Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24850 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24850 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11811-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 448/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/02/2021 R.G.N. 2621/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME.
Oggetto
Lavoro privato. Dimissioni Indennità di preavviso
R.G.N.11811/2021
COGNOME
Rep.
Ud 21/05/2025
CC
RILEVATO CHE
il Tribunale di Roma, pronunciandosi sull’opposizione della società RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo n. 2442/2015 in favore di NOME COGNOME (dipendente con qualifica di Quadro) per il pagamento del TFR a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni in data 8.7.2014, dato atto del pagamento di somme da parte della società a titolo di sostituto d’imposta e banco iudicis, revocava il decreto opposto e condannava la società al pagamento della residua somma di € 5.862,73, oltre accessori, respingendo le domande della società di detrazione dell’indennità di preavviso e riconvenzionale di risarcimento danni;
la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello della società;
avverso la predetta sentenza la società propone ricorso per cassazione affidato a 4 motivi, cui resiste controparte con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 2118 e 1372 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ricostruito il mutuo consenso nei fatti di causa; sostiene che la rinuncia al preavviso da parte datoriale doveva essere formalmente concordata dalle parti, non bastando, nel caso concreto, la sola richiesta di riconsegna dei beni aziendali per accertare la volontà della società a dare immediata esecuzione alle dimissioni, accettandole e qualificandole come consensuali;
2. il motivo non è fondato;
l’interpretazione degli atti negoziali è riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi; la censura di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, al pari di quella per vizio di motivazione, non può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, posto che, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – censurare in sede di legittimità il fatto che sia stata privilegiata l’altra; per il principio di autonomia del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, si deve escludere l’ammissibilità di una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (v. Cass. n. 33425/2022, n. 27702/2020, n. 16368/2014, n. 24539/2009, n. 10131/2006);
in questo senso, l’interpretazione della lettera di dimissioni, con contestuale messa a disposizione da parte del lavoratore per il passaggio di consegne, e dell’accettazione da parte della società delle dimissioni immediate come esonero dal preavviso, è del tutto plausibile alla luce del testo delle rispettive comunicazioni e delle circostanze di fatto nello sviluppo degli eventi relativi;
con il secondo motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) v iolazione e falsa applicazione dell’art. 4 legge n. 92/2012, per mancato rispetto da parte del lavoratore dimissionario della procedura stabilita da tale norma, con
conseguente inefficacia delle dimissioni per non essere state convalidate dalla Direzione Territoriale del Lavoro o dai Centri per l’Impiego competenti per territorio;
il motivo non è fondato;
la procedura di convalida delle dimissioni è posta a tutela del lavoratore, precisamente, come si evince dalla lettera della legge (art. 4, comma 18, legge cit.) ed evidenziato dalla stessa parte ricorrente, per accertare la ‘ veridicità della data e la autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore, in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto ‘;
dunque, non si comprende l’interesse ad agire della società in proposito, posto che l’ accoglimento del motivo come prospettato, come osservato da parte controricorrente, porterebbe al ripristino del rapporto o al risarcimento del danno per illegittimo licenziamento;
con il terzo motivo di ricorso la società censura la sentenza gravata, ex art. 360, n. 5 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in particolare per erroneo esame delle risultanze istruttorie sulla data di cessazione del rapporto di lavoro;
10. con il quarto motivo di ricorso censura, sempre ex art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame del fatto decisivo rappresentato dalle risultanze istruttorie in merito alla mancata liquidazione del danno subìto dalla società, che, nonostante la difficile quantificazione, avrebbe dovuto essere liquidato in via equitativa;
entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto preclusi dalla pronuncia di merito doppia conforme, ai sensi dell’art. 360, comma 4, c.p.c., norma che stabilisce che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse
ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.;
12. le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario, seguono il regime della soccombenza;
13. alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue altresì il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 3.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 maggio 2025.