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Rinuncia al ricorso: quando si estingue il giudizio

Due privati cittadini avevano presentato ricorso contro una società. Successivamente, hanno effettuato una rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, chiarendo che in questi casi non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: Guida alla chiusura del processo in Cassazione

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale fondamentale che consente di porre fine a una controversia in modo consensuale, evitando i tempi e i costi di un giudizio di legittimità. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di analizzare i presupposti e le conseguenze di tale atto, con particolare riferimento alla gestione delle spese legali e all’inapplicabilità del raddoppio del contributo unificato.

I Fatti del Caso: Dall’Appello alla Rinuncia

La vicenda trae origine da un ricorso per cassazione presentato da due privati cittadini avverso una sentenza della Corte d’Appello. Le parti ricorrenti contestavano la decisione di secondo grado nei confronti di una società commerciale, la quale si era costituita in giudizio depositando un controricorso. Era presente anche un’altra società, rimasta intimata senza svolgere attività difensiva.

Nel corso del procedimento dinanzi alla Suprema Corte, i difensori delle parti costituite hanno depositato telematicamente un’istanza congiunta, manifestando la volontà dei ricorrenti di rinunciare all’impugnazione e l’accettazione di tale rinuncia da parte della società controricorrente. Le parti, inoltre, hanno concordato la compensazione integrale delle spese di giudizio.

La Decisione della Corte: Estinzione del Giudizio

La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha preso atto della volontà concorde delle parti di porre fine al contenzioso. L’ordinanza si concentra su tre aspetti principali: la validità della rinuncia, la regolamentazione delle spese e l’esclusione del raddoppio del contributo unificato.

L’analisi sulla validità della rinuncia al ricorso

I giudici hanno verificato che l’atto di rinuncia e la relativa accettazione rispettassero i requisiti formali previsti dal codice di procedura civile, in particolare dagli articoli 390 e 391. La dichiarazione di rinuncia, sottoscritta dalle ricorrenti, e la dichiarazione di accettazione, firmata digitalmente dal legale rappresentante e dal difensore della società resistente, sono state ritenute pienamente valide. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio di legittimità.

La Questione delle Spese e del Contributo Unificato

La Corte ha preso atto dell’accordo tra le parti per la compensazione totale delle spese legali, astenendosi dal provvedere in merito. Un punto di particolare interesse riguarda il contributo unificato. I giudici hanno specificato che il raddoppio di tale contributo non trova applicazione nei casi di estinzione per rinuncia. Questa misura, infatti, ha natura sanzionatoria ed è prevista dalla legge solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non potendo essere estesa per analogia ad altre ipotesi.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Corte è snella e si fonda sulla constatazione della sussistenza dei presupposti di legge per dichiarare l’estinzione del processo. La rinuncia, essendo un atto dispositivo del diritto di impugnazione, una volta accettata dalla controparte costituita, produce l’effetto di chiudere irrevocabilmente il giudizio.

La Corte ha inoltre precisato un punto interessante: nell’istanza presentata si faceva erroneamente riferimento anche alla rinuncia a un ‘ricorso incidentale’ mai proposto. I giudici hanno correttamente qualificato tale menzione come un mero errore materiale, non idoneo a inficiare la chiara volontà delle parti di porre fine al ricorso principale.

Infine, la parte più significativa della motivazione riguarda il contributo unificato. Richiamando precedenti giurisprudenziali (Cass. n. 6888/2015 e n. 19562/2015), la Corte ha ribadito la natura eccezionale e sanzionatoria del raddoppio del contributo. Trattandosi di una norma di stretta interpretazione, non può essere applicata a fattispecie non espressamente previste, come appunto l’estinzione del giudizio per rinuncia.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia al Ricorso

L’ordinanza in esame conferma che la rinuncia al ricorso è uno strumento efficace per la definizione concordata delle liti pendenti in Cassazione. Le parti possono così evitare l’alea del giudizio e gestire autonomamente le spese legali. La decisione ribadisce un principio fondamentale: l’estinzione del processo per rinuncia non comporta l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato, un’informazione cruciale per le parti e i loro difensori nel valutare l’opportunità di definire la controversia in questo modo.

Cosa succede al processo se la parte che ha fatto ricorso decide di rinunciare?
Il processo si estingue. Se la rinuncia è accettata dalla controparte, come in questo caso, la Corte di Cassazione emette una declaratoria di estinzione del giudizio di legittimità, ponendo fine alla controversia a quel livello.

In caso di rinuncia al ricorso in Cassazione, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No, la Corte ha chiarito che il raddoppio del contributo unificato è una misura sanzionatoria che si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non in caso di estinzione per rinuncia.

Chi paga le spese legali quando c’è una rinuncia al ricorso?
In questo caso specifico, le parti avevano concordato la compensazione totale delle spese, quindi la Corte non ha dovuto decidere su questo punto. Generalmente, la gestione delle spese può essere oggetto di accordo tra le parti al momento della rinuncia e della sua accettazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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