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Risarcimento danno demansionamento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32527/2024, ha confermato il diritto al risarcimento danno demansionamento per due dipendenti bancari, anche in presenza di una precedente sentenza che aveva escluso il risarcimento per un periodo anteriore. La Corte ha stabilito che la continuità del demansionamento in un periodo successivo costituisce un illecito distinto, per il quale è possibile richiedere e ottenere un nuovo risarcimento. Inoltre, ha ribadito che il danno alla professionalità può essere provato anche in via presuntiva e liquidato equitativamente dal giudice sulla base di elementi come la durata e la gravità del demansionamento.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Risarcimento Danno Demansionamento: Sì anche dopo una Precedente Sentenza Negativa

Il risarcimento danno demansionamento è un tema cruciale nel diritto del lavoro, che protegge la professionalità e la dignità del lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, stabilendo che un lavoratore può ottenere il risarcimento per un demansionamento prolungato anche se una precedente sentenza, relativa a un periodo diverso, aveva escluso tale diritto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda due dipendenti di un istituto bancario che, a seguito di una riorganizzazione aziendale, erano stati assegnati a mansioni significativamente inferiori rispetto al loro livello di quadro. I lavoratori avevano già intentato una causa, ottenendo il riconoscimento del demansionamento per un primo periodo (fino a settembre 2009), ma senza ottenere il risarcimento del danno.

Nonostante quella prima sentenza, la situazione non era cambiata. I lavoratori hanno quindi avviato un nuovo procedimento legale per il periodo successivo (da ottobre 2009 a dicembre 2013), chiedendo nuovamente l’accertamento del demansionamento e il relativo risarcimento. La Corte d’Appello ha dato loro ragione, condannando la banca a un cospicuo risarcimento. L’istituto di credito, non soddisfatto, ha presentato ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Corte e il Risarcimento Danno Demansionamento

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, confermando la decisione della Corte d’Appello. Le argomentazioni della Suprema Corte si sono concentrate su tre punti principali.

Il Giudicato Precedente Non Blocca la Nuova Azione

Il primo motivo di ricorso della banca si basava sul principio del ne bis in idem, sostenendo che la precedente sentenza (che aveva escluso il danno) dovesse valere anche per il futuro. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo un punto fondamentale: il demansionamento è un illecito di natura permanente. Ogni periodo in cui la condotta illecita si protrae genera un nuovo e autonomo diritto al risarcimento. Poiché il nuovo giudizio riguardava un periodo temporale diverso e successivo, il precedente giudicato non poteva impedire una nuova valutazione dei fatti e una nuova richiesta di danni.

La Continuità del Demansionamento

La banca sosteneva anche che, per una delle lavoratrici, il demansionamento si fosse interrotto nel marzo 2013 con l’assegnazione di un nuovo incarico. Anche su questo punto, la Corte di Cassazione ha dato torto all’azienda. L’analisi dei giudici ha dimostrato che il nuovo incarico, sebbene avesse un nome diverso, non cambiava la sostanza delle mansioni, che rimanevano prive di autonomia, responsabilità e complessità decisionale tipiche del livello di quadro. Un cambiamento solo formale non è sufficiente a interrompere l’illecito.

La Prova e la Liquidazione del Danno da Demansionamento

L’aspetto più rilevante della decisione riguarda la prova del danno. La banca lamentava che il risarcimento fosse stato concesso senza una prova specifica del pregiudizio subito. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: il risarcimento danno demansionamento non è automatico, ma il danno alla professionalità può essere provato anche in via presuntiva.
Il giudice può dedurre l’esistenza e l’entità del danno da una serie di elementi concreti, tra cui:

* La durata del demansionamento.
* La qualità e quantità dell’esperienza lavorativa pregressa.
* La natura della professionalità lesa.
* Le altre circostanze del caso.

Sulla base di questi elementi, il giudice può procedere a una liquidazione in via equitativa, ovvero determinare una somma che ritiene giusta per compensare il danno subito, anche in assenza di una quantificazione monetaria precisa da parte del lavoratore.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla tutela della professionalità del lavoratore come bene giuridicamente protetto. Protrarre un demansionamento significa impoverire progressivamente il bagaglio di competenze e l’immagine professionale del dipendente, causando un danno che merita di essere risarcito. La Corte ha sottolineato che ignorare la continuità dell’illecito dopo una prima sentenza sarebbe come concedere all’azienda una ‘licenza’ di demansionare a tempo indeterminato. Inoltre, ha riaffermato che la prova del danno professionale non richiede calcoli matematici, ma può emergere logicamente dalle circostanze del caso, affidando al giudice il compito di valutarle e quantificare il giusto ristoro.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza della Cassazione rafforza la tutela dei lavoratori contro il demansionamento prolungato. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Nuove Azioni Possibili: Un lavoratore che continua a subire un demansionamento dopo una prima causa può agire nuovamente in giudizio per il periodo successivo.
2. La Prova del Danno: Non è sempre necessario fornire prove documentali complesse del danno subito. La sua esistenza può essere presunta dal giudice sulla base della gravità e della durata della dequalificazione.
3. Attenzione ai Cambiamenti di Facciata: Le aziende non possono eludere le proprie responsabilità con cambiamenti di incarico puramente nominali che non restituiscono al lavoratore le sue precedenti prerogative.

In conclusione, questa sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per chiunque si trovi in una situazione di svilimento professionale, confermando che il diritto alla professionalità è un valore che l’ordinamento tutela con forza.

Un precedente giudizio che ha accertato il demansionamento ma ha escluso il risarcimento impedisce una nuova richiesta di danni per un periodo successivo?
No, la Corte ha chiarito che se il periodo di demansionamento dedotto in giudizio è diverso e successivo, il precedente giudicato non ha effetto preclusivo. Si tratta di fatti temporalmente distinti che possono essere oggetto di una nuova e autonoma valutazione.

Il risarcimento del danno da demansionamento è automatico una volta provato l’abbassamento di mansioni?
No, il risarcimento non è automatico. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ribadito che il giudice può desumere l’esistenza del danno da una serie di elementi di fatto (come la durata del demansionamento, la qualità dell’esperienza lavorativa pregressa, la tipologia di professionalità colpita) e liquidarlo in via equitativa, senza la necessità di una prova specifica e puntuale del pregiudizio subito.

L’assegnazione di un nuovo incarico interrompe automaticamente il periodo di demansionamento?
Non necessariamente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il nuovo incarico assegnato a una delle lavoratrici non costituisse una modifica sostanziale rispetto al precedente inquadramento e non interrompesse il demansionamento, in quanto le mansioni rimanevano comunque dequalificanti e prive di autonomia decisionale rispetto al livello contrattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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