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Rinuncia al ricorso in Cassazione: le conseguenze

Il caso analizza le conseguenze della rinuncia al ricorso presentato presso la Corte di Cassazione. A seguito della rinuncia volontaria da parte del ricorrente, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione sottolinea che, data la mancata costituzione in giudizio delle controparti, non è stata emessa alcuna statuizione sulle spese legali. La pronuncia si basa sui requisiti previsti dagli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi di un Decreto di Estinzione

La rinuncia al ricorso rappresenta un atto cruciale nel processo civile, con cui una parte decide di abbandonare la propria impugnazione. Questa scelta pone fine alla controversia in quel grado di giudizio, ma le sue conseguenze, soprattutto in termini di spese legali, dipendono da precise circostanze procedurali. Un recente decreto della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come viene gestita tale situazione, in particolare quando le controparti non si sono costituite in giudizio.

Il Contesto Processuale: Dall’Impugnazione alla Rinuncia

La vicenda trae origine da una sentenza emessa da una Corte d’Appello territoriale. Una delle parti, insoddisfatta della decisione, aveva proposto ricorso per Cassazione per ottenerne la riforma. Tuttavia, in una fase successiva, lo stesso soggetto ha deciso di fare un passo indietro, depositando un atto formale di rinuncia al ricorso.

Questo atto ha modificato radicalmente il percorso del processo, spostando l’attenzione della Corte dalla valutazione del merito dell’impugnazione alla verifica dei requisiti formali della rinuncia stessa.

La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso

La Suprema Corte, ricevuta la comunicazione della rinuncia, non è entrata nel merito delle questioni sollevate con l’impugnazione. Il suo compito si è limitato a verificare che l’atto di rinuncia fosse conforme a quanto stabilito dalla legge, in particolare dagli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile.

Una volta accertata la regolarità della rinuncia, i giudici hanno emesso un decreto con cui hanno dichiarato l’estinzione del giudizio di Cassazione. Questa decisione ha messo un punto fermo alla vicenda processuale, senza analizzare se i motivi del ricorso fossero fondati o meno.

La Questione delle Spese Legali

Un aspetto di grande rilevanza pratica in questi casi è la gestione delle spese legali. Di norma, la parte che rinuncia è tenuta a rimborsare le spese sostenute dalla controparte. Tuttavia, nel caso di specie, la Corte ha stabilito che nulla dovesse essere deciso in merito alle spese.

La ragione di questa scelta risiede in un dettaglio procedurale fondamentale: le parti appellate, definite ‘intimati’, non si erano mai formalmente costituite nel giudizio di Cassazione. Non avendo partecipato attivamente al processo, non avevano sostenuto spese legali difensive da rimborsare, rendendo superflua qualsiasi pronuncia sul punto.

Le Motivazioni del Decreto

Le motivazioni alla base della decisione della Corte sono strettamente procedurali. I giudici hanno richiamato l’articolo 391 del codice di procedura civile, il quale, nella sua formulazione aggiornata, permette di dichiarare l’estinzione del processo tramite un decreto snello e rapido quando vi è una rinuncia. Questa procedura semplificata è stata introdotta per accelerare la definizione dei giudizi che non necessitano di una decisione nel merito.

Il nucleo della motivazione riguarda però le spese. La Corte ha chiarito che l’assenza di costituzione in giudizio da parte degli intimati è l’elemento determinante. Poiché nessuna controparte ha svolto attività difensiva nel giudizio di legittimità, non esiste un diritto al rimborso delle spese. La decisione di non statuire sulle spese è, quindi, una diretta conseguenza del comportamento processuale delle parti appellate.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia

Il decreto esaminato offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso è uno strumento efficace per chiudere un contenzioso in modo definitivo, evitando i tempi e i costi di una decisione nel merito. In secondo luogo, evidenzia come la condanna alle spese non sia una conseguenza automatica della rinuncia. La mancata costituzione della controparte neutralizza tale obbligo, poiché non vi sono costi da rifondere. Questa dinamica può influenzare le strategie processuali, incentivando accordi transattivi che includano la rinuncia al ricorso senza aggravi economici per il rinunciante, qualora la controparte non si sia ancora costituita in giudizio.

Cosa succede quando una parte rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione, verificata la regolarità della rinuncia, dichiara l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si chiude definitivamente senza che venga emessa una decisione sul merito dell’impugnazione.

La parte che rinuncia al ricorso deve sempre pagare le spese legali alla controparte?
No, non sempre. Come dimostra questo caso, se le controparti (gli ‘intimati’) non si sono formalmente costituite in giudizio, la Corte non emette alcuna condanna alle spese, poiché non vi sono costi difensivi da rimborsare.

Qual è la base normativa che permette di dichiarare l’estinzione con un decreto?
Il fondamento è l’articolo 391 del Codice di Procedura Civile, come modificato da normative successive (in particolare il d.l. n. 68 del 2016). Questa norma consente alla Corte di utilizzare una procedura semplificata, tramite decreto, per dichiarare l’estinzione del giudizio in caso di rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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