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Riposo compensativo: la scelta se il lavoratore tace

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di lavoro festivo, se il contratto collettivo offre al dipendente la scelta tra riposo compensativo e pagamento dello straordinario e il lavoratore non esprime una preferenza, la facoltà di scelta si trasferisce al datore di lavoro. In questo caso, un’infermiera che non aveva comunicato la sua scelta non ha potuto reclamare il pagamento degli straordinari, avendo l’azienda legittimamente concesso i riposi compensativi.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Riposo Compensativo o Straordinario? Decide il Datore se il Lavoratore Tace

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto cruciale del rapporto di lavoro: cosa accade quando un dipendente, che ha lavorato durante una festività, non sceglie tra il riposo compensativo e il pagamento della maggiorazione per lavoro straordinario? La Corte ha stabilito che, in assenza di una scelta da parte del lavoratore, tale facoltà passa al datore di lavoro, il quale può legittimamente concedere il riposo invece di corrispondere l’indennità economica.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di un’infermiera dipendente di un’Azienda Sanitaria Regionale. La lavoratrice aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento di una somma a titolo di maggiorazioni per lavoro straordinario svolto in giornate festive infrasettimanali. L’Azienda Sanitaria si era opposta e, in appello, la Corte territoriale aveva dato ragione a quest’ultima, revocando il decreto ingiuntivo.

Secondo la Corte d’Appello, l’analisi dei cartellini marcatempo dimostrava che la lavoratrice aveva di fatto goduto di riposi compensativi. Poiché il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore prevedeva che l’attività prestata in giorno festivo desse diritto, a richiesta del dipendente, a un equivalente riposo compensativo o al compenso per lavoro straordinario, l’azienda, concedendo i riposi, aveva adempiuto alla sua obbligazione. La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della lavoratrice, confermando la decisione della Corte d’Appello. L’analisi dei giudici si è concentrata su due motivi principali presentati dalla ricorrente.

Primo Motivo: Il Presunto Travisamento della Prova

La lavoratrice sosteneva che la Corte d’Appello avesse commesso un ‘errore di percezione’ nell’interpretare i cartellini marcatempo, travisando il significato dei codici che indicavano i riposi. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile. Ha infatti chiarito che il ‘travisamento della prova’ ricorre solo in caso di svista materiale (es. leggere ‘sì’ dove è scritto ‘no’), mentre l’interpretazione del significato di un documento è un’attività di valutazione del merito, non sindacabile in sede di legittimità. La Corte d’Appello non ha letto male i documenti, ma ne ha interpretato il contenuto, concludendo che i riposi erano stati goduti.

Secondo Motivo: La Scelta del Riposo Compensativo

Il secondo e più importante motivo riguardava la violazione delle norme del CCNL e del Codice Civile. La ricorrente riteneva che, in mancanza di una sua esplicita scelta, l’azienda avrebbe dovuto automaticamente corrisponderle lo straordinario maggiorato. La Cassazione ha respinto anche questa tesi. L’art. 9 del CCNL Sanità pone su un piano di equivalenza il riposo compensativo e il compenso economico, attribuendo al lavoratore un termine per scegliere. In assenza di scelta, trova applicazione la disciplina delle obbligazioni alternative prevista dall’art. 1287 del Codice Civile. Questa norma stabilisce che se il creditore (in questo caso, la lavoratrice) non esercita la sua facoltà di scelta nel termine previsto, tale facoltà passa al debitore (il datore di lavoro).

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sulla natura dell’obbligazione del datore di lavoro come ‘alternativa’. Poiché la lavoratrice non aveva avanzato alcuna richiesta specifica per l’una o l’altra soluzione e aveva comunque goduto dei riposi compensativi senza sollevare obiezioni immediate, l’Azienda Sanitaria aveva legittimamente adempiuto al suo debito scegliendo una delle due modalità previste dal contratto collettivo.

I giudici hanno sottolineato che questo meccanismo è conforme ai principi del Codice Civile. La scelta tra due prestazioni equivalenti, se non esercitata dalla parte a cui spetta, si trasferisce all’altra. Pertanto, l’Azienda Sanitaria, di fronte al silenzio della dipendente, ha correttamente esercitato la facoltà di scelta a essa devoluta, optando per la concessione del riposo compensativo.

Inoltre, la Corte ha aggiunto un’interessante riflessione: anche se le due opzioni non fossero considerate perfettamente equivalenti, la preferenza in assenza di scelta dovrebbe comunque andare al riposo, in quanto tutela primaria del diritto del lavoratore al recupero delle energie psico-fisiche, un diritto che non può essere annullato unilateralmente dal datore di lavoro.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante principio guida per lavoratori e datori di lavoro. Quando un contratto collettivo prevede una scelta per il dipendente, è fondamentale che quest’ultimo la eserciti attivamente e nei termini previsti. Il silenzio non viene interpretato, come sperava la ricorrente, a favore dell’opzione economica, ma comporta la devoluzione del diritto di scelta al datore di lavoro. La decisione riafferma la validità delle regole generali del Codice Civile in materia di obbligazioni anche nel diritto del lavoro, garantendo certezza e bilanciamento tra gli interessi delle parti.

Se il contratto collettivo prevede una scelta tra riposo compensativo e straordinario per il lavoro festivo, cosa succede se il lavoratore non comunica la sua preferenza?
In assenza di una scelta esplicita del lavoratore entro i termini stabiliti, la facoltà di decidere tra le due opzioni passa al datore di lavoro, il quale può legittimamente concedere il riposo compensativo invece di pagare lo straordinario.

Un errore del giudice nell’interpretare il significato di un documento può essere contestato in Cassazione come ‘travisamento della prova’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ‘travisamento della prova’ si verifica solo in caso di un errore materiale di percezione (una svista), non quando il giudice interpreta il significato e il valore probatorio di un documento. L’interpretazione è un’attività di merito insindacabile in sede di legittimità.

L’azienda può concedere di sua iniziativa il riposo compensativo al posto di pagare lo straordinario festivo?
Sì, può farlo se il contratto collettivo lo prevede come alternativa al pagamento dello straordinario e se il lavoratore, a cui spetta la scelta, non la esercita. In tal caso, la scelta passa all’azienda come previsto dalle norme sulle obbligazioni alternative del Codice Civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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