LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rinuncia al ricorso: quando si estingue il giudizio

Una cittadina ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello contro un istituto bancario. Successivamente, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, specificando che, in caso di rinuncia, non è dovuto il pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’, una sanzione solitamente applicata in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione. La Corte ha inoltre chiarito che non era necessaria una pronuncia sulle spese legali poiché la banca non si era costituita attivamente nel giudizio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: quando il processo si estingue senza costi aggiuntivi

La rinuncia al ricorso rappresenta un istituto fondamentale del diritto processuale civile, che consente alla parte che ha impugnato una decisione di porre fine al giudizio di secondo o terzo grado. Con l’ordinanza n. 14838 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato di grande rilevanza pratica: la rinuncia, se formalmente corretta, non solo estingue il giudizio ma esclude anche l’applicazione della sanzione del ‘doppio contributo unificato’.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dal ricorso per cassazione promosso da una cittadina avverso una sentenza della Corte di Appello di Messina, in una controversia che la vedeva contrapposta a un noto istituto bancario nazionale. Dopo l’instaurazione del giudizio dinanzi alla Suprema Corte e la fissazione dell’udienza per la discussione, la parte ricorrente depositava un atto di rinuncia al ricorso, debitamente sottoscritto.

La banca, dal canto suo, era rimasta ‘intimata’, ovvero non si era costituita attivamente nel giudizio di Cassazione per presentare le proprie difese. Questa circostanza si rivelerà decisiva per la regolamentazione delle spese processuali.

La Decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso

Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione si fonda sull’applicazione diretta dell’articolo 390 del codice di procedura civile, che disciplina proprio le modalità e gli effetti della rinuncia.

L’ordinanza affronta due questioni cruciali che conseguono all’estinzione:

1. Le spese processuali: La Corte ha stabilito che non vi era luogo a provvedere sulle spese, poiché la parte intimata non aveva svolto attività difensiva nel giudizio di legittimità.
2. Il doppio contributo unificato: La Corte ha affermato l’inapplicabilità dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002, escludendo quindi per la rinunciante l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni alla base della decisione sono chiare e lineari. In primo luogo, l’atto di rinuncia è stato ritenuto idoneo a produrre l’effetto estintivo in quanto rispettoso dei requisiti formali previsti dalla legge.

Per quanto riguarda le spese, il principio applicato è consolidato: non avendo la banca sopportato costi per difendersi in Cassazione, non sussiste alcun diritto a un rimborso. La qualifica di ‘intimata’ è appunto ciò che rileva a tal fine.

La parte più significativa della motivazione riguarda però il ‘doppio contributo unificato’. La Corte, richiamando una giurisprudenza ormai granitica (citando ben quindici precedenti dal 2015 al 2024), ha spiegato che tale sanzione ha un presupposto specifico: una valutazione negativa sull’impugnazione da parte del giudice, come il rigetto nel merito o una declaratoria di inammissibilità. La rinuncia al ricorso, invece, è un atto dispositivo della parte che preclude al giudice qualsiasi valutazione sul merito dell’impugnazione. Poiché manca una pronuncia che attesti un esito sfavorevole del ricorso, viene meno il presupposto stesso per l’applicazione della sanzione pecuniaria.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici per chiunque affronti un contenzioso. La decisione di rinunciare a un ricorso, magari a seguito di una rivalutazione delle probabilità di successo o del raggiungimento di un accordo stragiudiziale, è una scelta strategica che presenta un vantaggio economico ben preciso: evitare il rischio di condanna al pagamento del doppio contributo unificato. Questo provvedimento conferma che l’estinzione del giudizio per rinuncia è una ‘via d’uscita’ che il legislatore e la giurisprudenza tutelano, senza aggravarla con sanzioni previste per chi, invece, insiste in un’impugnazione infondata fino alla decisione finale del giudice. È una chiara indicazione dell’importanza di una gestione consapevole e strategica del processo in ogni sua fase.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia, se formalmente valida, determina l’estinzione del giudizio. Ciò significa che il processo si conclude senza che la Corte emetta una decisione sul merito della questione.

In caso di rinuncia al ricorso, il rinunciante deve pagare le spese legali alla controparte?
Non necessariamente. Come chiarito in questa ordinanza, se la controparte non si è costituita attivamente nel giudizio (rimanendo ‘intimata’), non è dovuta alcuna pronuncia sulle spese, poiché essa non ha sostenuto costi difensivi in quella fase.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito, sulla base di un orientamento consolidato, che il presupposto per il pagamento del doppio contributo unificato è una pronuncia di rigetto, inammissibilità o improcedibilità. Poiché la rinuncia impedisce al giudice di esprimere una tale valutazione, la sanzione non è applicabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati