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Rinuncia al ricorso: quando si estingue il giudizio

Una società e alcuni privati, dopo aver presentato ricorso in Cassazione, vi hanno rinunciato. La controparte ha accettato la rinuncia. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio, chiarendo che in caso di rinuncia al ricorso accettata non si applica né la condanna alle spese, né il raddoppio del contributo unificato, in quanto quest’ultima è una misura sanzionatoria prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Effetti su Spese e Contributo Unificato

La rinuncia al ricorso è un istituto processuale che consente di porre fine a un giudizio di impugnazione in modo consensuale e strategico. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito le importanti conseguenze procedurali e fiscali di questa scelta, in particolare per quanto riguarda le spese legali e l’obbligo di versamento del doppio del contributo unificato. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare in liquidazione e alcuni privati cittadini avevano proposto ricorso per Cassazione contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello. Tuttavia, in prossimità della data fissata per l’udienza, le stesse parti ricorrenti decidevano di fare un passo indietro, presentando un atto di rinuncia al ricorso precedentemente depositato. La controparte, una società di gestione crediti, accettava formalmente la rinuncia.

La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso

Preso atto della rinuncia e della successiva accettazione, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del giudizio. La decisione, sebbene proceduralmente semplice, offre spunti di riflessione fondamentali su due aspetti economici cruciali del contenzioso: la condanna alle spese e l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua ordinanza su precise disposizioni del codice di procedura civile e su consolidati principi giurisprudenziali. Vediamo i punti chiave.

### Validità della Rinuncia e Compensazione delle Spese

In primo luogo, la Corte ha verificato la correttezza formale della rinuncia, avvenuta secondo le modalità previste dall’art. 390 c.p.c., ovvero con un atto sottoscritto dalle parti e dai loro difensori. L’aspetto più rilevante, però, riguarda le spese legali. L’art. 391, quarto comma, c.p.c., stabilisce che non si procede alla condanna alle spese se alla rinuncia aderiscono le altre parti personalmente o tramite i loro avvocati muniti di mandato speciale. Nel caso di specie, l’atto di rinuncia, che prevedeva la compensazione delle spese, è stato accettato dalla controricorrente. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato estinto il processo senza emettere alcuna statuizione sulle spese.

### L’Esclusione del Raddoppio del Contributo Unificato

Il punto centrale della pronuncia riguarda l’inapplicabilità del cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”. Questa misura, prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, impone alla parte soccombente di versare un ulteriore importo pari a quello già pagato per l’iscrizione a ruolo del ricorso.

La Cassazione ha chiarito che tale obbligo scatta solo nei casi tassativi di rigetto integrale, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. Si tratta di una misura con finalità palesemente sanzionatoria e deterrente, volta a scoraggiare le impugnazioni pretestuose. Proprio per questa sua natura eccezionale, non può essere applicata per analogia ad altre situazioni.

L’estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso non rientra in nessuna di queste ipotesi. Non vi è una valutazione negativa nel merito o un vizio procedurale dell’atto, ma solo una scelta delle parti di porre fine alla lite. Pertanto, come ribadito dalla giurisprudenza costante (incluse le Sezioni Unite), in caso di estinzione del processo, la parte che ha rinunciato non è tenuta al pagamento di alcun importo aggiuntivo.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: la rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, rappresenta una via d’uscita “pulita” dal processo di Cassazione. Permette non solo di evitare una possibile pronuncia sfavorevole nel merito, ma anche di neutralizzare due delle conseguenze economiche più gravose della sconfitta: la condanna al pagamento delle spese legali della controparte e la sanzione del raddoppio del contributo unificato. Questa decisione sottolinea l’importanza di una valutazione strategica del contenzioso, dove la rinuncia può diventare uno strumento efficace per gestire i costi e i rischi del giudizio.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione e l’altra parte accetta?
Il giudizio viene dichiarato estinto. Se nell’accordo di rinuncia e accettazione è prevista la compensazione delle spese, la Corte non emette alcuna condanna al pagamento delle spese legali.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non in caso di estinzione del giudizio per rinuncia accettata.

Quali sono i requisiti formali per una valida rinuncia al ricorso?
Secondo l’art. 390 del codice di procedura civile, la rinuncia deve essere fatta con un atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato, oppure dal solo difensore se munito di un mandato speciale che lo autorizzi specificamente a tale atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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