Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20957 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20957 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
Oggetto
RISARCIMENTO PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 16031/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 03/06/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 16031-2024 proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
ASL – AZIENDA SANITARIA LOCALE INDIRIZZO LANCIANO-COGNOME, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4/2023 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 04/01/2024 R.G.N. 134/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
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Con sentenza del 4 gennaio 2024, la Corte d’Appello di l’Aquila confermava con differente motivazione la decisione di rigetto resa dal Tribunale di Lanciano in ordine alla domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale Lanciano-Vasto-Chieti, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, dirigente medico dipendente della ASL, al risarcimento del danno per mancato godimento del servizio mensa o dei buoni pasto sostitutivi, deducendo la spettanza del buono pasto sostitutivo del servizio mensa ex artt. 24 CCNL Area IV -dirigenza medica e veterinaria 10.2.2004 e 18 CCNL area IV 6.5.2010 in quanto osservava un orario di lavoro articolato su sei giorni lavorativi con orario medio di 6,33 ore giornaliere ed orario giornaliero minimo di 6,20 ore e svolto in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto per il pranzo e la cena , ma con preclusione di consumare il pasto all’interno del presidio ospedaliero di assegnazione, ove mancava il servizio mensa aziendale.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, diversamente dal primo giudice, sussistere il diritto da parte dell’istante, avendo la ASL istituito il servizio mensa presso altro presidio ospedaliero e la garanzia sostitutiva del l’esercizio del diritto alla fruizione di buoni pasto al personale del presidio ospedaliero di appartenenza dell’istante e dovendo considerarsi illegittima la limitazione adottata dalla ASL dell’erogazione dei buoni pasto al solo personale con orario di lavoro frazionato ma di non poter accogliere la domanda proposta, non configurandosi come domanda di adempimento volta ad ottenere i buoni pasto non fruiti, ma come domanda di risarcimento del danno per equivalente, stante il non essere i buoni pasto monetizzabili ed essendo ancora possibile
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l’adempimento per essere il rapporto di lavoro tra le parti ancora in corso.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la ASL Lanciano-Vasto-Chieti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 24, commi 1 e 2, CCNL Area IV dirigenza medica e veterinaria 10.2.2004 come modificato dall’art. 18 CCNL area IV 6.5.2010, lamenta a carico della Corte territoriale l’erronea interpretazione dell’invocata disciplina contrattuale, non potendo estendersi il divieto di monetizzazione relativo al servizio mensa al buono pasto ben potendo questo essere sostituito dal suo controvalore economico e ciò in armonia con la giurisprudenza di questa Corte che prevedono il risarcimento del danno per equivalente con riferimento ai riposi compensativi parimenti non monetizzabili.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 c.c. 8 d.lgs. n. 66/2003 e 112 c.p.c. il ricorrente imputa alla Corte lo scostamento dal principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato attenendo la domanda proposta, non alla monetizzazione del buono pasto, bensì al risarcimento del danno conseguente all’inadempimento dell’obbligo contrattuale in conformità all’art. 1218 c.c..
Entrambi i motivi i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano meritevoli di accoglimento trovando la pretesa risarcitoria fondamento nel principio della ‘perpetuatio obligationis’ implicante ai sensi de ll’art. 1218 c.c. la conversione
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dell’obbligazione non adempiuta nella pretesa al ristoro della perdita subita per equivalente.
Va precisato al riguardo che, come sostenuto dal ricorrente, la domanda proposta risulta essere stata male interpretata come domanda di risarcimento da inadempimento per equivalente perché comunque si muoveva dal riconoscimento della discrezionalità della ASL per istituire o meno il servizio mensa e si chiedeva il risarcimento per i buoni pasto non avuti prendendo il valore di tali buoni come parametro per il risarcimento che non era per equivalente ma per inadempimento contrattuale.
Per orientamento consolidato quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, il giudice di legittimità è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate, al riguardo, dal codice di rito, in particolare negli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c.
Nella specie la censura è stata correttamente formulata e dagli atti risulta, con evidenza, che l’interpretazione dell’originaria domanda giudiziale fornita dalla Corte d’appello è erronea , e questo comporta la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato ai sensi e per gli effetti dell’art. 112 c.p.c.
Quanto alla non monetizzazione va ricordato l’orientamento di questa Corte (vedi, per tutte: Cass. 31/10/2022, n. 32113), secondo cui, una volta accertato il diritto alla fruizione del buono pasto e l’inadempimento del datore di lavoro, il
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lavoratore può agire non per ottenere un importo economico a titolo retributivo, atteso che l’attribuzione dei buoni pasto ha carattere assistenziale e il buono pasto non è monetizzabile non è monetizzabile, ma il dipendente può agire per ottenere un ristoro economico a titolo di risarcimento del danno eventualmente parametrato al valore dei buoni pasto non fruiti. Il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo altresì in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 3 giugno 2025.
La Presidente (NOME COGNOME)