Rinuncia al Ricorso: la Cassazione Chiarisce Quando si Evita il Doppio Contributo
La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può determinare la fine di un contenzioso. Ma quali sono le sue conseguenze in termini di spese e sanzioni? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante delucidazione, specificando che in caso di rinuncia non si applica il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine da un’azione legale intentata da un driver professionista contro una società di gestione di ippodromi. L’attore chiedeva il risarcimento dei danni per l’utilizzo non autorizzato della sua immagine, ripresa in migliaia di corse di cavalli e successivamente ceduta a terzi a scopo di lucro.
Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda, ritenendo la corsa di cavalli un evento di interesse pubblico. La decisione era stata confermata anche dalla Corte d’Appello, adita da un’erede che aveva acquistato il credito litigioso dall’attore originario. Contro quest’ultima sentenza, l’erede aveva proposto ricorso per Cassazione.
La Svolta Processuale: la Rinuncia al Ricorso
Durante il giudizio di legittimità, si è verificato un evento decisivo. La ricorrente è deceduta e suo figlio, in qualità di unico erede e difensore di sé stesso, ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Questo atto, notificato alla società convenuta (che non si era costituita in giudizio), ha cambiato radicalmente le sorti del processo.
La Corte di Cassazione ha quindi dovuto pronunciarsi non sul merito della controversia (la violazione del diritto all’immagine), ma sugli effetti processuali di tale rinuncia.
L’Estinzione del Giudizio e il Principio sul Doppio Contributo
L’ordinanza in esame applica direttamente gli articoli 390 e 391 del Codice di procedura civile, che disciplinano appunto la rinuncia e la conseguente estinzione del giudizio. La Corte, prendendo atto della volontà della parte ricorrente, ha dichiarato formalmente estinto il procedimento.
Il punto di maggiore interesse giuridico, tuttavia, risiede nella decisione relativa al doppio contributo unificato. Quest’ultimo è una sanzione prevista dall’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002, che obbliga la parte la cui impugnazione sia stata respinta integralmente, o dichiarata inammissibile o improcedibile, a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo già pagato.
Le Motivazioni della Corte
La Cassazione ha stabilito che il pagamento del doppio contributo non deve essere disposto nel caso di rinuncia al ricorso. La motivazione si fonda sulla ratio stessa della norma sanzionatoria. Lo scopo del doppio contributo è scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, ovvero quelle presentate senza una reale speranza di successo, al solo fine di prolungare i tempi della giustizia.
Quando un giudizio si estingue per rinuncia, la Corte non arriva mai a valutare il merito del ricorso, né la sua fondatezza. Di conseguenza, non può stabilire se l’impugnazione fosse pretestuosa o meno. Applicare la sanzione in un simile contesto sarebbe contrario allo spirito della legge. La rinuncia, infatti, è un atto che accelera la fine del processo, un effetto opposto a quello delle impugnazioni dilatorie che la norma intende punire. La Corte ha richiamato precedenti conformi (Cass. n. 13636/2015; Cass. n. 25485/2018) per consolidare questo principio.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio procedurale di notevole importanza pratica: l’estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso non fa scattare l’obbligo di versamento del doppio contributo unificato. Questa decisione offre una chiara indicazione alle parti processuali, che possono valutare l’opportunità di una rinuncia sapendo che, oltre a definire il contenzioso, eviteranno anche l’applicazione di questa specifica sanzione pecuniaria. La scelta di rinunciare, pertanto, non solo chiude la controversia ma esclude a priori l’applicazione di un meccanismo sanzionatorio pensato per contesti procedurali completamente diversi.
Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso per Cassazione?
Il giudizio si estingue, ovvero si conclude senza che la Corte emetta una decisione sul merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva, a meno che non sia stata oggetto di altri ricorsi.
In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il meccanismo sanzionatorio del doppio contributo non si applica quando il giudizio si estingue per rinuncia, poiché la sua finalità è quella di scoraggiare le impugnazioni pretestuose, valutazione che non viene fatta in caso di rinuncia.
Perché il doppio contributo non si applica in caso di rinuncia?
Perché la ratio della norma è sanzionare le impugnazioni che, dopo un esame nel merito, risultano infondate, inammissibili o improcedibili. Con la rinuncia, il giudizio si chiude prima di tale valutazione, pertanto viene a mancare il presupposto stesso per l’applicazione della sanzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 311 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 311 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3882/2023 proposto da:
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t.;
-intimata- avverso la sentenza d ella Corte d’appello di Ancona, n. 887/2022 , depositata in data 5.07.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13.12.2024 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con citazione notificata il 23.9.2014 NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Ancona la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il risarcimento dei danni per aver la convenuta e, prima, la RAGIONE_SOCIALE– di cui la RAGIONE_SOCIALE era cessi onaria dell’azienda – indebitamente ripreso integralmente la sua immagine nelle oltre 4500 corse di cavalli al trotto cui l’attore aveva partecipato come driver nell’ippodromo di S. Paolo della RAGIONE_SOCIALE, e per aver esse dato le riprese televisive a terzi, a fine di lucro, come ammesso dalla convenuta, senza il consenso dell’attore.
Il Tribunale di Fermo, a seguito della riassunzione della causa innanzi a sé, quale ufficio competente, rigettava la domanda, ritenendo che l’evento della corsa in ippodromo costituisse evento d’interesse pubblico .
Con sentenza depositata il 5.7.2022, la Corte d’appello di Ancona rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME la quale agiva quale successore a titolo particolare nel diritto controverso, avendo acquistato dall’attore il credito litigioso con atto del 21.3.2019.
Avverso tale sentenza, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. Non svolge difesa la parte intimata.
RITENUTO CHE
Preliminarmente, c on atto del 20.9.2024, l’avv. NOME COGNOME dichiarato di essere figlio ed unico erede della ricorrente, NOME COGNOME deceduta nel corso del presente giudizio di legittimità, il 16.11.2023 – ed agendo in tale qualità come difensore di sé stesso, ha depositato atto di rinuncia al ricorso nei confronti della società convenuta. L’atto è stato notificato personalmente all’intimata.
Pertanto, va dichiarata l’estinzione del giudizio ai sensi degli artt. 390 e 391 c.p.c.; nulla per le spese, data la mancata costituzione della parte intimata. Non deve disporsi il pagamento del doppio contributo, in quanto, in tema di impugnazioni, la ratio dell’art.13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose e quindi non si applica tale meccanismo sanzionatorio ai casi di inammissibilità sopravvenuta del ricorso (Cass. n. 13636/2015; Cass. n. 25485/2018).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio del 13 dicembre 2024.