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Rivalutazione contributiva amianto: no se < 10 anni

Un ex operaio di un’azienda aeronautica si era visto riconoscere dalla Corte d’Appello il diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto. L’ente previdenziale ha impugnato la decisione e la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. La Suprema Corte ha negato il beneficio, stabilendo che il periodo di esposizione provato, inferiore a quattro anni, non raggiungeva il requisito legale minimo di dieci anni, un presupposto che il giudice deve verificare anche d’ufficio.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rivalutazione Contributiva Amianto: Il Limite dei 10 Anni è Invalicabile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di rivalutazione contributiva amianto: il diritto al beneficio scatta solo se l’esposizione del lavoratore ha avuto una durata di almeno dieci anni. Questa pronuncia chiarisce che tale requisito non è negoziabile e deve essere accertato con rigore, anche d’ufficio dal giudice, capovolgendo una precedente decisione di merito favorevole al lavoratore.

Il Caso: Dalla Vittoria in Appello alla Sconfitta in Cassazione

Il caso esaminato riguarda un ex operaio strutturalista di un’importante azienda del settore aeronautico. Il lavoratore aveva chiesto il riconoscimento della rivalutazione contributiva per essere stato esposto a fibre di amianto durante la sua attività lavorativa.

In un primo momento, la Corte d’Appello di Napoli aveva dato ragione al lavoratore, riconoscendogli il diritto al beneficio a partire dalla sua data di assunzione, avvenuta l’11 agosto 1993. La Corte territoriale aveva basato la sua decisione su varie perizie e relazioni tecniche che attestavano la presenza di amianto negli aeromobili e la cessazione del rischio solo a partire dal 31 dicembre 1996.

Tuttavia, l’ente previdenziale ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando un punto cruciale: la durata dell’esposizione. Secondo l’ente, il periodo accertato dalla stessa Corte d’Appello (dall’agosto 1993 al dicembre 1996) era palesemente inferiore al limite decennale richiesto dalla legge.

La questione della durata dell’esposizione ad amianto

Il cuore della controversia legale ruotava attorno all’articolo 13, comma 8, della Legge n. 257/1992, che subordina il beneficio della rivalutazione contributiva a un’esposizione qualificata all’amianto per un periodo non inferiore a dieci anni. La difesa del lavoratore ha tentato di sostenere che l’esposizione si fosse protratta ben oltre il 1996, citando altre cause e consulenze tecniche relative a contesti analoghi che indicavano la presenza di amianto fino agli anni 2000.

La rivalutazione contributiva amianto e il requisito decennale

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso dell’ente previdenziale. Gli Ermellini hanno sottolineato che la stessa sentenza della Corte d’Appello conteneva in sé gli elementi per negare il beneficio. Infatti, indicava un periodo di esposizione di soli tre anni e quattro mesi, un dato oggettivo e non contestato nel merito.

I giudici hanno chiarito che il requisito della durata ultradecennale è un presupposto costitutivo del diritto. La sua esistenza deve essere provata dall’assicurato, ma la sua assenza può e deve essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo. Non è possibile superare questa lacuna probatoria facendo riferimento generico ad altre sentenze o a contesti lavorativi simili, se non vengono fornite prove specifiche e pertinenti al caso singolo.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che, sebbene il lavoratore fosse stato assunto nel 1993, le operazioni di bonifica dall’amianto sugli aeromobili erano già iniziate in precedenza (non prima del 1992). Pertanto, al momento della cessazione del rischio, fissata al 31 dicembre 1996, il lavoratore non poteva aver maturato né il requisito cronologico (dieci anni) né, di conseguenza, quello qualitativo richiesto per la maggiorazione contributiva. La Corte ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo direttamente nel merito, ha rigettato la domanda originaria del lavoratore, condannandolo anche al pagamento delle spese legali dei tre gradi di giudizio.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: per ottenere la rivalutazione contributiva amianto, non basta dimostrare di essere stati esposti al rischio, ma è indispensabile provare che tale esposizione si sia protratta per almeno dieci anni. La decisione serve da monito sulla necessità di una prova robusta e specifica in questo tipo di contenziosi. L’onere della prova grava interamente sul lavoratore e la mancanza di questo requisito fondamentale, essendo un elemento essenziale del diritto, porta inevitabilmente al rigetto della domanda, senza possibilità di sanatoria.

Qual è il requisito temporale minimo per ottenere la rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto?
La legge richiede che il lavoratore dimostri di essere stato esposto a rischio amianto per un periodo minimo di dieci anni. Un periodo inferiore non dà diritto ad alcun beneficio.

Cosa succede se il lavoratore non prova un’esposizione ad amianto di almeno dieci anni?
Se il lavoratore non riesce a provare un’esposizione di durata almeno decennale, la sua domanda di rivalutazione contributiva viene respinta. Il giudice ha il dovere di verificare questo requisito anche se la controparte non lo contesta esplicitamente.

La decisione può basarsi su sentenze relative a casi simili per stabilire la durata dell’esposizione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che ogni caso deve essere valutato sulla base delle prove specifiche presentate in quel giudizio. Non è possibile estendere automaticamente le conclusioni di altre sentenze o perizie, anche se relative alla stessa azienda, per provare la durata dell’esposizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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