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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo unificato

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione di un giudizio a seguito di una rinuncia al ricorso per cassazione formalizzata dalle parti dopo un accordo transattivo. La decisione chiarisce un punto fondamentale: in caso di rinuncia, non è dovuto il versamento del doppio contributo unificato, poiché tale sanzione si applica solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non può essere estesa per analogia.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: ecco perché non si paga il doppio contributo unificato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un chiarimento cruciale per chi affronta un contenzioso legale: la rinuncia al ricorso per cassazione, specialmente a seguito di un accordo tra le parti, non comporta il pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. Questa decisione sottolinea l’importanza degli istituti che favoriscono la composizione bonaria delle liti, evitando sanzioni procedurali.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una controversia legata a un contratto di consulenza in materia di investimenti immobiliari. Una società di consulenza finanziaria aveva citato in giudizio un ente nazionale di previdenza e assistenza. Dopo una sentenza di primo grado, la Corte d’Appello aveva riformato parzialmente la decisione, dichiarando risolto il contratto per grave inadempimento della società di consulenza, condannandola alla restituzione di somme già percepite e rigettando le sue ulteriori richieste.

Contro questa sentenza, la società aveva proposto ricorso per Cassazione. Tuttavia, nelle more del giudizio di legittimità, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo stragiudiziale per porre fine alla disputa in modo definitivo.

La Rinuncia al Ricorso per Cassazione a Seguito di Accordo

In conseguenza dell’accordo raggiunto, la società ricorrente ha formalmente depositato un atto di rinuncia al ricorso per cassazione. L’ente previdenziale, a sua volta, ha depositato un atto di accettazione della rinuncia. Entrambi gli atti sono stati sottoscritti non solo dalle parti, ma anche dai rispettivi difensori, muniti dei necessari poteri, garantendo così la piena ritualità della procedura.

Di fronte a una rinuncia ritualmente formalizzata e accettata, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà delle parti di non proseguire con il giudizio, procedendo a dichiararne l’estinzione ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile.

Le Motivazioni della Corte

Il punto centrale e di maggiore interesse dell’ordinanza risiede nella statuizione relativa al contributo unificato. La Corte ha specificato che, in caso di estinzione del giudizio per rinuncia, non si applica l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, comunemente noto come ‘raddoppio del contributo’ o ‘doppio contributo’.

Questa misura, prevista dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, ha una natura sanzionatoria e si applica solo nei casi tassativamente indicati dalla legge: rigetto integrale dell’impugnazione, o sua declaratoria di inammissibilità o improcedibilità. La Corte, richiamando un autorevole precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 4315 del 2020), ha ribadito che, trattandosi di una norma eccezionale con finalità sanzionatorie, essa è di stretta interpretazione e non può essere applicata in via analogica o estensiva a situazioni non espressamente previste, come appunto la rinuncia al ricorso per cassazione.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione conferma un principio di civiltà giuridica: gli istituti che deflazionano il contenzioso, come la transazione e la conseguente rinuncia, non devono essere penalizzati. La scelta delle parti di risolvere una lite con un accordo è vista con favore dall’ordinamento e non può essere equiparata a un esito processuale negativo come il rigetto o l’inammissibilità. In pratica, chi sceglie la via dell’accordo per porre fine a un giudizio in Cassazione ha la certezza di non incorrere nella sanzione del raddoppio del contributo unificato, un incentivo non trascurabile a perseguire soluzioni conciliative.

Cosa succede se un ricorrente rinuncia al proprio ricorso in Cassazione dopo un accordo?
Il giudizio di cassazione viene dichiarato estinto, ponendo fine alla causa in quella sede. Se la controparte accetta la rinuncia, le spese legali vengono solitamente compensate, come previsto dall’accordo tra le parti.

In caso di rinuncia al ricorso per cassazione, il ricorrente deve pagare il doppio contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato è una misura sanzionatoria che si applica solo nei casi specifici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non può essere estesa al caso di rinuncia.

Perché la rinuncia al ricorso non è equiparata al rigetto ai fini del contributo unificato?
Perché la norma che prevede il raddoppio del contributo ha carattere eccezionale e sanzionatorio. Essendo di stretta interpretazione, non può essere applicata per analogia a casi non espressamente previsti, come la rinuncia, che rappresenta una volontaria decisione delle parti di porre fine alla lite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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