Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32746 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32746 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10588-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 20/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/02/2019 R.G.N. 4099/2014;
Oggetto
R.G.N. 10588/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 26/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’istituto previdenziale impugna la sentenza della Corte d’appello di Napoli che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato il diritto di NOME, già operaio strutturalista in RAGIONE_SOCIALE, alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto ai sensi dell’art. 13 comma 8 L.257/92, dalla data di assunzione dell’11/8/1993.
L’impugnata sentenza, richiamata la disciplina normativa in materia e le soglie qualitative e temporali del rischio morbigeno giustificativo del miglior trattamento previdenziale, nonché superate le questioni di decadenza, l’una ex art. 47 D.L. 269/2006 non eccepita o dedotta, l’altra ex art. 47 DPR 639/70 non applicabile per essere stata presentata domanda ad INPS, ha accertato le mansioni svolte come risultanti dal certificato di servizio e dal libretto di lavoro, la presenza di amianto nel settore navigazione aerea come emerso dalla Relazione dell’Istituto Superiore della Sanità del 15/9/2006, l’esposizione qualificata ad amianto come riscontrato in una relazione tecnica riguardante il contenzioso di altri dipendenti della RAGIONE_SOCIALE -che avevano svolto mansioni identiche a quelle dell’appellante – ed in altra relazione sui materiali presenti a bordo degli aeromobili Alitalia fino all’avvio delle bonifiche avvenuto non prima del 1992, sulle condizioni di esposizione del personale aeronautico, e sulla cessazione del rischio fissata al 31/12/1996; ha affermato quindi, in riforma della sentenza di primo grado, il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva, con applicazione del coefficiente dell’1,5, dalla data di assunzione e
fino alla presunta cessazione del rischio a seguito della rimozione del materiale contenenti amianto.
Con l’unico motivo di ricorso, l’INPS denuncia la violazione dell’art. 13 co . 8 L.257/92 in relazione all’art. 360 co .1 n.3, c.p.c., per avere la corte territoriale riconosciuto il richiesto beneficio nonostante risultasse incontestato in atti che il periodo di esposizione ad amianto sia stato inferiore ai dieci anni, in particolare dall’11/8/1993 (data di assunzione in Atitech secondo le allegazioni di parte) al 31/12/1996 (individuata in altre relazioni di CTU come data di cessazione del rischio); il re quisito della durata ultradecennale dell’esposizione, peraltro, si sarebbe potuto accertare d’ ufficio, a prescindere dalle contestazioni della parte appellata (cfr. Cass. n.9005/2003).
La parte privata si costituisce in giudizio con controricorso rammentando che nel proprio ricorso introduttivo di giudizio del 6/03/2013 aveva affermato di essere dipendente della RAGIONE_SOCIALE presso l’Aeroporto di Capodichino dall’11/08/1993 ‘ e di essere tuttora in servizio ‘, che le mansioni svolte lo avevano esposto costantemente alle fibre di amianto, che nella memoria di resistenza al gravame in appello aveva depositato numerosi precedenti giurisprudenziali da cui risultavano, in giudizi analoghi, la presenza di amianto fino agli anni 2003-2005 ed anche fino al 2013-2014, che la esposizione ultradecennale può essere riconosciuta a prescindere dal settore di appartenenza dell’impresa datrice di lavoro, e che in altre consul enze d’ ufficio era stata riconosciuta l’esposizione qualificata nel settore aeronautico, anche per altre mansioni fino agli anni 2000, data di inizio della mobilità dei lavoratori, anche se il rapporto con la società fosse cessato in epoca precedente. Nelle memorie ex art. 380-bis c.p.c. la parte si riporta alle spiegate difese.
5. La Corte si è riservata di decidere nel termine di rito.
CONSIDERATO CHE
Il motivo di ricorso è fondato. È rimasto non contestato il dato relativo all’epoca di assunzione in Atitech, alla data dell’11/08/1993 e quello della cessazione del rischio di esposizione all’amianto riportata in relazione tecnica al 31/12/1996, ‘ non essendo stato possibile individuare elementi idonei per indicare una data certa ‘, come affermato nella impugnata sentenza, trattandosi peraltro di una data ‘ già individuata in altre relazioni consultate dall’ausiliario ‘. È la stessa sentenza di appello, quindi, che indica un periodo di esposizione qualificata all’amianto di soli tre anni e quattro mesi, inferiore al limite decennale previsto espressamente dal comma 8 dell’art. 13 della L. 257/1992.
Il richiamo compiuto nel controricorso ad altre pronunce rese nei confronti di lavoratori impiegati, ancorché con diverse mansioni, presso lo stesso contesto aziendale, non è dirimente per sostenere una diversa ricostruzione temporale della esposizione qualificata all’amianto, laddove nel caso di specie non è rappresentata una circostanza di fatto rilevante circa l’eventuale prosecuzione dell’attività lavorativa in ambienti parimenti esposti al rischio morbigeno, né risulta che lo smaltimento del materiale contenente amianto sia stato effettuato nel perimetro della struttura aziendale fino al 31/12/1996; inoltre, un altro passo non contestato della sentenza è quello relativo all’accertamento svolto dal consulente tecnico di ufficio in altro giudizio secondo il quale materiale contenente amianto sia stato presente a bordo degli aeromobili Alitalia ‘ sino all’avvio delle bonifiche avvenuto non prima del 1992 ‘. È agevole, dunque, evincere che il lavoratore, assunto
nell’agosto del 1993, abbia svolto mansioni allorquando le bonifiche furono già iniziate, e che alla data di cessazione del rischio del 31/12/1996 non potesse ritenersi integrato né il requisito cronologico, né quello qualitativo della esposizione all’amia nto rilevante ai fini della maggiorazione contributiva invocata ex lege 257/1992.
Neppure assume valore dirimente la circostanza riportata nella memoria del controricorrente ex art.380 bis c.p.c. circa la durata di esposizione ‘ quantomeno fino al deposito del ricorso di primo grado (06/03/2013) ‘, intendendosi in tal modo individuata una data finale non indicata nel ricorso: la parte non ha infatti dedotto di avere svolto attività lavorativa presso altre aziende esposte al rischio amianto fino a quella data, e per contro, se svolta presso Atitech, non è stato confutata la circostanza che lo smaltimento non sia cessato al 31/12/1996, come invece è stato accertato in altri contesti peritali a cui si aggancia l’argomento difensivo. Si aggiunga, ancora, che l’esistenza del requisito contributivo deve essere provata dall’assicurato e verificata anche d’ufficio, mentre la sua negazione sfugge alle preclusioni di cui agli artt. 416-437 c.p.c. ed è perciò idonea a sollecitare il potere-dovere del giudice di rilevare d’ufficio l’eventuale carenza del suddetto requisito (Cass. 9005/2003 e 6264/2014). Nel caso in esame è dalle stesse indicazioni riportate nella impugnata sentenza che si evince l’insussistenza dei presupposti per la maggiorazione contributiva per la non maturata ultradecennalità dell’esposizione iniziata nell’agosto del 1993; né risu lta che il lavoratore abbia svolto mansioni presso Atitech in epoca antecedente, almeno fino a quando iniziò la bonifica del 1992.
I dati sopramenzionati sorreggono il motivo di ricorso dell’Istituto previdenziale sulla lamentata violazione di legge. La sentenza va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di atto, la Corte decide la causa senza rinvio. Segue, per soccombenza, la condanna del controricorrente al pagamento delle spese processuali, anche rideterminate nei precedenti gradi, come da dispositivo.
Non ricorrono i presupposti per la condanna del ricorrente istituto al pagamento del doppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda. Condanna il controricorrente al pagamento delle spese che si liquidano in Euro 1.700,00 per il primo grado, in Euro 2.100,00 per il secondo grado, ed in Euro 3.000,00 per il presente grado di legittimità, oltre Euro 200,00 per spese accessorie.
Dichiara la insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002 .
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2024.