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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato l’estinzione di un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte dell’appellante. La decisione sottolinea un principio fondamentale: in caso di estinzione per rinuncia, non si applica l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, come invece avviene in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione. La controparte, non essendosi costituita, non ha ottenuto una pronuncia sulle spese.

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Pubblicato il 22 luglio 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: come evitare il raddoppio del contributo unificato

Nel complesso mondo del contenzioso, la scelta di impugnare una sentenza sfavorevole è un diritto fondamentale. Tuttavia, esistono situazioni in cui, per ragioni strategiche o di opportunità, la parte che ha promosso il ricorso decide di fare un passo indietro. La rinuncia al ricorso è un istituto processuale che permette proprio questo, ma quali sono le sue conseguenze economiche? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’esenzione dal pagamento del doppio contributo unificato.

Il caso in esame: una scelta processuale strategica

La vicenda processuale ha origine dal ricorso per cassazione promosso da un soggetto avverso un decreto emesso dalla Corte d’Appello di Roma. Prima che la Suprema Corte potesse esaminare il merito della questione, la parte ricorrente ha depositato un atto formale di rinuncia al ricorso, come previsto dall’articolo 390 del codice di procedura civile. La controparte, definita ‘intimata’, non aveva svolto alcuna attività difensiva nel giudizio di legittimità. Di fronte a questa situazione, la Corte non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà del ricorrente e agire di conseguenza.

La decisione della Corte di Cassazione sulla rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Questa non è una decisione sul torto o sulla ragione delle parti, ma una pronuncia puramente processuale che chiude formalmente la causa. Poiché la parte intimata non si era costituita né aveva svolto difese, la Corte ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulla liquidazione delle spese legali. L’aspetto più significativo della decisione, tuttavia, riguarda il contributo unificato.

Le motivazioni: perché non si paga il doppio contributo?

Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.p.r. 115/2002 (Testo Unico sulle Spese di Giustizia). Questa norma prevede che la parte che ha visto la propria impugnazione respinta integralmente, o dichiarata inammissibile o improcedibile, sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato all’inizio. Si tratta di una sorta di ‘sanzione’ per aver intrapreso un’impugnazione infondata.

La Corte ha chiarito che tale raddoppio non si applica quando il giudizio si estingue per rinuncia al ricorso. La logica è stringente: la norma sanziona l’esito negativo di un giudizio di impugnazione definito nel merito o con una pronuncia che ne attesta la grave irregolarità (inammissibilità/improcedibilità). L’estinzione, invece, è un evento neutro che impedisce alla Corte di valutare la fondatezza del ricorso. Mancando il presupposto – ossia una pronuncia di rigetto, inammissibilità o improcedibilità – viene meno anche l’obbligo del pagamento aggiuntivo.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per avvocati e assistiti

Questa ordinanza conferma un importante principio di strategia processuale. Per un ricorrente che, dopo aver presentato appello, si renda conto delle scarse probabilità di successo, la rinuncia al ricorso si rivela uno strumento efficace non solo per porre fine alla lite, ma anche per contenere i costi. Rinunciare tempestivamente, prima che la controparte si costituisca e prima della decisione della Corte, permette di evitare sia la condanna alle spese legali avversarie sia, soprattutto, il raddoppio del contributo unificato. Si tratta di una scelta che richiede un’attenta valutazione del rapporto costi-benefici e che può rappresentare la soluzione più razionale per chiudere definitivamente una controversia.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
Il giudizio viene dichiarato estinto, il che significa che il processo si conclude senza che la Corte si pronunci sulla fondatezza o meno dell’impugnazione.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto in caso di rigetto o inammissibilità, non si applica quando il giudizio si estingue per rinuncia.

Cosa accade alle spese legali se la controparte non si è costituita in giudizio?
Se la parte contro cui è stato presentato il ricorso non ha svolto attività difensiva (non si è costituita), la Corte non emette alcuna pronuncia sulla condanna alle spese legali a suo favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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