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Rinuncia al ricorso: firma dell’avvocato necessaria

Una società ha tentato una rinuncia al ricorso in Cassazione tramite un atto firmato solo dal proprio legale rappresentante e non dal difensore. La Corte Suprema ha ritenuto tale atto inefficace per estinguere il giudizio, poiché la legge richiede la firma di entrambe le figure. Tuttavia, ha interpretato la dichiarazione come prova di una sopravvenuta carenza di interesse a seguito di un accordo transattivo, dichiarando di conseguenza il ricorso inammissibile per cessazione della materia del contendere e compensando le spese legali.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Perché la Firma dell’Avvocato è Indispensabile

La rinuncia al ricorso è un atto processuale fondamentale che pone fine a una controversia. Tuttavia, la sua validità è subordinata a requisiti di forma precisi, la cui omissione può portare a conseguenze inaspettate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce l’importanza della sottoscrizione congiunta di parte e difensore, illustrando come un vizio di forma possa trasformare un’estinzione del processo in una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

Una società, dopo aver presentato ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello, raggiungeva un accordo transattivo con le controparti. A seguito di tale accordo, veniva depositato un atto con cui la società dichiarava di voler rinunciare al ricorso e chiedeva l’estinzione del procedimento con compensazione delle spese.

Tuttavia, tale dichiarazione presentava un vizio formale cruciale: era stata sottoscritta unicamente dal legale rappresentante della società ricorrente, ma non dal suo avvocato difensore. Questo dettaglio procedurale è diventato il fulcro della decisione della Corte.

La Questione Giuridica: Validità della rinuncia al ricorso

Il Codice di Procedura Civile, all’articolo 390, secondo comma, stabilisce chiaramente che la rinuncia al ricorso deve essere sottoscritta dalla parte e dal suo difensore. Questa doppia firma garantisce che la volontà di abbandonare l’impugnazione sia consapevole e assistita tecnicamente.

La Corte si è quindi trovata a decidere quale valore attribuire a una dichiarazione di rinuncia priva della firma del legale. Poteva essere considerata valida ai fini dell’estinzione del giudizio, oppure era un atto giuridicamente inefficace? E in tal caso, quali sarebbero state le conseguenze per il processo?

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, seguendo un orientamento consolidato, ha stabilito che la rinuncia al ricorso, se sottoscritta solo dalla parte, è inidonea a produrre l’effetto tipico dell’estinzione del giudizio. La mancanza della firma del difensore costituisce un vizio insanabile che impedisce di considerare perfezionato l’atto di rinuncia.

Nonostante ciò, i giudici non hanno ritenuto l’atto completamente irrilevante. Al contrario, lo hanno interpretato come un documento probatorio di un fatto diverso: la sopravvenuta carenza d’interesse della parte ricorrente a proseguire il giudizio. L’accordo transattivo, menzionato nella stessa dichiarazione, dimostrava inequivocabilmente che le parti avevano già composto la lite, rendendo superflua una pronuncia della Corte sul merito del ricorso.

Di conseguenza, anziché dichiarare l’estinzione del processo, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per ‘sopravvenuta cessazione della materia del contendere’. Questo esito, pur portando alla fine del giudizio, si basa su un presupposto giuridico differente rispetto alla rinuncia formale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione evidenzia un principio fondamentale della procedura civile: il rispetto rigoroso delle forme non è un mero formalismo, ma una garanzia per le parti. Un atto di rinuncia al ricorso formalmente imperfetto non produce l’effetto desiderato (l’estinzione), ma viene ‘convertito’ dal giudice in una prova che conduce a un esito diverso (l’inammissibilità per cessazione della materia del contendere).

L’implicazione pratica più rilevante è la necessità, per avvocati e assistiti, di prestare la massima attenzione alla redazione e sottoscrizione degli atti processuali. In questo caso, l’esito finale è stato comunque la chiusura del contenzioso, e la Corte ha anche disposto la compensazione delle spese, accogliendo di fatto la richiesta contenuta nell’atto. Tuttavia, in altre circostanze, un errore procedurale simile potrebbe avere conseguenze ben più gravi. La sentenza ribadisce che la collaborazione e la firma congiunta tra cliente e difensore sono essenziali per la corretta gestione del processo.

Una rinuncia al ricorso in Cassazione è valida se firmata solo dalla parte?
No, l’ordinanza chiarisce che, ai sensi dell’art. 390, comma 2, del codice di procedura civile, la rinuncia al ricorso deve essere sottoscritta sia dalla parte personalmente sia dal suo difensore per essere efficace a determinare l’estinzione del giudizio.

Cosa succede se la dichiarazione di rinuncia è firmata solo dalla parte?
Anche se la rinuncia è formalmente inidonea a estinguere il processo, la Corte la considera come un documento che prova la sopravvenuta carenza di interesse della parte a proseguire l’impugnazione. Di conseguenza, il ricorso viene dichiarato inammissibile per cessazione della materia del contendere.

Come vengono regolate le spese legali in un caso come questo?
Nel caso specifico esaminato dall’ordinanza, la Corte ha disposto la compensazione delle spese del giudizio di legittimità. Questo significa che ciascuna parte si è fatta carico dei propri costi legali, senza che una dovesse rimborsare l’altra.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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