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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo unificato

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione di un giudizio a seguito di rinuncia al ricorso, formalizzata dopo un accordo transattivo tra le parti. L’ordinanza chiarisce un punto fondamentale: in caso di rinuncia, non si applica l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale misura, di natura sanzionatoria, è prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione e non può essere interpretata estensivamente.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando si Evita il Raddoppio del Contributo Unificato

L’esito di un giudizio di Cassazione non si conclude sempre con una sentenza che stabilisce chi ha torto o ragione. A volte, le parti trovano un accordo e decidono di porre fine alla lite. Un’ordinanza recente della Suprema Corte analizza le conseguenze di una rinuncia al ricorso successiva a un accordo transattivo, chiarendo un aspetto economico di grande importanza: il pagamento del doppio contributo unificato.

La Vicenda Processuale: Dalla Condanna all’Accordo

Il caso nasce da un’ordinanza di un Tribunale che aveva condannato due clienti al pagamento di una cospicua somma, circa 48.000 Euro, a favore di un avvocato a titolo di compenso per l’attività professionale svolta. I clienti, ritenendo ingiusta la decisione, avevano proposto ricorso per Cassazione.

Il professionista si era difeso depositando un controricorso. Tuttavia, durante il procedimento, le parti hanno saggiamente scelto la via della conciliazione, raggiungendo un accordo transattivo stragiudiziale per risolvere la controversia in via definitiva. A seguito di tale accordo, i ricorrenti hanno formalizzato una rinuncia al ricorso, prontamente accettata dal legale.

La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Giudizio

Quando una parte rinuncia a un ricorso e la controparte accetta formalmente tale rinuncia, gli effetti processuali sono netti. Come stabilito dall’art. 391 del codice di procedura civile, il giudice non può fare altro che prendere atto della volontà delle parti e dichiarare l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si chiude senza una decisione nel merito. Una conseguenza diretta è che, salvo accordi diversi, le spese legali del giudizio di Cassazione si considerano compensate tra le parti: ciascuno paga i propri avvocati.

Le Motivazioni: Perché Non si Paga il Doppio Contributo in caso di Rinuncia al Ricorso

Il punto centrale e più interessante dell’ordinanza riguarda il cosiddetto “doppio contributo unificato”. L’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002 prevede che la parte che ha proposto un’impugnazione poi respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari a quello già pagato come contributo unificato al momento dell’iscrizione a ruolo del ricorso.

Si tratta di una misura con una chiara finalità sanzionatoria e deflattiva, volta a scoraggiare le impugnazioni pretestuose o infondate.

La Corte di Cassazione, in questa ordinanza, ribadisce un principio già affermato dalle Sezioni Unite (sent. n. 4315/2020): questa norma deve essere interpretata in modo rigoroso e non può essere applicata al di fuori dei casi espressamente previsti. I casi sono tre e tassativi: rigetto, inammissibilità e improcedibilità.

La rinuncia al ricorso non rientra in nessuna di queste categorie. È un atto volontario delle parti che porta all’estinzione del giudizio, un esito diverso da una decisione sfavorevole del giudice. Essendo una norma di natura eccezionale, quasi-sanzionatoria, non può essere oggetto di interpretazione estensiva o analogica. Pertanto, chi rinuncia all’impugnazione, anche se lo fa perché consapevole delle scarse probabilità di successo, non è tenuto a pagare questo importo aggiuntivo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Avvocati e Parti

La decisione della Suprema Corte offre un importante chiarimento con rilevanti implicazioni pratiche. Incentiva indirettamente le soluzioni transattive anche in pendenza del giudizio di Cassazione. Le parti, nel valutare l’opportunità di un accordo, possono considerare che la formalizzazione dello stesso attraverso una rinuncia al ricorso permette di evitare non solo l’incertezza di una decisione, ma anche il rischio concreto di un esborso economico aggiuntivo in caso di esito negativo. Questa interpretazione garantisce certezza del diritto e promuove una gestione più efficiente e conciliativa del contenzioso, anche nella sua fase finale.

Chi rinuncia a un ricorso in Cassazione deve sempre pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nei casi di estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso.

Perché la rinuncia al ricorso esclude il pagamento del contributo aggiuntivo?
Perché la norma che prevede tale pagamento (art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002) ha natura eccezionale e si applica solo ai casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non potendo essere interpretata in modo estensivo o analogico.

Cosa succede alle spese legali quando c’è una rinuncia al ricorso accettata dalla controparte?
Quando la rinuncia viene accettata, il giudizio si estingue e la Corte non emette alcuna pronuncia sulle spese, le quali si intendono compensate tra le parti, a meno che non abbiano stabilito diversamente nel loro accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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