approvazione. 2. L’approvazione si intende data se non viene negata entro i due mesi successivi alla comunicazione. 3. Gli aumenti hanno decorrenza dal 1 gennaio successivo alla data della delibera. 4. Nella stessa misura percentuale e con la stessa decorrenza sono adeguati il limite della media dei redditi nonché’ gli scaglioni di reddito di cui all’articolo 2, il limite di reddito di cui all’articolo 10, primo comma, e il contributo minimo di cui all’articolo 10, secondo comma, arrotondando i relativi importi alle 100.000 lire più vicine per i limiti e scaglioni di reddito, ed alle 10.000 lire più vicine per il contributo’;
-Art. 26 L.576/1980 (Decorrenza del nuovo regime pensionistico e norme transitorie): ‘Sono regolate dalla presente legge le pensioni di vecchiaia e di anzianità che maturano dal primo gennaio del secondo anno successivo alla sua entrata in vigore. Le pensioni di vecchiaia maturate entro la data di cui al precedente comma sono regolate dalla normativa previgente; così anche le relative pensioni di reversibilità e quelle indirette se il pensionato, o rispettivamente l’iscritto, sia defunto prima della stessa data. Sono concesse e sono reversibili secondo la normativa previgente anche le pensioni di invalidità per le quali i presupposti si siano verificati, e la domanda sia stata presentata, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge. Resta salva, nei limiti dei relativi presupposti, la facoltà di chiedere il ricalcolo secondo l’articolo 28 della presente legge. La facoltà di riscatto di cui all’ articolo 5, secondo comma, della legge 5 luglio 1965, n.798, come sostituito dall’articolo 8 della legge 22 luglio 1975, n.319, può essere esercitata, alle condizioni ivi previste, entro quattro anni dall’entrata in vigore della presente legge. La facoltà di riscatto di cui al successivo comma dello stesso articolo 5 può essere esercitata, alle condizioni ivi previste,
entro quattro anni dall’entrata in vigore della presente legge, e può riguardare tutto il periodo, fino ad un massimo di quattro anni complessivi, durante il quale l’iscritto abbia combattuto nelle Forze armate dello RAGIONE_SOCIALE italiano o nelle formazioni partigiane, dal 10 giugno 1940 al 25 aprile 1945. Le anzidette facoltà di riscatto possono essere esercitate soltanto da chi sia iscritto alla Cassa da una data anteriore all’entrata in vigore della presente legge; gli anni comunque riscattati entro i termini innanzi previsti, ovvero in precedenza, valgono al solo fine di completare l’anzianità minima necessaria per acquisire il diritto alla pensione di vecchiaia ((. . .)). Per gli iscritti che compiano i 65 anni fra la data di entrata in vigore della presente l egge e il 19 gennaio 1985 l’anzianità trentennale di cui all’ articolo 2, primo comma, è ridotta, ai soli fini della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, in misura pari al tempo intercorrente fra il compimento del sessantacinquesimo anno e l ‘anzidetta data del 19 gennaio 1985. La misura della pensione è commisurata all’anzianità effettiva. Per coloro che siano iscritti alla dal DATA_NASCITA saranno utili, ai soli fini della maturazione del diritto alla pensione di anzianità’, anche gli anni di anteriore effettivo esercizio professionale. L’entità della pensione è commisurata all’anzianità effettiva di iscrizione e contribuzione. Sino alla data di cui al primo comma del presente articolo le pensioni restano fisse nella misura in atto al momento dell’entrata in vigore della presente legge;
-Art. 27 L. 576/1980 (Decorrenza delle rivalutazioni): ‘Le pensioni maturate anteriormente alla data di cui all’ articolo 260, primo comma, sono rivalutate, ai sensi dell’articolo 16, con la stessa decorrenza e nella stessa misura di quelle determinate a norma della presente legge. La prima tabella di cui all’articolo 15, secondo comma, è redatta entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge per gli anni in cui l’RAGIONE_SOCIALE non ha calcolato l’indice di cui all’ articolo 16, si fa riferimento agli indici RAGIONE_SOCIALE di valore più vicino allo stesso. Le entità dei redditi di cui agli articoli 2, quinto comma,4, secondo comma e 10, primo e secondo comma, sono riferite all’anno di entrata in vigore della presente legge. Per la prima applicazione dell’arti colo 16, si fa riferimento all’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della presente legge’.
In sintesi tali disposizioni prevedono che: le entità dei redditi da assumere per il calcolo delle medie di riferimento delle pensioni sono rivalutate secondo l’andamento RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 16 (art. 15); l’art. 16 individua l’aumento in proporzione al le variazioni RAGIONE_SOCIALE annue dei prezzi al consumo e prevede che la variazione degli importi è disposta con delibera del CDA della inoltre, stabilisce che gli aumenti decorrono dal 1 gennaio successivo alla data della delibera; per la prima applicazio ne dell’art. 16 (e quindi delle variazioni) l’art. 27, ultimo comma, fa riferimento all’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della legge.
La soluzione del quesito di diritto, oggetto del giudizio, passa attraverso la corretta interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 27, il quale espressamente prevede che l’indice RAGIONE_SOCIALE da assumere come riferimento sia quello relativo all’anno di entrata in vigore della legge e quindi quello del 1979/1980 pari al 21,1%.
Deve dunque accogliersi l’impostazione dedotta in ricorso circa l’obbligo di rivalutazione dei redditi pensionabili a partire dal 1980 e non dal 1.1.1983 come sostenuto dalla La rivalutazione a partire dal 1983 è prevista infatti solo per le pensioni e non anche per i redditi. Tale interpretazione risponde, inoltre, a principi di equità in quanto evita un vuoto di attualizzazione che, in quanto conseguenza negativa e pregiudizievole, necessita di specifica e puntuale previsione. Ed è quanto ha fatto il legislatore con riferimento alla rivalutazione delle pensioni, laddove all’art. 26 ha previsto la decorrenza ‘dal primo gennaio del secondo anno successivo alla sua entrata in vigore’, introducendo dunque un blocco per tutte le pensioni che rimangono fi sse dal ‘momento dell’entrata in vigore della presente legge’ e ‘sino alla data di cui al primo comma del presente articolo’. Tale blocco non è invece previsto per la rivalutazione dei redditi pensionabili.
Pertanto, ha errato la a non rivalutare i redditi sin dal 1980 con in coefficienti RAGIONE_SOCIALE di quel tempo.
Tale soluzione è stata condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria di legittimità (Cass. n. 9698/210; Cass. n. 7270/2004) e di merito (Trib. Milano n.3276/2002; Trib Milano n.740/2004; CdA Milano n. 443/2005; Trib Milano 3274/2008; Trib. Milano n. 4345/2013; Trib Milano, n. 1002/2016).
L’interpretazione adottata dalla non può neppure essere giustificata dal dettato letterale del richiamato D.M. 30/9/1982. Tale Decreto, emesso su sollecitazione della ha chiarito che ‘A decorrere dal 1 gennaio 1983 gli importi delle pensioni erogate
dalla a favore di avvocati e procuratori sono aumentate in misura pari al 18,7% del loro ammontare. Con la stessa decorrenza e nella stessa misura sono adeguati i limiti di reddito di cui all’art.2, quinto comma, e dell’art.10, primo comma, nonché il contributo minimo di cui all’art. 10, secondo comma, della stessa legge’.
A parere di questo Giudice, il D.M. richiamato non è utile ai fini della risoluzione della questione di diritto oggetto del presente giudizio in quanto indica la decorrenza della rivalutazione solo per: l’entità delle pensioni erogate; limiti di reddito di cui all’art. 2, c.5, della L. 576 (‘Se la media dei redditi è superiore a lire 20 milioni, la percentuale dell’1,50 per cento di cui al primo comma è così ridotta: a) all’1,30 per cento per lo scaglio ne di reddito da lire 20 milioni a lire 30 milioni; b ) all’1,15 per cento per lo scaglione di reddito da lire 30 milioni a lire 35 milioni; c) all’1 per cento per lo scaglione di reddito da lire 35 milioni a lire 40 milioni’); limiti di reddito di cui all’art. 10 primo comma della L. 576/1980 (‘Il contribut o soggettivo obbligatorio a carico di ogni iscritto alla e di ogni iscritto agli albi professionali tenuto all’iscrizione è pari alle seguenti percentuali del reddito professionale netto prodotto nell’anno, quale risulta dalla relativa dichiarazione ai fini dell’IRPEF e dalle successive definizioni: a) reddito sino a lire 40 milioni: dieci per cento; b) reddito eccedente lire 40 milioni: tre per cento). E’ dunque evidente che il DM in questione individua la decorrenza della rivalutazione per elementi del rapporto contributivo diversi dal reddito pensionabile; diversamente opinando tale DM sarebbe contrario a norma primaria e dunque andrebbe disapplicato ‘ .
Ne consegue, alla luce dei criteri enunciati, che anche con riferimento alla fattispecie in esame, interamente sovrapponibile in punto di diritto, sussiste e va dichiarato il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione di vecchiaia con la rivalutazione dei redditi a partire dal 1980 sulla base della svalutazione del 21,10 % verificatasi nel periodo 1979/1980, del 18,70 % per il periodo 1980/1981, del 16,30 % per il periodo 1981/1982 e del 15% per il periodo 1982/1983, secondo gli incidi RAGIONE_SOCIALE fino al momento della liquidazione della pensione di vecchiata.
Ciò comporta la condanna della convenuta al pagamento delle differenze pensionistiche tra quanto percepito e quanto dovuto.
Così affrontato e deciso il tema principale, deve ora passarsi alla disamina dell’ulteriore questione, oggetto della domanda riconvenzionale di parte resistente, ancorata all’assunto della differente contribuzione a carico del ricorrente, per effetto della riliquidazione del trattamento pensionistico sulla base dei parametri di cui sopra.
Anche questo profilo è stato interessato da pronunce giurisprudenziali, che hanno determinato , sino all’intervento della Corte di Cassazione con l’ ordinanza del 24.10.2024 nr. 27609, un indirizzo omogeneo, il quale muove dal presupposto per cui la quantificazione delle pensioni di vecchiaia viene ancorata esclusivamente ai redditi prodotti dagli iscritti. L’implicazione di rilievo è che, essendo stati i contributi corrisposti sui redditi dichiarati, la rivalutazione di questi redditi secondo un indice diverso da quello applicato da non può generare alcuna omissione contributiva. Il principio generale, che si desume, e che parte ricorrente invoca in proprio favore ai fini dell’applicazione al caso in esame, è dunque
quello per cui l’effetto prodotto dalla riliquidazione del trattamento pensionistico non si ripercuote sull’adempimento degli obblighi contributivi a carico del professionista, al quale, pur in presenza di eventuali differenze e discrasie, non può imputarsi alcuna omessa contribuzione, ‘ ascrivibile ad un errore proprio della nell’individuazione dei tassi di rivalutazione, senza pertanto alcuna responsabilità in capo ai professionisti ‘ (cfr. Trib. Milano nr.369/22 cit.). Analogamente, andrebbe escluso l’ipotetico effetto per cui non si dovrebbero calcolare, ai fini dell’anzianità di iscrizione e del correlato calcolo della pensione, gli anni in relazione ai quali non è stata versata integralmente la contribuzione, operando il principio in base al quale ‘ anche gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formare l’anzianità contributiva e vanno inseriti nel calcolo della pensione, prendendo come base il reddito sul quale è stato effettivamente pagato il contributo, in quanto nessuna norma prevede che venga annullata l’annualità in cui il versamento sia stato inferiore al dovuto ‘ (Cass. 5672/12).
Non può tuttavia sottacersi il recente intervento della Corte di Cassazione con l ‘ ordinanza nr.27609/2024 cit., avuta presente e posta a base dei conteggi elaborati dalla parti su sollecitazione del Giudice, la quale ha accolto, in fattispecie analoga, il motivo del ricorso con cui la aveva censurato la decisione della Corte di Appello di Milano per ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 10 legge n.576/80, per avere la Corte riliquidato il trattamento pensionistico nonostante non fossero stati versati i maggiori contributi dovuti a seguito di rivalutazione decorrente dal 1980 ‘.
Segnatamente, la Corte Suprema ha argomentato come segue: ‘ va premesso che, ai sensi del combinato disposto degli artt.16, co.3 e 27, ult. co. l. n.576/80, la rivalutazione dei redditi percepiti a far data dal 1980 operava non solo ai fini del calcolo del trattamento pensionistico, ma anche ai fini dell’aumento de l reddito su cui applicare la percentuale del contributo soggettivo (art.10 l. n.576/80). Quindi, a decorrere dal 1980, in base all’art.16 si ebbe un correlato aumento della contribuzione dovuta (tramite la rivalutazione dei redditi su cui applicare l’aliquota contributiva). È pacifico che tale maggiorazione contributiva non fu applicata dalla e che, dunque, per tutti gli anni di anzianità successivi al 1980 e fino al pensionamento, si ebbe una contribuzione solo parziale. Ciò nonostante, la Corte d’appello ha riliquidato la pensione parametrandola a una ipotetica contribuzione piena, come se non vi fosse stata omissione contributiva. In tal modo, la Corte ha violato il principio più volte affermato da questa Corte (Cass.5672/12, Cass.7621/15, Cass.15643/18) secondo cui la parziale contribuzione, se non vale ad azzerare l’anzianità, incide comunque sul calcolo dell’ammontare della pensione, la quale va commisurata alla sola contribuzione effettivamente versata, escludendosi ogni automatismo delle prestazioni in assenza di contribuzione, poiché il principio di automatismo della prestazione vige per il RAGIONE_SOCIALE dipendente ma è inapplicabile alla previdenza dei liberi professionisti ‘.
Questo Giudice ritiene di doversi attenere al principio così espresso, che, per quanto di recente formulazione, ha già indotto decisioni conformi come quella della Corte di Appello di Milano di cui alla sentenza nr.319 dell’9.4.2025.
Peraltro, sul tema è nuovamente intervenuta la Suprema Corte con la recente sentenza del 5.9.2025 nr. 24639, la quale ha affermato che ‘ è in ragione della regola di automaticità delle prestazioni che si giustifica la conclusione per cui, inadempiuto (in parte) l’obbligo contributivo, non v’è diritto ad una prestazione che non sia sorretta nel suo quantum dall’adempimento di tale obbligo, dovendo la contribuzione essere sempre “effettivamente” versata. Pare opportuno aggiungere, infine, che proprio l’assenza della regola di automaticità delle prestazioni dà ragione dell’irrilevanza della maturata prescrizione: il fatto che la abbia lasciato prescrivere il proprio credito contributivo non dà comunque diritto alla prestazione pensionistica maggiorata nel quantum, allo stesso modo per cui, non operando più l’art. 2116 c.c. una volta maturata la prescrizione contributiva entro il sistema
dell’AGO, il lavoratore non ha comunque diritto ad ottenere la prestazione dall’ , quanto piuttosto il risarcimento dei danni ‘ .
Il principio di diritto enunciato è stato quello per cui ” in tema di previdenza forense, i redditi da prendere a riferimento per il calcolo della pensione di vecchiaia, ai sensi dell’ art. 2 L.n. 576/80, sono quelli coperti da contribuzione effettivamente versata, sicché, in caso di applicazione su tali redditi di un coefficiente di rivalutazione RAGIONE_SOCIALE inferiore a quello dovuto, con corrispondente minor contribuzione versata ai sensi degli artt. 10 e 18, co.4, la pensione di vecchiaia va calcolata prendendo a riferimento i redditi rivalutati secondo il minor coefficiente applicato, anziché secondo quello maggiore dovuto “.
Rispetto all’ulteriore osservazione, vertente sul profilo dell’inadempimento incolpevole dell’obbligo di versamento della maggior contribuzione, si osserva che la relativa prova, gravante sul debitore/ricorrente, non è stata fornita, avendovi potuto lo stesso provvedere in qualunque momento a far tempo dalla normativa più favorevole, nella prospettiva dell’acquisizione e rivendicazione del diritto a una così parametrata determinazione del trattamento pensionistico.
La conseguenza, nel caso di specie, è quella di una necessaria rideterminazione delle differenze dovute al ricorrente sulla base non solo del coefficiente di rivalutazione, come riconosciuto applicabile, ma anche dell’incidenza della contribuzione non versata in misura corrispondente ai maggiori redditi via via rivalutati. A tal fine, deve tenersi conto dei redditi per i quali è stata pagata la contribuzione, destinata a ricadere nell’ambito dell’intervenuta prescrizione, e dunque sino al 2011, procedendo al ricalcolo degli emolumenti a decorrere dal 2013 sulla base dei redditi aumentati per effetto dell’accertata rivalutazione, e della contribuzione dovuta, il cui diritto alla percezione non si è estinto per effetto di prescrizione. In questa prospettiva, possono adottarsi i parametri, posti alla base dei conteggi rimessi ed effettuati dalle parti, nonché da ultimo uniformati al suddetto principio in ordine all’incidenza e comparazione tra redditi e contributi, i quali convergono nell’i ndividuazione della somma complessiva di euro 33.661,22 a titolo di emolumenti pensionistici arretrati da ottobre 2013 (decorrenza del trattamento) a dicembre 2024. La somma deve incrementarsi per il previsto supplemento quadriennale pari a euro 4.346,0 0, pervenendosi all’importo complessivo di euro 38.007,22, da cui vanno detratti i contributi dovuti nella misura di euro 7.812,00 (così determinati correttamente dalla , tenuto conto dell’ammontare della contribuzione per l’anno 2012 pari a euro 953,00 netti).
Entro questi limiti deve pertanto essere accolta la domanda riconvenzionale di parte resistente.
Residua pertanto l’importo di euro 30.195,22 dovuto al ricorrente a titolo di arretrati di pensione, previa detrazione dei contributi dovuti, come sopra individuati.
Le spese di lite possono essere integralmente compensate nei rapporti tra le parti, in considerazione delle difformità interpretative venutesi a creare a seguito del mutamento di indirizzo della più recente giurisprudenza di legittimità.
P.Q.M.
Il Tribunale di Monza, in funzione di Giudice del RAGIONE_SOCIALE, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede:
dichiara il diritto del ricorrente alla riliquidazione del trattamento pensionistico di vecchiaia con la rivalutazione nella misura del 21,10% – relativa al periodo 1979/1980 -a partire dal 1982, nonché degli ulteriori indici di rivalutazione per i periodi successivi, secondo gli indici RAGIONE_SOCIALE fino al momento della liquidazione della pensione di vecchiaia, e per l’effetto, previa detrazione di quanto dovuto dal ricorrente a titolo di contribuzione non prescritta, condanna
la a corrispondere la somma lorda di euro 30.195,22, oltre interessi legali maturati dalle singole scadenze al saldo;
compensa le spese di lite.
Sentenza provvisoriamente esecutiva di diritto.
Monza 12.11.2025
Il Giudice AVV_NOTAIO NOME COGNOME