Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23911 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23911 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7449-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 383/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/08/2018 R.G.N. 462/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 11/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
Riscatto anni di laurea –
comunicazione
R.G.N. 7449/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 11/04/2025
CC
1.La Corte d’appello di Torino ha respinto il gravame proposto da INPS avverso la sentenza di primo grado, di condanna dell’istituto a comunicare a COGNOME Carlo l’importo della riserva matematica al fine del riscatto del periodo del corso di laurea e le modalità di versamento della stessa, da calcolarsi applicando la normativa e le tabelle vigenti all’epoca dell’istanza amministrativa del 30/11/1981, con riferimento alla condizione economica e lavorativa a tale data.
Nell’atto introduttivo di giudizio, il richiedente, lavoratore subordinato dall’agosto 1981, rappresentava di aver presentato domanda di riscatto all’INPS di Roma, allorquando era ivi residente, di aver proseguito l’attività come dirigente dal luglio 1992 e di essere titolare d ‘impresa artigiana dall’ottobre 2003, nonché di aver mutato residenza, nel corso del tempo, fissandola in Lessolo (provincia di Torino) nel dicembre 1990 e di avere appreso, nell’anno 2009 , di essere rimasto privo di copertura contributiva per essere risultata, al marzo 2003, una rinuncia alla domanda di riscatto in quanto la risposta di INPS, inviata all’indirizzo di Roma, era tornata al mittente , con compiuta giacenza, alla data dell’11/11/1993. Si doleva, tuttavia, che l’INPS non avesse osservato la disciplina che lo stesso istituto si era dato, con circolare n.143 del 22/6/1993, in ordine allo svolgimento di opportune verifiche in caso di comunicazioni restituite al mittente perché respinte o per fine giacenza e nuovo invio ‘all’esatto indirizzo’.
Il tribunale, considerato che il diritto al riscatto del corso di laurea è una fattispecie a formazione progressiva che non si limita alla domanda ma richiede una comunicazione dell’INPS della riserva matematica ed il versamento dell’importo o della prima rata entro 60 giorni, ha respinto le eccezioni di INPS sulla
prescrizione, decorrente non dalla domanda ma dalla formale comunicazione dell’istituto con invito al versamento della riserva, sulla decadenza ex art. 47 d.P.R. n.639/1970 e formazione del silenzio-rigetto ex art. 7 L.n.533/1973, i cui termini non decorrono in assenza di valida risposta dell’Istituto, su ll’ interesse ad agire, perché se la domanda venisse accolta il richiedente pagherebbe una somma calcolata in misura inferiore a quella riferita all’attualità, infine, sulla rinuncia tacita, non configurabile in assenza di elementi indicativi di una volontà abdicativa.
La Corte territoriale ha respinto le medesime eccezioni riproposte in appello ed ha rilevato l’infondatezza delle argomentazioni svolte da INPS sulla corretta destinazione della comunicazione del 1993 all’indirizzo indicato nella domanda presentata dall’interessato e sull’onere , a carico di quest’ultimo , di comunicare il mutamento di residenza, stante, da un lato, l’onere di rilevazione delle comunicazioni restituite al mittente con nuovo invio all’esatto indirizzo, come previsto dalla citata circolare orga nizzativa di INPS, dall’altro , la conoscenza da parte dell’Istituto della nuova residenza stabilita dal richiedente in Lessolo risultante dai Modelli 01/M relativi agli anni 1991 e 1992 inviati all’INPS dal datore di lavoro dell’epoca.
Propone ricorso per cassazione l’INPS affidandosi ad un unico motivo, a cui la parte privata resiste con controricorso.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del l’11/4 /2025.
CONSIDERATO CHE
L’ente previdenziale deduce , ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 L.1338/62, dell’art.2 -novies d.l. n.30/1974 conv. in L. n.114/1974 e del d.m. 19/2/1981, per avere la Corte d’appello ritenuto che non fosse maturata la decadenza di 60 giorni dalla comunicazione della riserva matematica per eseguire il versamento nell’importo indicato; ritiene l’INPS che, essendo pacifico che la comun icazione sia stata inviata all’indirizzo indicato dall’assicurato, doveva presumersi che questa fosse andata a buon fine, non avendo l’ente l’obbligo giuridico di compiere ulteriori accertamenti nonostante avesse manifestato, con circolare interna, l’opportunità di compierne in ordine ai plichi non recapitati; non esisterebbe, cioè, un obbligo per INPS di controllare l’esattezza dei dati comunicatigli non dovendo farsi carico di accertare l’eventuale mutamento nell’indirizzo fornito dal richiedente, tanto più se si tratta di notizie nella disponibilità di quest’ultimo, tenuto a darne comunicazione. Il provvedimento, dunque, era stato correttamente comunicato e il richiedente era decaduto dal diritto di ottenere il riscatto a quelle condizioni; avrebbe invece dovuto presentare una nuova domanda con rideterminazione della riserva matematica.
Nel controricorso l’assicurato rileva che non risultava che la comunicazione fosse stata utilmente esitata e che, in mancanza di produzione del plico ricevuto in restituzione, non poteva dirsi perfezionata la notifica per compiuta giacenza e sortire gli effetti contemplati dall’art. 1335 c od.civ.; se era pacifico il mancato recapito della comunicazione, non altrettanto poteva dirsi per la procedura di notifica basata su una presunzione di puntuale adempimento delle formalità prescritte da parte dell’Uffi ciale Postale. Insomma, non era dimostrato il
perfezionamento della notifica per compiuta giacenza, dato che non poteva essere assunto, dall’INPS , come presupposto per l’operatività della presunzione di conoscenza. A mente della citata circolare, poi, l’ente deve compiere accertamenti sui plichi non recapitati, ma nel caso di specie l’INPS non aveva prestato osservanza ai precetti che si era dato, né era riscontrabile un obbligo del richiedente di comunicare l’intervenuta variazione del suo indirizzo a fronte della prova documentale prodotta sui modelli 01/M relativi agli anni 1991, 1992, 1993 ed alla disponibilità del nuovo indirizzo agli atti dell’ istituto. Nelle memorie depositate in prossimità di udienza il controricorrente lamenta, poi, l’inammissibile obiettivo del ricorrente di conseguire una valutazione diversa da quella che, con apprezzamento di fatto congruamente motivato ed insindacabile in sede di legittimità, era stata operata dal giudice di merito.
3. Il ricorso è infondato.
4. Il riscatto degli anni del corso di laurea ai fini previdenziali è disciplinato dall’art. 2 -novies del d.l. n.30/1974, secondo il quale il periodo di corso legale di laurea è riscattabile (ossia è valorizzabile ai fini pensionistici) con le norme e le modalità di cui all’art. 13 L. n.1338/1962; il lavoratore può cioè sostituirsi al datore versando all’istituto pre videnziale la riserva matematica calcolata in base alle tariffe determinate con decreto del Ministero del lavoro, sentito il consiglio di ammin istrazione INPS. L’istituto, come rammenta la pronuncia di questa Corte, ord. n.16828/2019, ha lo scopo di consentire la copertura assicurativa di un periodo in cui l’interessato, essendosi dedicato allo studio, non ha potuto ottenere il versamento dei contributi assicurativi che avrebbe invece
conseguito se avesse lavorato, con pregiudizio dell’anzianità assicurativa e contributiva. Ed è stato anche osservato, come già affermato in primo grado, che il termine di decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970 non si applica alla domanda amministrativa di riscatto del corso di laurea, atteso che l’art. 47 concerne le controversie in materia di trattamenti pensionistici propriamente detti, nonché quelle che, pur riguardando il rapporto contributivo, mirano a ottenere lo specifico beneficio del riconoscimento di una contribuzione figurativa in vista dell’incremento del trattamento pensionistico futuro; l’istituto del riscatto, invece, essendo finalizzato, mediante il pagamento della riserva matematica ex art. 13 della L. n. 1338 del 1962, alla copertura assicurativa di un periodo in cui l’interessato si è dedicato allo studio, attiene a un rapporto preliminare e diverso rispetto a quello previdenziale (sent. n.13630/2020).
Ciò posto va anche condiviso quanto riportato in fase di merito circa la natura del riscatto quale fattispecie a formazione progressiva, nella quale il privato non può affermare un diritto davanti all’autorità giudiziaria prima che esso sia sorto, e la pre sentazione della domanda segna la nascita dell’obbligo dell’ente che, nell’istituto in esame, consiste nella comunicazione della riserva matematica e delle modalità di versamento dell’importo.
La comunicazione rientra nella formazione progressiva della fattispecie, non è ancora il provvedimento attributivo della copertura previdenziale, ma da esso inizia a decorrere un termine affinché il lavoratore possa aderire o meno alla proposta sul quantum e quomodo di riscatto. Sul punto, è stato osservato che, pur in assenza di una specifica norma di legge,
‘ dalla funzionalità del sistema, che esige l’individuazione di un termine entro il quale l’operazione dev’essere conclusa, se ne ricava l’essenzialità del termine per il versamento della cd. riserva matematica, ex art. 1457 cod.civ. ‘ (Cass. ord. n. 41274/2021), sicché è con il mancato versamento nei termini che si avvera la decadenza e la necessità di una nuova domanda ai fini del riscatto, con conseguente ricalcolo della riserva, in relazione alla diversa situazione soggettiva del lavoratore e con applicazione di coefficienti diversi; si tratta di termini essenziali poiché disposti in favore e non in danno del debitore.
Delineato il perimetro normativo e giurisprudenziale dell’istituto, va osservato che, nel caso di specie, è rilevante la circostanza della correttezza della comunicazione, di cui è pacifica l’avvenuta notificazione con modalità di compiuta giacenza. E tuttavia, non essendo riportato il contenuto della relata di ricevimento e delle annotazioni sulla modalità di mancata consegna e di mancato ritiro presso l’ufficio di provenienza, non è possibile ipotizzare la necessità degli ulteriori adempimenti (‘riscontri del caso’ e l’invio ‘all’esatto indirizzo’) prescritti nella circolare, di cui il controricorrente avrebbe inteso avvalersi per dichiarare la nullità della notifica.
Il rilievo sulla regolarità della notifica non va comunque centrato sulla modalità e sull’annotazione delle operazioni compiute dal notificante, bensì sull ‘esattezza dell’indirizzo del destinatario, perché possa ritenersi operante, anche con le modalità della compiuta giacenza, la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c od.civ.
La comunicazione (contenente, nel caso di specie, una proposta di riscatto) si reputa dunque conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario; prima ancora della dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio per ritenere presunta la conoscenza di un atto, del quale sia contestato essere pervenuto a destinazione, va verificato se esso sia stato diretto all’indirizzo del destinatario.
6. Dalla ricostruzione compiuta nella impugnata sentenza emerge che il richiedente ha mutato indirizzo di residenza già nel dicembre 1990 (in atti v’è anche certificato storico di residenza da cui risulta la sua fissazione nel Comune di Lessolo dal 22/12/1990 proveniente dal Comune di Massa, il che presuppone un ulteriore passaggio intermedio dalla originaria residenza in Roma nel 1981) e che dai modelli 01/M di denuncia ad INPS, a cura del datore di lavoro, delle retribuzioni soggette a contribuzione per il lavoratore dichiarato, risulta che questi fosse residente, negli anni 1991, 1992, 1993, in Lessolo. Il COGNOME aveva quindi fornito la prova di essere nella condizione d ‘ impossibilità di avere notizia della comunicazione inoltrata nel precedente indirizzo di residenza in Roma. Sul punto, è stato affermato (Cass. n. 8077/2007) che ‘l e condizioni legittimanti la notificazione a norma dell’arrt.143 cod.proc.civ. non sono rappresentate dal solo dato soggettivo dell’ignoranza, da parte del richiedente o dell’ufficiale giudiziario, sulla residenza, dimora o domicilio del destinatario dell’atto, né dal possesso del solo certificato anagrafico dal quale risulti che il destinatario si è trasferito per ignota destinazione, essendo richiesto, altresì, che tale ignoranza, indipendentemente dalla colpa del destinatario della notifica per l’inosservanza dell’onere di denuncia, nei registri anagrafici del luogo di sua nuova
residenza, sia oggettivamente incolpevole, perché non superabile con diligenti indagini ‘; ed invece, nel caso di specie, il mutamento di residenza era stato formalizzato nei registri anagrafici e l’istituto notificante non ha dimostrato di aver superato, con diligenti indagini, l’incolpevole conoscenza del mutamento d ‘ indirizzo del destinatario.
L’istituto ricorrente non si è confrontato con la circostanza che la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod.civ. è ‘ superabile solo se la persona destinataria dia prova di essersi trovata senza sua colpa nell’impossibilità di prendere cognizione del plico ‘ (Cass. n. 15315 del 2014 e n. 31724 del 2019). Non è quindi sufficiente né la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio né l’inesistenza dell’obbligo di compiere ulteriori accertamenti o di controllare l’esattezza dei dati comunicati, occorrendo, a monte, la dimostrazione della diligente i ndicazione dell’indirizzo del destinatario. E nel ricorso non è affatto posta in discussione la correttezza dell’aspetto fattuale della esistenza e conoscenza dell’indirizzo di destinazione che, invece, soggiace al regime generale di cui all’art. 1335 c od.civ.
In conclusione , la comunicazione non è giunta all’indirizzo del destinatario ed i termini per avvalersi del richiesto riscatto non sono validamente decorsi dalla contestata notifica per compiuta giacenza della comunicazione INPS del novembre 1993.
Il ricorso per cassazione va pertanto respinto e, alla soccombenza, fa seguito la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo in ragione del valore indeterminato della lite.
Seguono altresì le statuizioni sul contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del grado, liquidate in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di rito.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del l’ 11 aprile