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Risarcimento pubblico impiego: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al risarcimento per un gruppo di lavoratori del pubblico impiego assunti con una serie di contratti di somministrazione illegittimi. Pur negando la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato, la Corte ha stabilito che l’abuso contrattuale genera un danno presunto, da liquidare con un’indennità onnicomprensiva basata sui principi validi per il settore privato. La sentenza chiarisce i criteri per il risarcimento nel pubblico impiego in caso di precariato illegittimo.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Risarcimento Pubblico Impiego: la Cassazione sulla Reiterazione Abusiva di Contratti

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per il mondo del lavoro: il risarcimento nel pubblico impiego in caso di utilizzo abusivo di contratti di somministrazione a termine. La decisione offre importanti chiarimenti sulla tutela dei lavoratori precari della Pubblica Amministrazione, bilanciando il divieto di conversione del contratto con il diritto a un’adeguata compensazione per l’illecito subito.

I Fatti del Caso: Contratti a Termine Reiterati

Un gruppo di lavoratori ha prestato servizio per molti anni presso un importante ente nazionale di previdenza sociale in forza di una serie di contratti di somministrazione. Ritenendo che la continua reiterazione dei contratti a termine fosse illegittima, poiché utilizzata per coprire esigenze stabili e non temporanee, i lavoratori si sono rivolti al Tribunale per chiedere il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e il conseguente risarcimento del danno.

Il Tribunale di primo grado ha accolto parzialmente le loro domande: ha dichiarato illegittimo il termine apposto ai contratti ma, in linea con la normativa sul pubblico impiego, ha escluso la conversione del rapporto. Ha tuttavia condannato l’ente a pagare un’indennità risarcitoria.

La Decisione della Corte d’Appello

L’ente pubblico ha impugnato la decisione, ma la Corte d’Appello non solo ha respinto il suo ricorso, ma ha parzialmente accolto quello dei lavoratori, aumentando l’importo dell’indennità per alcuni di essi. La Corte territoriale ha sottolineato la mancanza di specificità delle causali indicate nei contratti, che facevano generico riferimento a necessità di “bonifica ed aggiornamento degli archivi” senza dimostrare un’effettiva esigenza temporanea e contingente. Questa prassi, protratta per anni, smentiva la natura transitoria del fabbisogno di personale, configurando un abuso.

Il Ricorso in Cassazione: le obiezioni dell’ente pubblico e il risarcimento nel pubblico impiego

Insoddisfatto, l’ente previdenziale ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, articolando tre motivi di ricorso. In sintesi, l’ente sosteneva:
1. La legittimità dei contratti, affermando che le ragioni giustificative fossero state dimostrate.
2. L’errata applicazione delle norme sul risarcimento, contestando che si potesse riconoscere un danno in re ipsa (cioè presunto) e sostenendo che la mancata conversione del contratto in un rapporto a tempo indeterminato escludesse qualsiasi diritto al ristoro.
3. Una motivazione apparente sui criteri di liquidazione del danno.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’ente, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando principi fondamentali in materia.

In primo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo, poiché mirava a una rivalutazione dei fatti già accertati in appello, operazione non consentita in sede di legittimità.

Sul secondo e terzo motivo, che costituiscono il cuore della pronuncia, la Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato in tema di risarcimento nel pubblico impiego. Ha chiarito che, sebbene l’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001 vieti la conversione di un contratto a termine illegittimo in un rapporto a tempo indeterminato con una Pubblica Amministrazione, ciò non lascia il lavoratore privo di tutela.

La Corte ha affermato che l’abuso nella successione di contratti a termine configura un danno che si presume esistente (danno presunto). Per la sua quantificazione, si deve fare riferimento, in via analogica, alla disciplina prevista per il settore privato dall’art. 32 della legge n. 183/2010. Questa norma prevede un’indennità onnicomprensiva, determinata dal giudice tra un minimo e un massimo di mensilità dell’ultima retribuzione, che ha una duplice natura: sanzionatoria per il datore di lavoro e risarcitoria per il lavoratore.

Questa soluzione, secondo la Corte, agevola l’onere probatorio del lavoratore e garantisce una tutela effettiva, in linea con i principi del diritto dell’Unione Europea, senza creare una posizione di ingiustificato favore rispetto ai dipendenti privati. Inoltre, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello sulla graduazione dell’indennità, basata sulla diversa anzianità di servizio dei lavoratori, fosse né omessa né apparente, ma congrua e sufficiente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza un principio cardine: l’illegittima precarizzazione di un lavoratore nel settore pubblico, pur non portando all’assunzione a tempo indeterminato, deve essere sempre risarcita. La decisione conferma che il lavoratore pubblico ha diritto a un’indennità risarcitoria il cui danno è presunto, senza la necessità di fornire una prova specifica di ulteriori pregiudizi (salvo il diritto di dimostrare un danno maggiore). La quantificazione di tale indennità deve tener conto di criteri come la durata del rapporto precario, garantendo una compensazione equa e proporzionata all’abuso subito. Si tratta di un monito per le Pubbliche Amministrazioni a utilizzare i contratti a termine in modo corretto e conforme alle loro finalità eccezionali e temporanee.

Un lavoratore del settore pubblico, il cui contratto a termine sia stato reiterato abusivamente, ha diritto alla conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato?
No, la sentenza conferma che nel pubblico impiego vige il divieto di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, anche in caso di accertata illegittimità dei contratti a termine.

Quale tipo di tutela è prevista per un dipendente pubblico in caso di abuso di contratti a termine?
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno. Questo risarcimento viene liquidato sotto forma di un’indennità onnicomprensiva, determinata dal giudice in una misura compresa tra un minimo e un massimo di mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, applicando per analogia i criteri previsti per il settore privato.

Per ottenere il risarcimento, il lavoratore pubblico deve dimostrare di aver subito un danno specifico?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il danno derivante dall’abusiva reiterazione di contratti a termine è presunto (definito ‘danno comunitario’). Questo agevola l’onere della prova per il lavoratore, che non deve dimostrare uno specifico pregiudizio, ferma restando la possibilità di richiedere il risarcimento di danni ulteriori, se allegati e provati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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