Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14975 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 14975 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 265/2021 R.G . proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente ricorrente incidentale-
avverso la sentenza n. 1831/2019 emessa da Corte d’appello di Torino sentito il AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’estinzione del giudizio e in subordine per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
uditi i difensori delle parti, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.4.2024 dal Presidente NOME COGNOME;
dato atto che il Presidente relatore, a causa di un sovraccarico di impegni istituzionali, ha affidato il compito di estensore al Consigliere U.AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente COGNOMENOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, sorretto da quattro motivi, avverso la sentenza emessa il 14.11.2019 dalla Corte di appello di Torino, quale giudice del rinvio disposto da questa Corte di Cassazione con ordinanza n.17482 del 2018.
Nella citata sentenza la Corte torinese ha confermato la revoca del decreto ingiuntivo 418/2004 ottenuto dall’COGNOMECOGNOME nei confronti della Provincia di Vercelli, ha condannato la Provincia di Vercelli a pagare all’COGNOME.COGNOME la somma di € 19.149,91, oltre interessi, e a rifondergli i due terzi delle spese di lite dell’intero giudizio, per il resto compensate, e, d’altro canto, ha condannato l’ingCOGNOMECOGNOME a restituire alla Provincia le somme ricevute in eccedenza nel corso del giudizio.
La Provincia di Vercelli ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale con un motivo.
In data 30.9.2023 il Consigliere delegato della 1° Sezione civile ha emesso proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art.380 -bis c.p.c. del seguente testuale tenore:
« Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art.360 n.4, c.p.c. il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento agli artt.374 e 384, comma 2, c.p.c. per aver la Corte di appello ritenuto vincolante il principio di diritto emesso con la decisione
rescindente n.17482/2018 (in tema di inammissibilità della proposizione della domanda ex art.2041 c.c. in sede di costituzione dell’opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo), in contrasto con il principio di diritto successivamente enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n.22014 del 2018. Il motivo appare manifestamente infondato, e quindi inammissibile ex art.360-bis n.1, c.p.c.
Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, immutata anche dopo la modifica dell’art.374 c.p.c. avvenuta nel 2006, a norma dell’art. 384, primo comma, c.p.c., l’enunciazione del principio di diritto vincola il giudice di rinvio che ad esso deve uniformarsi, anche qualora, nel corso del processo, siano intervenuti mutamenti della giurisprudenza di legittimità, sicché anche la Corte di cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di merito, deve giudicare sulla base del principio di diritto precedentemente enunciato, e applicato dal giudice di rinvio, senza possibilità di modificarlo, neppure sulla base di un nuovo orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, salvo che la norma da applicare in relazione al principio di diritto enunciato risulti successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di jus superveniens, comprensivo sia dell’emanazione di una norma di interpretazione autentica, sia della dichiarazione di illegittimità costituzionale. (Sez. 6 – 1, n. 27155 del 15.11.2017; Sez. 6 – L, n. 6086 del 17.03.2014).
Con il secondo motivo di ricorso principale, proposto ex art.360 n.4, c.p.c. il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento agli artt.394,112 e 153, c.p.c. per aver la Corte di appello escluso l’accoglibilità della richiesta remissione in termini.
Il motivo appare manifestamente infondato sia perché mira, per altra via, a infrangere la vincolatività del principio di diritto enunciato ex art.384 c.p.c., sia perché l’incolpevolezza della
decadenza non può essere ravvisata in relazione al mutamento in corso di causa degli orientamenti giurisprudenziali.
Per altro verso, come correttamente osservato dalla Corte di appello, evidentemente non sussistono i presupposti del prospective overruling, che non può essere riferito ad una attività processuale considerata inammissibile dall’orientamento giurisprudenziale consolidato al momento della sua realizzazione.
Secondo le Sezioni Unite, il prospective overruling è finalizzato a porre la parte al riparo dagli effetti processuali pregiudizievoli (nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità) di mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo sterilizzandoli, così consentendosi all’atto compiuto con modalità ed in forme ossequiose dell’orientamento giurisprudenziale successivamente ripudiato, ma dominante al momento del compimento dell’atto, di produrre ugualmente i suoi effetti, mentre non è invocabile nell’ipotesi in cui il nuovo indirizzo giurisprudenziale di legittimità sia ampliativo di facoltà e poteri processuali che la parte non abbia esercitato per un’erronea interpretazione delle norme processuali in senso autolimitativo, non indotta dalla giurisprudenza di legittimità, derivando l’effetto pregiudizievole direttamente ed esclusivamente dall’errore interpretativo della parte (Sez. U, n. 4135 del 12.2.2019; Sez. U, n. 23675 del 6.11.2014; Sez. U, n. 24413 del 21.11.2011; Sez. U, n. 15144 del 11.7.2011).
Con il terzo motivo di ricorso principale, proposto ex art.360 n.4, c.p.c. il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento all’art.394 c.p.c. per aver la Corte di appello ritenuto di non ammettere la domanda di arricchimento senza causa come eccezione riconvenzionale nei confronti della richiesta avversaria di restituzione delle somme percepite in corso di causa.
Anche questo motivo è manifestamente infondato, sia perché tende ad aggirare il vincolo esercitato dal principio di diritto e la natura di
giudizio chiuso del giudizio di rinvio, sia perché la richiesta di restituzione di quanto pagato in corso di causa in forza di titolo giudiziale caducato trova il suo fondamento nel principio di cui all’art.336, comma 2, c.p.c. dell’efficacia restitutoria della riforma e della cassazione; per contro, non ha rilievo che la richiesta di ripetizione dell’indebito avrebbe potuto essere azionata in diverso giudizio, semplicemente perché così non è stato, mentre il principio della inammissibilità della domanda di arricchimento ingiustificato in via riconvenzionale da parte del convenuto opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è vincolante in rito in questo procedimento perché espresso ex art.384 c.p.c., ma certamente non esclude l’ammissibilità di una domanda autonomamente proposta in altro giudizio.
Con il quarto motivo di ricorso principale, proposto ex art.360 n.4, c.p.c. il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento all’art.23 della legge n.87 dell’11.3.1953 per aver la Corte di appello ritenuto infondata la questione di costituzionalità degli artt. 374 e 384 c.p.c. con riferimento ai diversi effetti del mutamento del principio di diritto espresso dalla Corte di Giustizia UE, suscettibile di essere fatto valere nel giudizio di rinvio, rispetto all’analogo mutamento giurisprudenziale da parte delle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
Anche questo motivo, inteso a riproporre la questione di costituzionalità, è manifestamente infondato perché tenta di attribuire natura di ius superveniens alla giurisprudenza della Corte di legittimità che essa non possiede, a differenza delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea, e così mira ad assimilare quoad effectum fattispecie ben diverse.
Secondo orientamento anche in questo caso consolidato, in tema di giudizio di rinvio, rientrano nell’ambito dello ius superveniens, che travalica il principio di diritto enunciato nella sentenza di annullamento, anche i mutamenti normativi prodotti dalle sentenze
della Corte di giustizia UE, che hanno efficacia immediata nell’ordinamento nazionale (Sez. 3, n. 25414 del 26.8.2022). E ciò avviene perché il giudice nazionale deve verificare la compatibilità del diritto interno con le disposizioni unionali vincolanti, applicandole anche d’ufficio, nel caso di ricorso per cassazione avverso la decisione adottata in sede di rinvio, sicché il giudice di legittimità è tenuto a rendere la decisione finale conforme alle regole eurounitarie, anche discostandosi dal principio di diritto precedentemente formulato e superando il vincolo derivante dall’art. 384, comma 2, c.p.c. in caso di contrasto con il diritto unionale. (Sez. 5, n. 14624 del 25.5.2023).
Con il ricorso incidentale la Provincia di Vercelli denuncia con unico motivo e in riferimento all’art.360 n.5 c.p.c. un error in procedendo e lamenta la violazione dell’art.2909 c.c., e ciò perché la Corte di appello avrebbe violato il principio di diritto espresso dall’ordinanza 17482/2018 che aveva ritenuto coperta dal giudicato interno la statuizione del Tribunale di Vercelli circa la mancata produzione in giudizio dei contratti d’opera professionale.
Il ricorso incidentale non è condizionato e non era tardivo, poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata il 14.11.2019, il termine ex art.327 c.p.c. era annuale perché il giudizio era iniziato nel 2004, e il ricorso incidentale è stato notificato il 26.1.2021, tenuto conto della sospensione feriale del 2020 e della sospensione dei termini per emergenza pandemica Covid 19 dal 9.3.2020 all’11.5.2020.
Il motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza. Per un verso il motivo mescola promiscuamente al suo interno censure eterogenee e incompatibili, come quella di vizio motivazionale, error in procedendo e violazione di legge.
Non è infatti consentito proporre cumulativamente due mezzi di impugnazione eterogenei (violazione di legge e vizio motivazionale), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e riversando impropriamente con tale tecnica espositiva sul giudice di
legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Sez.3, 23.6.2017 n.15651; Sez.6, 4.12.2014 n.25722; Sez. 2, 31.1.2013 n.2299; Sez.3, 29.5.2012 n.8551; Sez.1, 23.9.2011 n.19443; Sez.5, 29.2.2008 n.5471). In tal modo l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Sez. 1, n. 19443 del 23.9.2011).
Per altro verso, la censura si pone in conflitto con le stesse statuizioni della decisione di questa Corte che, pur riconoscendo l’esistenza di un giudicato interno sulla mancata produzione dei contratti d’opera professionale, non ne ha affatto tratto la conseguenza della irrilevanza del contenuto limitato dell’opposizione a decreto ingiuntivo proposta in primo grado dalla Provincia, che non aveva contestato di dovere all’ingCOGNOMECOGNOME la minor somma di € 19.149,91, tanto che ha espressamente devoluto al giudice di rinvio il compito di esaminare la richiesta relativa alle somme non contestate, così escludendo che al proposito si fosse formato un giudicato preclusivo in dipendenza della mancata produzione dei contratti.
La Corte di appello ha riconosciuto tali somme sul rilievo, non specificamente contestato, che la loro debenza fosse pacifica in causa.
Del resto la Cassazione ha ritenuto coperta dal giudicato interno la questione della mancata produzione del contratto, oggetto del secondo motivo, e ha accolto il primo con riferimento ad un vizio
motivazionale di inemendabile contraddittorietà, ma non ha accertato alcun giudicato interno sulla non debenza di qualsiasi somma da parte della Provincia, eventualmente fondata sulla mancata opposizione e sul riconoscimento della debenza.
L’art.380 bis c.p.c. non esclude la possibilità che la proposta di definizione anticipata possa riguardare sia il ricorso principale sia quello incidentale.
Si propone pertanto la definizione di entrambi i ricorsi ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Si comunichi ai difensori delle parti.»
La proposta in questione è stata accompagnata, secondo la prassi prudenziale seguita dall’Ufficio, dai consueti avvertimenti circa le modalità e i tempi della richiesta di fissazione di udienza per la discussione del ricorso, le conseguenze della mancata presentazione dell’istanza, le previsioni specifiche regolanti il giudizio conseguente all’istanza di decisione, il tutto con riferimento a quanto disposto dall’artr.380 -bis c.p.c.
3. La proposta è stata notificata alle parti in data 2.10.2023.
In data 10.11.2023 (venerdì) – e quindi prima della scadenza del termine di quaranta giorni che scadeva il giorno successivo (sabato 11.11.2023) e quindi con proroga ex lege al lunedì 13.11.2023 la parte ricorrente ha depositato memoria, esordendo con la seguente formale enunciazione ed enfatizzando graficamente con grassetto e sottolineatura la propria intenzione di non presentare istanza e di non rilasciare una nuova procura:
« Questa difesa, nell’interesse del sig. NOME COGNOME, preliminarmente dà atto che l’COGNOME. COGNOME non ha rilasciato alcuna ulteriore procura speciale, questa difesa non deposita alcuna istanza di decisione del ricorso, quindi, in considerazione di tale mero dato oggettivo e pur in assenza di una espressa dichiarazione di rinuncia, ai sensi dell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. attualmente vigente, il ricorso deve ritenersi implicitamente
rinunciato , sempre che, ovviamente, la parte controricorrente (a sua volta proponente ricorso incidentale) non depositi istanza di discussione inoltre, ove non vi sia istanza di decisione da parte del controricorrente, sussistono certamente i presupposti per una compensazione integrale delle spese di lite, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 391, secondo comma c.p.c., posto che, appunto, viene proposto il rigetto sia del ricorso principale sia di quello incidentale (con evidente soccombenza reciproca, ai sensi dell’art. 92 c.p.c.). »
Ciò premesso e formalmente dichiarato, la difesa della parte ricorrente ha tuttavia rilevato che l’art. 380 -bis c.p.c., nella sua attuale formulazione, in cui la decisione del ricorso viene vincolata al rilascio di una nuova procura speciale alle liti e alla formulazione di una espressa istanza di decisione, appariva costituzionalmente illegittimo per quattro distinti profili, per concludere con la richiesta alla Corte di sollevare questione di costituzionalità, ai sensi dell’art. 23 l. n. 87 dell’11 marzo 1953, dell’art. 380 -bis c.p.c., con riferimento all’art. 76 Cost. (posto che la legge delega non consentiva di richiedere il rilascio di una nuova procura speciale), con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 76 e 111 Cost., per le ragioni sopra esposte, e di emettere il principio di diritto ritenuto corretto nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., con riferimento alle questioni di cui al primo, al secondo e al quarto motivo di ricorso principale.
Nessuna istanza di decisione è stata quindi presentata nel termine né dalla parte ricorrente, né dalla parte controricorrente e ricorrente incidentale, pur essa destinataria della proposta.
Il Presidente ha fissato pubblica udienza.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso con memoria scritta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Parte ricorrente ha presentato memoria.
All’udienza pubblica del 23.4.2024 il AVV_NOTAIO generale ha modificato le proprie conclusioni scritte, chiedendo in principalità la dichiarazione di estinzione del ricorso e solo in subordine la dichiarazione di inammissibilità.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno illustrato oralmente le proprie difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il giudizio deve essere dichiarato estinto per le ragioni che verranno di seguito sinteticamente esposte.
In primo luogo, come osservato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, non può certamente essere condivisa la tesi proposta dalla parte ricorrente nella memoria ex art.378 c.p.c. del 12.4.2024, secondo la quale le questioni di costituzionalità proposte con la memoria del 10.11.2023 sarebbero da ritenersi superate per effetto della sopravvenuta fissazione di udienza pubblica di discussione del ricorso, che implicherebbe la revoca, quantomeno implicita, della proposta di definizione anticipata.
In primo luogo, la revoca della proposta di definizione anticipata non è semplicemente possibile giuridicamente, in quanto non è prevista da alcuna norma dell’ordinamento che regol i l’istituto, che contempla un provvedimento che non è in alcun modo assimilabile a un’ordinanza revocabile.
È certamente vero, come sostenuto oralmente dal difensore del ricorrente, che il collegio della Corte di cassazione, quale organo giurisdizionale sovrano, non è vincolato dalla proposta di definizione anticipata, mero opinamento interlocutorio privo di natura decisoria (vedasi in proposito la recente sentenza delle Sezioni Unite n.9611 del 10.4.2024) che può tranquillamente disattendere, in tutto o in parte.
Tuttavia quod factum infectum fieri nequit e la proposta di definizione anticipata, una volta emessa, non può essere ontologicamente cancellata dalla vicenda processuale e produce quindi i suoi effetti.
In secondo luogo, e decisivamente, la proposta di definizione anticipata in questione non è stata in alcun modo revocata ad opera di alcun provvedimento né esplicito, né implicito.
Certamente, poi, non può essere ravvisata una revoca, neppure implicita, nella decisione del Presidente di sottoporre al Collegio le questioni insorte per effetto della sopra descritta condotta processuale, oggettivamente inconsueta e financo anomala, della parte ricorrente, a proposito della quale non constavano precedenti e che meritava dunque un attento scrutinio.
Senza dubbio alcuno, infine, secondo i principi generali, il collegio della Corte di cassazione ritualmente investito dispone, quale organo sovrano di giurisdizione, di tutti i poteri spettanti al Presidente in sede monocratica e ben può quindi accertare e dichiarare l’intervenuta estinzione del giudizio.
In effetti il ricorso principale, al pari del ricorso incidentale deve ritenersi rinunciato.
In primo luogo, nella specie si è integrata la fattispecie di rinuncia ex lege al ricorso e al ricorso incidentale prevista dall’art.380 -bis , comma 2, c.p.c., perché nessuna delle due parti destinatarie della proposta ha presentato nel termine l’istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale per chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso va considerato rinunciato e la Corte deve provvedere ai sensi dell’articolo 391: la qual cosa, del resto, contraddittoriamente, la stessa parte ricorrente ha prospettato nella sua memoria del 10.11.2023.
Non è comprensibile il ragionamento proposto dalla ricorrente, secondo cui contrariamente a quanto sostenuto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, essa non avrebbe depositato alcuna rinuncia al ricorso,
né espressa né implicita, perché il non aver depositato istanza di discussione ex art. 380bis c.p.c. non comporterebbe alcuna rinuncia al ricorso ed essa non avrebbe formalizzato alcuna espressa rinuncia ex art. 390, secondo comma, c.p.c.
La legge afferma proprio il contrario e fa discendere dalla mancata presentazione dell’istanza l’effetto processuale della rinuncia.
Già per questa ragione le questioni di costituzionalità proposte con la memoria del ricorrente del 10.11.2023 e riprese con la memoria del 12.4.2024 appaiono inammissibili perché proposte irritualmente da soggetto non legittimato nei modi previsti dalle legge nella fase di giudizio, in difetto del rilascio di una nuova procura da parte del ricorrente AVV_NOTAIO all’AVV_NOTAIO.
Di qui l’ulteriore conseguenza della loro irrilevanza ai sensi dell’art.23 della legge cost.11.3.1953 n.87.
Infatti nel sistema di controllo di costituzionalità diffuso vigente nel nostro ordinamento, la rilevanza della questione per il giudizio in corso si configura come necessità di applicare la disposizione censurata nel percorso argomentativo che conduce alla decisione, e si riconnette all’incidenza della pronuncia della Corte Costituzionale su qualsiasi tappa di tale percorso. L’applicabilità della disposizione censurata è dunque sufficiente, ma altresì necessaria, a fondare la rilevanza della questione proposta (C. Cost. 59/2021; C. Cost. 254/2020; C. Cost. 174/2016).
Nel caso di specie non sussiste un giudizio nel quale la norma dell’art. 380 bis c.p.c. debba essere applicata « nel percorso argomentativo che conduce alla decisione », per il semplice fatto che, non avendo la parte istante inteso proporre alcuna domanda di decisione del ricorso, il ricorso si è estinto ai sensi del combinato disposto degli artt. 380 bis , secondo comma, e 391 c.p.c.
Di conseguenza nessun giudizio in corso sussiste, per il quale la questione di legittimità costituzionale possa considerarsi rilevante, oltre che non manifestamente infondata. È di tutta evidenza,
invero, che la questione di costituzionalità non può essere proposta al di fuori di un processo, con una semplice istanza, da parte di un difensore sfornito di procura, per essersi la stessa estinta con la perenzione del ricorso. Tanto vero che la norma succitata dell’art. 380bis , secondo comma, c.p.c. richiede il rilascio di una nuova procura per la decisione, che si ha quando la Corte a seguito dell’istanza della parte interessata « definisce il giudizio », o aderendo alla proposta, o definendolo in difformità dalla stessa. Dal che si evince che, in caso contrario, non vi è un giudizio, essendosi il ricorso estinto per effetto della rinuncia alla decisione.
Tali rilievi, e segnatamente l’assenza della procura richiesta dalla norma succitata, escludono anche la possibilità di una pronuncia ai sensi dell’art. 363 c.p.c., peraltro problematica in sede di giudizio di rinvio.
Il ricorrente ha sostenuto in sede di discussione orale che non avrebbe potuto munirsi di nuova procura senza in tal modo privare di rilevanza le questioni di costituzionalità che intendeva proporre. In disparte il rilievo che era ben possibile munirsi di nuova procura al solo fine di proporre le questioni, senza un aggravio eccessivo al diritto di agire e difendersi in giudizio, addurre un inconveniente non reca argomento decisivo per risolvere la questione. In ogni caso appare dirimente l’ulteriore rilievo, formulato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO in sede di discussione, dell’implicita ma inequivoca rinuncia al ricorso formulata da parte del ricorrente con
la memoria del 10.11.2023.
Infatti con la predetta memoria il ricorrente non solo non ha presentato l’istanza prevista dalla legge, ma addirittura ha espressamente dichiarato di non volerla presentare e tantomeno di voler rilasciare una nuova procura; ha espressamente dedotto che il ricorso doveva ritenersi implicitamente rinunciato, sempre che la parte controricorrente (a sua volta proponente ricorso incidentale) non avesse depositato istanza di discussione (il che non è
accaduto); si è premurato di argomentare e insistere per la compensazione integrale delle spese di lite in conseguenza del proposto rigetto delle domande contrapposte per soccombenza reciproca; soprattutto non ha presentato alcuna conclusione nel merito della lite, limitandosi a chiedere nelle conclusioni finali dell’atto, in modo radicalmente incompatibile con la sollecitazione alla decisione del ricorso, che la Corte si pronunciasse al riguardo nell’interesse della legge ex art.363 c.p.c. e quindi nella esclusiva prospettiva dello ius constitutionis e non dello ius litigatoris.
In conformità alla richiesta principale del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO non vi è titolo per procedere all’esame del merito del ricorso, che va dichiarato estinto, a spese integralmente compensate perché entrambi i ricorsi, principale e incidentale, sono da intendersi rinunciati.
La pronuncia ex art.363 c.p.c. non è stata chiesta dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e rientra nella discrezionalità dell’Ufficio.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio a spese compensate. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima