Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2093 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2093 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25080-2021 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE CAGLIARI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 60/2021 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 17/06/2021 R.G.N. 26/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
R.G.N. 25080/2021
COGNOME
Rep.
Ud.04/12/2024
CC
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che, con sentenza del 17 giugno 2021, la Corte d’Appello di Cagliari confermava la decisione resa dal Tribunale di Cagliari e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della clausola appositiva del termine ai contratti di lavoro con cui era stato reiteratamente assunto quale ‘professore d’orchestra per il ruolo di violoncellista di fila’ non in relazione a specifici spettacoli ma per il soddisfacimento di esigenze strutturali e stabili legate alla carenza di organico ed alla materiale impossibilità di far fronte alle esigenze artistiche, legate alle varie stagioni teatrali, con il proprio organico stabile e la conseguente condanna al pagamento di somme a titolo di risarcimento del danno e differenze retributive per ricostruzione di carriera;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata la pretesa, dovendosi considerare nella specie rilevante l’inerzia dell’istante che per ben sette anni mai aveva offerto la propria prestazione lavorativa e, pertanto, intervenuta la risoluzione del rapporto per mutuo consenso tanto più che al decorso del tempo, in cui si era registrato il totale inadempimento reciproco degli obblighi contrattuali, si sommava la percezione del TFR che assume valore sintomatico in un contesto segnato dalla brevità dei contratti in questione, anche come durata complessiva (quattro rapporti di lavoro consumati nell’arco di appena sei mesi), insuscettibile di creare aspettative di prosecuzione o successive chiamate;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il Greco, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Fondazione Teatro Lirico di Cagliari;
che il ricorrente ha poi depositato memoria;
CONSIDERATO
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che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1362 c.c. in una con il vizio di omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, lamenta a carico della Corte territoriale l’incongruità logica e giuridica dell’iter valut ativo in base al quale la Corte stessa è pervenuta al convincimento dell’eccepita risoluzione del rapporto per mutuo consenso non avendo dato conto, secondo quanto richiesto in base al prevalso orientamento giurisprudenziale della ‘chiara e certa comune vo lontà delle parti di porre fine al rapporto’;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 244, 245, 253 e 437 c.p.c. in combinato disposto tra loro, imputa alla Corte territoriale l’error in procedendo dato dalla mancata ammissione della prova testimoniale volata a contraddire l’assunto tempestivamente offerta e decisiva ai fini del pronunciamento;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 6, l. n. 100/ 2010 e 1 e 10, d.lgs. n. 368/2001, il ricorrente, sul presupposto dell’accoglimento dei motivi di cui sopra, ripropone, sottoponendole al vaglio di questa Corte, le domande di cui al ricorso introduttivo;
che il primo motivo si rivela inammissibile alla stregua dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 18210/2024 e Cass. n. 22146/2023 che ribadiscono quanto per la prima volta sancito da Cass. n. 29871/2017), in virtù del quale l’a ccertamento della sussistenza di una concorde volontà delle parti diretta allo scioglimento del vincolo contrattuale costituisce apprezzamento di merito che si sottrae al sindacato di legittimità ove censurato al di fuori delle regole sui motivi che possono essere fatti valere al fine di incrinare la ricostruzione di ogni vicenda storica antecedente al contenzioso giudiziale, così
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come previsto dall’art. 360, n. 5, c.p.c., tempo per tempo vigente, orientamento che può opporsi al motivo in questione atteso che, per quanto con esso si invochi il vizio di violazione di legge, lo stesso è inteso a denunciare la valutazione di merito operata dalla Corte territoriale in ordine alla rilevanza delle circostanze su cui è fondato il convincimento, così sollecitando una rivalutazione, fermo restando che la Corte territoriale non ha valorizzato, ai fini del proprio giudizio circa la ravvisabilità di un recesso per mutuo consenso, soltanto il fattore temporale ma anche altri elementi fattuali;
che parimenti inammissibile risulta il secondo motivo di ricorso risolvendosi la censura sollevata nella mera confutazione della valutazione operata dalla Corte territoriale circa la rilevanza e decisività della prova testimoniale dal ricorrente offerta sul punto, viceversa rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice del merito;
che, assorbito il terzo motivo formulato in subordine all’accoglimento dei primi due, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.