Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Chi Paga le Spese?
La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può chiudere definitivamente una controversia, ma le sue conseguenze economiche non sono sempre scontate. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: cosa accade alle spese legali quando la parte avversaria non accetta formalmente la rinuncia? L’analisi di questo provvedimento offre spunti preziosi sulla gestione strategica del contenzioso e sul principio di causalità nel processo civile.
I Fatti del Caso
La vicenda vedeva contrapposti uno studio legale e tributario associato e un istituto bancario in liquidazione coatta amministrativa. Lo studio professionale aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza del Tribunale di Milano. Tuttavia, in una fase successiva del procedimento, lo stesso studio ha presentato un atto formale di rinuncia al ricorso, motivandola con la “cessata materia del contendere”, ovvero il venir meno dell’oggetto della disputa.
Il punto cruciale della questione, però, è emerso quando la Corte ha rilevato che l’istituto bancario, la parte controricorrente, non aveva formalmente aderito a tale rinuncia.
La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso
Di fronte alla rinuncia presentata dalla parte ricorrente, la Corte di Cassazione ha agito in conformità con la procedura: ha dichiarato l’estinzione del giudizio di cassazione. La rinuncia, infatti, è un atto unilaterale che, di per sé, è sufficiente a porre fine al procedimento di impugnazione.
La questione non si è però esaurita qui. La mancanza di un’accettazione esplicita da parte della controricorrente ha imposto alla Corte di pronunciarsi sulla regolamentazione delle spese di lite.
Le Motivazioni: Il Principio di Causalità e le Spese Legali
La Corte ha fondato la propria decisione sull’articolo 391 del Codice di Procedura Civile e sul consolidato principio di causalità. Secondo tale principio, la parte che con il proprio comportamento ha dato causa all’estinzione del processo è tenuta a sopportarne le conseguenze economiche.
Nel caso specifico, è stata la rinuncia al ricorso dello studio professionale a determinare la fine del giudizio. Sebbene la rinuncia sia un diritto, essa non può pregiudicare la posizione della controparte che, per difendersi, ha dovuto sostenere dei costi (esborsi, onorari legali). Poiché la controparte non ha accettato la rinuncia, non ha implicitamente rinunciato al proprio diritto al rimborso delle spese sostenute.
Di conseguenza, la Corte ha stabilito che, in difetto di adesione, la condanna alle spese deve essere pronunciata nei confronti del ricorrente che ha dato causa all’estinzione. Lo studio professionale è stato quindi condannato a rimborsare all’istituto bancario le spese di lite, liquidate in € 3.200,00, oltre accessori di legge.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce una regola procedurale di fondamentale importanza pratica. La decisione di rinunciare a un ricorso deve essere attentamente ponderata, non solo per le sue conseguenze sul merito della controversia, ma anche per l’impatto economico. Prima di formalizzare una rinuncia, è sempre consigliabile cercare un accordo con la controparte che includa anche l’accettazione della stessa e, idealmente, una rinuncia reciproca alle spese legali. In assenza di tale accordo, il rinunciante deve essere consapevole che, quasi certamente, sarà tenuto a pagare i costi del giudizio sostenuti dalla parte avversaria.
Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia comporta l’estinzione del giudizio di cassazione, ponendo fine al procedimento.
Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso non accettata?
In base al provvedimento, se la controparte non accetta la rinuncia, la parte che ha rinunciato (il ricorrente) è condannata a rimborsare le spese legali sostenute dalla controparte, in applicazione del principio di causalità.
L’efficacia della rinuncia dipende dall’accettazione della controparte?
No, la rinuncia è di per sé sufficiente a causare l’estinzione del giudizio. Tuttavia, l’assenza di accettazione da parte della controparte è decisiva per determinare a chi verranno addebitate le spese processuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6763 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6763 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10981-2016 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso ;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 2487/2016 DEL TRIBUNALE DI MILANO depositata il 25/2/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/1/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che il ricorrente, con atto del 10/1/2024, ha dichiarato di rinunciare al ricorso per ‘ cessata materia del contendere ‘; considerato che non risulta che la procedura controricorrente abbia aderito alla rinuncia;
ritenuto che la rinuncia al ricorso comporta l’estinzione del giudizio di cassazione ma che, in difetto di adesione delle relative controparti, è pronunciata la condanna alle spese nei confronti del ricorrente, che vi ha dato causa (art. 391 c.p.c.).
P.Q.M.
la Corte così provvede: dichiara l’estinzione del giudizio di cassazione; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 3.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima