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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

Un cittadino aveva impugnato una decisione del Tribunale di Roma davanti alla Corte di Cassazione. Successivamente, ha presentato una formale rinuncia al ricorso, che è stata accettata dalla controparte, un ente religioso. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del processo. In base a questa decisione, in caso di rinuncia accettata, non vi è una condanna alle spese legali e non si applica il raddoppio del contributo unificato, poiché l’estinzione del processo non rientra tra i casi previsti dalla legge per tale sanzione.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: la Cassazione chiarisce su spese e contributo unificato

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale che consente di porre fine a una controversia in modo consensuale, evitando i tempi e i costi di un’ulteriore fase di giudizio. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce le conseguenze di tale scelta, in particolare per quanto riguarda la gestione delle spese legali e l’obbligo del raddoppio del contributo unificato.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un privato cittadino avverso un decreto emesso dal Tribunale di Roma. La controparte era un ente religioso in amministrazione straordinaria. Tuttavia, prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare il merito della questione, il difensore del ricorrente ha depositato una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso.

Questo atto, fondamentale per la risoluzione della controversia, è stato sottoscritto non solo dal legale ma anche personalmente dalla parte assistita, a garanzia della sua piena volontà. Successivamente, la controparte e il suo difensore hanno formalmente accettato tale rinuncia, manifestando il loro consenso alla chiusura anticipata del procedimento.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla rinuncia al ricorso

A fronte della rinuncia del ricorrente e della conseguente accettazione della controparte, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà concorde delle parti di non proseguire nel giudizio. Di conseguenza, con la presente ordinanza, i giudici hanno dichiarato l’estinzione del processo. Questa decisione non entra nel merito della controversia originaria, ma si limita a certificare la fine del procedimento a seguito degli atti compiuti dalle parti.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni alla base della decisione sono di natura puramente processuale e si fondano su due pilastri normativi chiari:

1. Gestione delle Spese di Lite: La Corte ha richiamato l’articolo 391, comma 4, del Codice di Procedura Civile. Questa norma stabilisce che, nel caso in cui la rinuncia al ricorso sia accettata dalla controparte, il giudice non deve emettere una pronuncia sulle spese di lite. Ciò significa che non vi è una parte “vincitrice” e una “soccombente” a cui addebitare i costi del giudizio. Generalmente, tale silenzio normativo implica che le parti abbiano raggiunto un accordo separato sulla ripartizione delle spese o che ciascuna parte si faccia carico delle proprie.

2. Esclusione del Raddoppio del Contributo Unificato: Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda il cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”. L’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002 prevede che la parte il cui ricorso viene respinto integralmente, dichiarato inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. La Corte ha specificato che l’estinzione del processo per rinuncia accettata non rientra in nessuna di queste ipotesi. Pertanto, non sussistono i presupposti per applicare questa sanzione pecuniaria al ricorrente.

Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento pratico sugli effetti della rinuncia al ricorso accettata. Questa decisione conferma che tale strumento rappresenta una via d’uscita efficiente e vantaggiosa da una controversia legale, permettendo alle parti di evitare una decisione nel merito che potrebbe essere sfavorevole. Le conclusioni principali sono due: in primo luogo, le parti possono gestire autonomamente la questione delle spese legali senza un intervento del giudice; in secondo luogo, il rinunciante non incorre nella sanzione del raddoppio del contributo unificato, un aspetto economicamente rilevante. Questa pronuncia incentiva, di fatto, la risoluzione consensuale delle liti anche nella fase più avanzata del giudizio.

Cosa succede a un processo in Cassazione se la parte che ha fatto ricorso decide di rinunciare?
Se la parte che ha presentato il ricorso (ricorrente) presenta una dichiarazione di rinuncia e la controparte (controricorrente) la accetta, il processo si estingue, cioè si conclude senza una decisione sul merito della questione.

In caso di rinuncia al ricorso accettata, chi paga le spese legali?
Secondo l’ordinanza, che si basa sull’art. 391, comma 4, c.p.c., in caso di rinuncia accettata la Corte non emette una decisione sulle spese di lite. Questo implica che ciascuna parte sostiene i propri costi, salvo diverso accordo privato tra di loro.

La rinuncia al ricorso comporta il raddoppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’estinzione del processo per rinuncia non è una delle ipotesi previste dalla legge (art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/2002) per le quali scatta l’obbligo di pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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