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Risarcimento danno marchio: no al cumulo di utili e royalty

Una società di gioielli è stata condannata per contraffazione di un marchio di una nota casa di moda. La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ha corretto la decisione di appello sul punto del risarcimento danno marchio, stabilendo che la restituzione degli utili realizzati dal contraffattore e il pagamento di una somma pari alla giusta royalty sono criteri di liquidazione alternativi e non cumulabili. La Suprema Corte ha annullato la sentenza che li aveva sommati, per evitare una duplicazione del risarcimento.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Risarcimento danno marchio: no al cumulo di utili e royalty

Il tema del risarcimento danno marchio è cruciale nel diritto della proprietà intellettuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui criteri di liquidazione del danno, specificando che la restituzione degli utili del contraffattore e il criterio della ‘giusta royalty’ non possono essere sommati. Questa decisione stabilisce un principio di alternatività volto a evitare un’indebita duplicazione del risarcimento a favore del titolare del diritto leso.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha visto contrapposte una società produttrice di gioielli (la ricorrente) e una rinomata casa di moda, titolare di un celebre marchio nazionale ed europeo a forma di gancio. La casa di moda accusava la società di gioielli di aver contraffatto il proprio marchio e di aver compiuto atti di concorrenza sleale attraverso la commercializzazione di una linea di prodotti che ne riprendeva le forme distintive.

Inizialmente, il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla società di gioielli. Tuttavia, la Corte di Appello ha ribaltato la decisione, accertando la contraffazione e la concorrenza sleale. Di conseguenza, ha condannato la società di gioielli a una serie di misure, tra cui il ritiro dei prodotti dal commercio e il risarcimento dei danni.

La quantificazione del risarcimento danno marchio in Appello

Il punto nevralgico della controversia, giunto fino in Cassazione, riguardava proprio la quantificazione del danno. La Corte di Appello aveva condannato la società soccombente a un duplice risarcimento:

1. La restituzione degli utili realizzati con la vendita dei prodotti in contraffazione, quantificati in circa 14.700 euro.
2. Il pagamento di un importo pari al valore delle royalties che avrebbe dovuto versare per ottenere una licenza d’uso del marchio, liquidato in circa 2.800 euro.

Questa decisione cumulava due diversi criteri previsti dalla legge, sollevando la questione della loro corretta applicazione.

Il ricorso in Cassazione e i criteri di calcolo del danno

La società di gioielli ha presentato ricorso in Cassazione, contestando, tra i vari motivi, proprio la violazione dell’art. 125 del Codice della Proprietà Industriale (c.p.i.). Secondo la ricorrente, la Corte di Appello aveva errato nel sommare la restituzione degli utili al valore delle royalties, poiché tali criteri sono previsti dalla norma come alternativi, non cumulabili, per la liquidazione del medesimo pregiudizio, ovvero il lucro cessante.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto questo specifico motivo, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno svolto un’analisi dettagliata dell’art. 125 c.p.i., che disciplina il risarcimento danno marchio. La norma, hanno spiegato, delinea tre distinti criteri per la liquidazione del lucro cessante:

1. Criterio generale (primo comma): Il giudice liquida il danno tenendo conto di tutti gli aspetti pertinenti, come le conseguenze economiche negative (incluso il mancato guadagno) subite dal titolare del diritto, i benefici realizzati dall’autore della violazione e, se del caso, il danno morale.
2. Criterio della ‘giusta royalty’ (secondo comma): La liquidazione può essere fatta in via equitativa, stabilendo una somma globale. In questo caso, il lucro cessante non può essere inferiore all’importo delle royalties che il contraffattore avrebbe dovuto pagare per una licenza. Questo criterio funge da limite minimo o residuale.
3. Criterio della retroversione degli utili (terzo comma): Il titolare del diritto può chiedere la restituzione degli utili realizzati dall’autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui questi eccedano tale risarcimento.

La Cassazione ha sottolineato che questi criteri sono tra loro in rapporto di alternatività e non di cumulo, poiché sono tutti preordinati a riparare lo stesso pregiudizio: l’impossibilità per il titolare di trarre i profitti derivanti dallo sfruttamento del proprio marchio. Riconoscere cumulativamente sia la restituzione degli utili sia il risarcimento basato sulla giusta royalty, come aveva fatto la Corte d’Appello, ha dato luogo a una potenziale duplicazione risarcitoria per lo stesso lucro cessante. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata su questo punto.

Conclusioni

La decisione della Suprema Corte stabilisce un principio chiaro e di grande importanza pratica: nel calcolare il risarcimento per la contraffazione di un marchio, il giudice non può sommare meccanicamente la restituzione degli utili del contraffattore e il valore della ‘giusta royalty’. Tali misure, pur avendo logiche diverse (una compensatoria, l’altra anche dissuasiva), mirano a ristorare lo stesso tipo di danno. La scelta di uno dei criteri non esclude l’altro in assoluto, ma la loro applicazione deve essere combinata in modo da evitare un ingiusto arricchimento del danneggiato. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio alla Corte di Appello, che dovrà procedere a una nuova liquidazione del danno nel rispetto dei principi enunciati.

È possibile cumulare la restituzione degli utili dell’autore della violazione con il risarcimento basato sul criterio della giusta royalty?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che si tratta di criteri alternativi per la liquidazione del medesimo danno (lucro cessante). La loro applicazione cumulativa è errata poiché può portare a una duplicazione del risarcimento.

Quali sono i criteri previsti dall’art. 125 c.p.i. per il risarcimento del lucro cessante in caso di contraffazione?
L’articolo prevede tre criteri: 1) le regole generali del codice civile, considerando il mancato guadagno del titolare e i benefici del contraffattore; 2) una liquidazione in somma globale, non inferiore a una giusta royalty; 3) la restituzione degli utili realizzati dal contraffattore, in alternativa al risarcimento del lucro cessante.

L’uso di un segno a scopo puramente decorativo esclude la contraffazione di un marchio?
No. Secondo la Corte, la percezione da parte del pubblico di un segno come semplice ornamento non costituisce un ostacolo alla protezione del marchio, qualora tale segno presenti una somiglianza con il marchio registrato tale da creare un rischio di confusione sull’origine dei prodotti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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