Rinuncia al Ricorso: Quando il Processo si Ferma e Chi Paga?
La rinuncia al ricorso è un atto processuale di fondamentale importanza che può cambiare radicalmente le sorti di un giudizio. Con un’ordinanza recente, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sugli effetti di tale atto, in particolare sull’estinzione del processo e sulla delicata questione della condanna alle spese legali. Questo provvedimento offre spunti chiari su come il sistema giudiziario gestisce l’abbandono di un’azione legale, specialmente in contesti procedurali specifici come la correzione di un errore materiale.
Il Caso: Dalla Correzione alla Rinuncia al Ricorso
La vicenda trae origine dalla richiesta di un gruppo di eredi che avevano adito la Corte di Cassazione per ottenere la correzione di un presunto errore materiale contenuto in una precedente ordinanza. Si tratta di un procedimento volto a emendare sviste o imprecisioni puramente formali, senza rimettere in discussione la sostanza della decisione.
Tuttavia, prima che la Corte potesse esaminare la richiesta nel merito, i ricorrenti stessi hanno compiuto un passo indietro, depositando un atto di rinuncia al ricorso. Di fronte a questa nuova situazione, la Corte non ha potuto fare altro che prenderne atto e valutare le conseguenze giuridiche di tale scelta.
La Decisione della Corte: Gli Effetti della Rinuncia
La Suprema Corte ha emesso un’ordinanza dal contenuto tanto sintetico quanto chiaro, delineando due principi fondamentali derivanti dalla rinuncia.
L’Estinzione del Giudizio
Il primo e più immediato effetto della rinuncia al ricorso è l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si conclude senza una decisione sul merito della questione. La Corte dichiara semplicemente che, venuto meno l’impulso della parte che lo aveva avviato, il procedimento non ha più motivo di proseguire. Si tratta di un esito fisiologico previsto dal nostro ordinamento processuale.
La Questione delle Spese Legali
Il secondo punto, spesso fonte di contenzioso, riguarda la statuizione sulle spese. In linea di principio, chi rinuncia a un’azione legale dovrebbe farsi carico delle spese sostenute dalla controparte. Tuttavia, in questo caso specifico, la Corte ha deciso diversamente. Ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese, motivando tale scelta con la particolare natura del procedimento in corso: quello per la correzione di errore materiale. A supporto di questa tesi, ha richiamato un precedente delle Sezioni Unite, sottolineando come in questi contesti la logica della soccombenza non si applichi automaticamente.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è lapidaria ma giuridicamente solida. La decisione di estinguere il giudizio è una conseguenza diretta e inevitabile della volontà espressa dai ricorrenti. La parte che ha promosso l’azione ha il potere di porvi fine attraverso la rinuncia. La controparte, in questo caso il Ministero della Giustizia, era rimasta ‘intimata’, ovvero non si era costituita attivamente nel giudizio, rafforzando la posizione della Corte.
Sulle spese, la motivazione si fonda su un principio di economia processuale e sulla natura non contenziosa del procedimento di correzione. Tale procedimento non è finalizzato a stabilire chi ha torto o ragione nel merito, ma solo a rettificare un errore. Di conseguenza, non si configura una vera e propria ‘soccombenza’ che giustifichi una condanna alle spese.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma due importanti principi di procedura civile. In primo luogo, la rinuncia al ricorso è un atto dispositivo che provoca l’immediata estinzione del processo, chiudendo definitivamente la questione. In secondo luogo, il principio ‘chi perde paga’ (soccombenza) non è assoluto e trova delle eccezioni, come nel caso dei procedimenti per correzione di errore materiale, dove la finalità non è vincere una causa ma ripristinare la correttezza formale di un atto giudiziario. Questa decisione ribadisce l’importanza di valutare la natura specifica di ogni procedimento prima di applicare regole generali in materia di spese legali.
Cosa succede quando una parte presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia al ricorso provoca l’estinzione del giudizio, ovvero la sua chiusura definitiva senza che la Corte si pronunci sul merito della questione.
La parte che rinuncia al ricorso deve sempre pagare le spese legali alla controparte?
Non sempre. Come chiarito in questa ordinanza, in procedimenti di natura particolare come quello per la correzione di errore materiale, la Corte può decidere di non statuire sulle spese, poiché non si configura una vera e propria soccombenza.
Chi è la parte ‘intimata’ in un processo?
L’intimato è la parte che riceve la notifica di un ricorso (in questo caso, in Cassazione) ma decide di non costituirsi in giudizio, rimanendo quindi passiva nel procedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25059 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso per correzione di errore materiale iscritto al n. 17670/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME, in proprio e nella qualità di eredi di COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
-intimato –
Per la correzione dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 20539/2024, pubblicata in data 24.07.2024, R.G. n. 666/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME con nota del 31/1/2025 hanno rinunciato al ricorso con il quale avevano
chiesto correggersi errore materiale omissivo nell’ordinanza di questa Corte n. 20539/2024.
La controparte è rimasta intimata.
La rinuncia determina l’estinzione del giudizio di cassazione.
Non vi è, in ogni caso, luogo a statuizione sulle spese tenuto conto della natura del procedimento di correzione (Sez. unite n. 29342/2024).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio di cassazione per intervenuta rinuncia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda