Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24445 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 24445 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2025
SENTENZA
sul ricorso 36527-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 61/2019 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 21/06/2019 R.G.N. 125/2018; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Rivalutazione redditi da porre a base della pensione
R.G.N. 36527/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 14/05/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME uditi gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Trento ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (d’ora innanzi Cassa) la quale aveva applicato, a partire dal 1.1.1983, ai redditi per la determinazione del tetto pensionabile il coefficiente di rivalutazione del 18,7% – sebbene questi dovessero invece essere rivalutati dal 1980 sulla base dei coefficienti e degli indici del periodo 1979/1980 nella misura del 21,1 % – con rivalutazione inferiore all’indice ISTAT e conseguente liquidazione della pensione di vecchiaia in misura inferiore a quella dovuta.
1.1. La Corte di appello ha poi ritenuto che -non essendo stato presentato appello incidentale dall’avvocato NOME sulla statuizione di condanna al pagamento delle differenze contributive non prescritte -comunque l’inadempimento e l’inefficacia sarebbero connesse ad una diversa interpretazione della normativa rispetto a quella fatta propria dalla Cassa e dunque non vi sarebbe stato un vero e proprio inadempimento come definito dal Regolamento della stessa cui potrebbe conseguire l’inefficacia dell’annuali tà irregolare.
Per la Cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense con due motivi illustrati da memoria. Ha resistito con controricorso l’avvocato NOME che ha depositato anche memoria illustrativa.
2.1. A seguito di infruttuosa trattazione in adunanza camerale, la causa è stata rinviata all’odierna udienza in vista della quale le parti hanno depositato memorie illustrative. L’ ufficio della Procura Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
2.2. All’esito della camera di consiglio, il collegio si è riservato il deposito della sentenza nel termine di 90 giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 10, 15, 16, 26 e 27 della legge 20 settembre 1980 n. 576 nonché del combinato disposto degli artt. 2, 10 della stessa legge e dell’art. 2116 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c..
1.1. Con la censura si deduce che la Corte sarebbe incorsa nella violazione delle norme citate laddove ha ritenuto che la misura del coefficiente di rivalutazione da applicare all’entrata in vigore della legge n. 576 del 1980 ai redditi utili per la determinazione della pensione sia quella del 21,1% (indice 1979-1980) e non quella ritenuta dalla Cassa del 18,7% (indice del 1981). Inoltre, si ritiene che la decorrenza dell’adeguamento debba essere fissata al 1.1.1983.
1.2. Si sostiene che tali conclusioni non solo comportano importanti riflessi economici sul bilancio della Cassa mettendone a repentaglio la sua stessa tenuta ma soprattutto muovono dall’errata interpretazione delle norme richiamate atteso che l’art. 27 comma 4 della legge n. 576 del 1980 non può avere una portata generale essendo piuttosto una norma a carattere eccezionale e transitorio.
1.3. A conferma di tale natura si sottolinea che l’art. 26 della stessa legge dispone in via generale che la legge n. 576 del 1980 disciplina solo le pensioni maturate dal 1.1.1982 e dunque
la rivalutazione non può decorrere su redditi pensionabili e pensioni al 1979-1980.
1.4. Si osserva che con d.m. Giustizia 30.9.1982, emanato su richiesta della stessa Cassa in virtù della sua autonomia normativa, è stato disposto che dal 1.1.1983 gli importi delle pensioni erogate dalla Cassa siano aumentate del 18,7 % e che nella stessa misura s iano adeguati i limiti di reddito di cui all’art. 2 comma 5 e 10 comma 1 della stessa legge 576 del 1980. Si sostiene perciò che correttamente la Cassa in applicazione dell’art. 16 comma 2 ha applicato la prima rivalutazione dal 1.1.1983 con indice del 18,7% alla pensione decorrente dopo il 1982 (pari alla svalutazione intervenuta tra il 1980, indice medio alla data di entrata in vigore della legge 576, e il 1981 il cui indice medio è stato rilevato dall’Istat nel 1982).
1.5. Si s ottolinea che una corretta interpretazione dell’art. 27 della legge citata, che si applica alle pensioni maturate dopo il 1982 sulla base delle tabelle che devono essere redatte entro quattro mesi dall’entrata in vigore della citata legge 576, conferma il carattere eccezionale e transitorio del disposto dell’art. 27 ultimo comma.
1.6. Si a ggiunge che l’art. 16 commi 1 e 3 conferm erebbe ulteriormente la ricostruzione proposta laddove si prevede che il contributo soggettivo debba essere rivalutato con la medesima modalità (1980-1981) e decorrenza (1.1.1983).
1.7. Si osserva che perciò tanto si rivalutano i contributi tanto si rivalutano i redditi da porre a base delle pensioni e le relative
prestazioni. Tutto in una prospettiva di equilibrio di bilancio.
1.8. Si ricorda altresì che ai sensi dell’art. 26 penultimo comma le pensioni restano fisse nella misura in atto alla data di entrata in vigore della legge (con rivalutazioni ino e non oltre il 31.12.1979).
Con il secondo motivo di ricorso, poi, è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt.1362 e 2116 c.c., degli artt. 2, 10 e 19 della legge n.576 del 1980 e dell’art.3, co mma 9 della legge n.335 del 1995, in relazione al l’art. 1 del Regolamento della Cassa Forense del 16.12.2005, approvato con d.m. del 24.7.2006, per avere la Corte erroneamente validato ai fini pensionistici gli anni coperti da contribuzione parziale.
2.1. Si sostiene che il Regolamento era applicabile al controricorrente e, comunque, quanto da esso stabilito era già deducibile dall’art.2 della legge n.576 del 1980.
Preliminarmente vanno respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso avanzate dal controricorrente.
3.1. Quanto alla denunciata incompatibilità del Presidente della Cassa con l’esercizio della professione forense ed alla denunciata nullità della procura conferita al difensore è appena il caso di rilevare che, come risulta dalla documentazione depositata il 9.3.2020 il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Campobasso con delibera del 20.1.2020 ha escluso che sussistessero le denunciate ragioni di incompatibilità.
3.2. Con riguardo alle altre eccezioni formulate va rilevato che p er un verso, il ricorso è sufficientemente specifico nell’indicare con chiarezza le censure addotte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali essa sarebbe errata. Per altro verso, il richiamo all’art.360 -bis, n.1 c.p.c. appare inconferente posto che vari precedenti di questa Corte sul tema sono intervenuti successivamente alla proposizione del ricorso, sicché può dirsi che l’orientamento di legittimità in materia si è formato solo in seguito al ricorso.
Venendo all’esame dei motivi di ricorso ritiene il Collegio che il primo motivo di ricorso è infondato e deve essere rigettato.
4.1. In fattispecie analoghe alla presente, dove era chiesta la rivalutazione del trattamento pensionistico di vecchiaia ai sensi dell’art.2 della legge n.576 del 1980 in ragione di una diversa e maggiore rivalutazione dei redditi (artt.15 e 16, co.1), questa Corte (Cass.9698/10, Cass.16585/23, Cass.27609/24) ha affermato che la rivalutazione dei redditi, opera in conformità al disposto dell’art.27, co.4, ovvero secondo l’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della presente legge, cioè l’anno 1980, e dunque sulla base della variazione dell’indice ISTAT registrata nell’anno precedente, ovvero nel 1979.
4.2. Le citate pronunce poggiano tutte sul rilievo contenuto nella sentenza resa a sezioni unite da questa Corte (v. 7281/04) per cui, diversamente da quanto ritiene la Cassa, l’art.27, co.4 è norma non di diritto transitorio, ma che detta un criterio generale, applicabile non solo alle pensioni liquidate prima dell’entrata in vigore della l. n.576/80, bensì anche a quelle liquidate dopo. In particolare, il fatto che la legge si applichi alle pensioni di vecchiaia maturate dal primo gennaio del secondo anno successivo alla sua entrata in vigore, ovvero dal 1982 (art.26, co.1), non toglie che, ai fini del loro calcolo secondo il sistema retributivo, la media dei dieci migliori redditi computati sui quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione, opera previa rivalutazione di detti redditi a partire dall’anno di entrata della legge, e quindi dal 1980.
4.3. Si deve qui aggiungere che tale interpretazione non è smentita dalla sentenza di questa Corte a sezioni unite n.7281/04, nella parte in cui assume invece a riferimento l’indice ISTAT del 1981 relativo al 1980. Tale sentenza ha riguardato infatti la diversa tematica della rivalutazione delle pensioni, ai sensi dell’art.16, co.1, non già la rivalutazione dei redditi (art.15), su cui calcolare l’ammontare della pensione
secondo il sistema retributivo. Poiché le pensioni regolate dalla legge n.576 del 1980 sono solo quelle che maturano dal 1° gennaio 1982, le sezioni unite hanno affermato che la rivalutazione della pensione avviene sulla base dell’indice del 1981 relativo al 1980 (ovvero dell’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della legge), e quindi dell’indice precedente all’anno di prima erogazione, che tiene conto della svalutazione intervenuta nell’anno ancora precedente; in particolare in detta sentenza viene spiegato che: facendo riferimento al meccanismo di rivalutazione della pensione, se una pensione maturata nel corso di un qualsiasi anno si rivaluta già l’anno immediatamente successivo, ciò comporta necessariamente che si prenda come base di riferimento per operare la rivalutazione la delibera del consiglio di amministrazione della Cassa, emessa lo stesso anno del pensionamento, che necessariamente farà riferimento alla variazione intervenuta nel corso dell’anno precedente.
4.4. Nel caso di specie, invece, si tratta non di rivalutare le pensioni a far tempo dal primo anno successivo alla maturazione del diritto, previa delibera del consiglio di amministrazione della Cassa (commi 1 e 3 dell’art.16), ma di rivalutare i redditi, già prima della maturazione del diritto a pensione e già a partire dal 1980, anno di entrata in vigore della legge, per i redditi maturati a partire dal 1980.
4.5. Conferma della presente lettura degli artt.15, 26 e 27 legge n.576 del 19 80 si rinviene nel secondo comma dell’art.27, in base al quale la prima tabella di cui all’art.15, co.2 ovvero la tabella dei coefficienti di rivalutazione dei redditi redatta dal consiglio di amministrazione della Cassa entro il 31 maggio di ogni anno sulla base dei dati ISTAT -è redatta entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge. La prima tabella
deve essere quindi redatta entro 4 mesi decorrenti dal 12.10.80, ovvero entro il 12.2.81, e quindi essa non poteva che prendere a riferimento l’indice medio ISTAT registrato nel 1980 sulla base della svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980, non certo l’indice ISTAT del 1981, il quale, essendo un indice medio annuo riferito all’intero anno solare, va assunto a riferimento solo al termine dell’anno 1981, anziché già dal 12.2. 1981.
4.6. Non osta a quanto fin qui detto il d.m. 30.9.1982 adottato su delibera del consiglio di amministrazione della Cassa ex art.16, co.1, il quale fa decorrere la rivalutazione, sia delle pensioni che dei redditi, dal 1981. La delibera della Cassa, invero, ha valore meramente ricognitivo della variazione ISTAT registrata nell’anno precedente, e non può incidere sul criterio normativo primario posto dall’art.27, co.4, in tema di decorrenza della prima rivalutazione. Come affermato da questa Corte nelle citate pronunce nn.9698/10, e 16585/23, trattandosi di atto regolamentare, esso ben può essere disapplicato ove contrario alla norma primaria, ovvero l’art.27, co.4 legge n.576 citata.
4.7. In conclusione il primo motivo di ricorso deve essere respinto, essendosi la Corte d’appello attenuta al seguente principio di diritto: ‘ In tema di previdenza forense, l’entità dei redditi da assumere per il calcolo della media di riferimento ai fini delle pensioni di vecchiaia maturate dal 1° gennaio 1982, va rivalutata a partire dall’anno di entrata in vigore della legge n.576/80 ai sensi dell’art.27, co.4 della stessa legge, e quindi dal 1980, applicando l’indice medio annuo ISTAT dell’anno 1980, relativo alla svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980 ‘. 5. Anche il secondo motivo di ricorso – con il quale si deduce che erroneamente la Corte ha ritenuto inapplicabile l’art. 1 del citato regolamento che afferma l’inefficacia ai fini della pensione degli
anni di iscrizione alla Cassa per i quali sia stata accertata un’omissione di contributi anche solo parziale è per un verso inammissibile e per altro infondato.
5.1. È inammissibile laddove deduce la violazione del Regolamento della Cassa adottato il 16.12.2005, e approvato nel 2006. Secondo costante orientamento di questa Corte, i Regolamenti adottati dalla Cassa Forense allo scopo di disciplinare il rapporto contributivo degli iscritti e le prestazioni previdenziali e assistenziali da corrispondere non si configurano come previsioni regolamentari in senso proprio, ma come fonti negoziali, nonostante la successiva approvazione con decreto ministeriale. Il sindacato di questa Corte è dunque limitato all’ipotesi in cui venga dedotta una violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 c.c. (Cass.8592/25, Cass.27541/20).
5.2. Ora, il motivo, pur citando nella rubrica l’art.1362 c.c., non prospetta con la necessaria specificità la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 ss. c.c., assumendo nella sostanza il Regolamento come norma direttamente violata (art.360, co.1, n.3 c.p.c.).
5.3. Il motivo è poi infondato laddove deduce che, anche senza l’applicazione del Regolamento, l’azzeramento dell’annualità di anzianità assicurativa per il caso di mancato pagamento integrale della contribuzione sarebbe desumibile dall’art.2 della legge n.576 del 1980.
5.4. Contro tale esegesi dell’ art.2 della citata legge n.576 del 1980, come già ricordato, si è più volte pronunciata questa Corte (Cass.5672/12, Cass.7621/15, Cass.15643/18, Cass.30421/19, Cass.694/21), affermando che la contribuzione solo parziale non può impedire di conteggiare per intero l’annualità ai fini dell’anzia nità contributiva.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato con compensazione delle spese del giudizio in considerazione del recente consolidamento della giurisprudenza di questa Corte. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del c itato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2025