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Rinuncia tacita nel lavoro: la Cassazione decide

Con la sentenza n. 7590/2019, la Cassazione Civile, Sez. Lavoro, affronta il tema della rinuncia tacita ai diritti derivanti da contratti a termine. Il caso riguarda una lavoratrice che, dopo anni di contratti a termine e un lungo periodo di inattività, ha accettato un’assunzione a tempo indeterminato dalla stessa azienda. La Corte ha stabilito che la combinazione del lungo tempo trascorso e l’accettazione del nuovo contratto stabile costituisce un comportamento concludente, interpretabile come una rinuncia tacita alla richiesta di continuità del rapporto di lavoro precedente. Gli altri motivi di ricorso sono stati dichiarati inammissibili per vizi procedurali.

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Pubblicato il 5 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile
La rinuncia tacita a un diritto da parte di un lavoratore è un tema delicato, in cui il comportamento e l’inattività possono avere conseguenze giuridiche significative. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7590 del 2019, offre un’importante chiave di lettura su come il trascorrere del tempo, unito all’accettazione di un nuovo contratto a tempo indeterminato, possa essere interpretato come una volontà di abbandonare pretese pregresse. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per lavoratori e aziende.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice si era rivolta al Tribunale per chiedere il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dal 2003, a seguito di una serie di contratti a termine stipulati con diverse società poi confluite nell’azienda datrice di lavoro finale. In subordine, chiedeva il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata e un inquadramento superiore.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato le sue richieste. In particolare, i giudici di merito avevano evidenziato due elementi chiave: il lungo periodo trascorso dalla fine dell’ultimo contratto a termine all’inizio dell’azione legale e, soprattutto, l’avvenuta assunzione della lavoratrice con un nuovo contratto a tempo indeterminato nel luglio 2008. Secondo i giudici, questo quadro indicava una volontà della lavoratrice di non far valere la continuità del rapporto precedente.

La questione della rinuncia tacita e la decisione della Corte

Il fulcro del ricorso per cassazione si è concentrato sulla corretta interpretazione del comportamento della lavoratrice. Poteva il suo silenzio, unito all’accettazione di un nuovo posto stabile, essere considerato una rinuncia tacita al diritto di veder riconosciuta la continuità lavorativa sin dal 2003?

La lavoratrice ha sostenuto che il semplice decorso del tempo è un elemento neutro e non può, da solo, significare una rinuncia. La Cassazione, pur concordando in linea di principio con questa affermazione, ha rigettato il motivo, precisando che la Corte d’Appello non si era basata solo sul tempo, ma lo aveva valutato unitamente a un’altra circostanza decisiva: la stipulazione del nuovo contratto a tempo indeterminato. Questa valutazione complessiva dei fatti è un apprezzamento di merito che, se logicamente motivato, non può essere sindacato in sede di legittimità.

I motivi del ricorso e le ragioni della Cassazione

Oltre alla questione principale, il ricorso presentava altri due motivi, entrambi dichiarati inammissibili dalla Suprema Corte per ragioni procedurali.

Primo Motivo: La valutazione della volontà del lavoratore

La Corte ha chiarito che l’accertamento della volontà delle parti, anche quella tacita, rientra nel potere del giudice di merito. In questo caso, la valutazione combinata del tempo e della nuova assunzione stabile è stata ritenuta una motivazione sufficiente e non illogica per concludere per la rinuncia tacita.

Secondo e Terzo Motivo: L’inammissibilità per genericità e mancata critica del decisum

La lavoratrice aveva contestato il mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio e del superiore inquadramento. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rilevato un vizio tecnico nell’appello: la lavoratrice si era limitata a riproporre le sue argomentazioni, senza criticare specificamente la ragione per cui la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile il motivo (ossia la genericità della censura mossa alla sentenza di primo grado). Un ricorso, per essere ammissibile, deve confrontarsi direttamente con le ragioni della decisione che si impugna (il cosiddetto decisum), non può ignorarle.

Le motivazioni

La Suprema Corte ribadisce il suo ruolo di giudice di legittimità, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze di merito. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva costruito un ragionamento plausibile basato su elementi fattuali (tempo trascorso e nuova assunzione) per desumere una rinuncia tacita. Questo apprezzamento di fatto non è censurabile in Cassazione. Per le domande subordinate, invece, l’errore è stato di natura processuale: la ricorrente non ha impugnato correttamente la decisione di inammissibilità della Corte d’Appello, rendendo il suo ricorso su quei punti inefficace.

Le conclusioni

La sentenza offre due importanti insegnamenti. Primo: l’inazione prolungata, se combinata con comportamenti positivi incompatibili con la volontà di far valere un diritto (come l’accettazione di un nuovo contratto stabile), può essere interpretata come una rinuncia tacita. I lavoratori devono quindi agire con tempestività per tutelare le proprie posizioni. Secondo: la tecnica processuale è fondamentale. Un ricorso in appello o in cassazione deve essere specifico e mirato a criticare le esatte ragioni della decisione impugnata, altrimenti rischia di essere dichiarato inammissibile, impedendo l’esame nel merito della questione.

Il solo passare del tempo implica una rinuncia ai propri diritti?
No, la Cassazione chiarisce che il tempo è di per sé un fattore neutro, ma può diventare un elemento rilevante se unito ad altri comportamenti concludenti, come l’accettazione di un nuovo contratto a tempo indeterminato senza riserve.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il motivo non può essere esaminato nel merito perché presenta un difetto tecnico. In questo caso, la lavoratrice non ha criticato la ragione specifica per cui la Corte d’Appello aveva respinto le sue domande (la genericità dell’appello), ma ha semplicemente riproposto le sue tesi iniziali.

Accettare un contratto a tempo indeterminato cancella i diritti maturati con precedenti contratti a termine?
Non automaticamente, ma secondo questa sentenza può essere un elemento fondamentale, insieme al considerevole tempo trascorso, che il giudice può utilizzare per ritenere che vi sia stata una rinuncia tacita alla continuità del rapporto e alle pretese economiche e normative ad essa collegate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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