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Rinuncia al ricorso: costi e conseguenze in Cassazione

Una società di servizi idrici, dopo aver presentato ricorso in Cassazione, vi ha rinunciato. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio, condannando la società al pagamento delle spese legali. Cruciale la precisazione che in caso di rinuncia al ricorso non è dovuto il pagamento del doppio contributo unificato, essendo una misura sanzionatoria applicabile solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi delle Conseguenze su Spese e Doppio Contributo

La decisione di presentare un ricorso per Cassazione è un passo delicato, ma altrettanto strategica può essere la scelta di fare un passo indietro. La rinuncia al ricorso è un istituto processuale che consente di porre fine a un contenzioso, ma quali sono le sue esatte conseguenze, specialmente in termini di costi? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile la ripartizione delle spese legali e, soprattutto, l’inapplicabilità della sanzione del ‘doppio contributo unificato’ in questi casi.

I Fatti del Caso Processuale

Una società che gestisce il servizio idrico aveva impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione una sentenza emessa dal Tribunale di Genova. Contro tale ricorso, si erano costituiti due privati cittadini, assistiti dal proprio legale, mentre altre parti coinvolte nel giudizio di merito erano rimaste intimate, senza svolgere attività difensiva in sede di legittimità.

In una svolta processuale significativa, prima della data fissata per la discussione, il difensore della società ricorrente ha depositato una formale dichiarazione di rinuncia al ricorso, ponendo di fatto fine alla contesa.

La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso

Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Questa decisione, conforme all’articolo 391 del codice di procedura civile, chiude il processo senza entrare nel merito della questione. Tuttavia, la chiusura del giudizio non è priva di conseguenze economiche. La Corte ha infatti provveduto a regolare le spese di lite, applicando il principio della soccombenza virtuale e condannando la società rinunciante al pagamento dei compensi legali in favore dei controricorrenti che si erano attivamente difesi.

Le Motivazioni: Spese Legali e Inapplicabilità del Raddoppio del Contributo

La Corte ha articolato le sue motivazioni su due punti fondamentali.

In primo luogo, ha affrontato la questione delle spese di giudizio. La rinuncia al ricorso implica che la parte rinunciante debba farsi carico delle spese sostenute dalle controparti costituite. Questo principio si basa sull’idea che chi avvia un giudizio e poi vi rinuncia ha comunque causato un’attività difensiva (e quindi dei costi) alla controparte. Le spese sono state liquidate in 1.500,00 euro per compensi, oltre a spese forfettarie, esborsi e accessori di legge, con distrazione in favore del difensore dei controricorrenti, dichiaratosi antistatario. Nessuna spesa è stata invece disposta per le parti intimate che non avevano svolto attività difensiva.

In secondo luogo, e questo è il punto di maggiore interesse, la Corte ha escluso l’applicazione del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. L’articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002 prevede che la parte il cui ricorso sia integralmente respinto, o dichiarato inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. La Cassazione ha ribadito che questa norma ha natura eccezionale e sanzionatoria. Pertanto, deve essere interpretata in modo restrittivo e non può essere estesa per analogia a casi non espressamente previsti, come quello della rinuncia al ricorso che porta all’estinzione del giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia al Ricorso

L’ordinanza in esame offre due importanti indicazioni pratiche. La prima è una conferma: la rinuncia è un’opzione strategica per terminare un contenzioso, ma comporta la quasi certa condanna al pagamento delle spese legali della controparte attiva. La seconda è un chiarimento fondamentale: la rinuncia, pur comportando un costo, permette di evitare la sanzione del raddoppio del contributo unificato. Questa distinzione è cruciale per avvocati e assistiti nel valutare i rischi e i benefici di proseguire un’impugnazione dall’esito incerto rispetto alla possibilità di una chiusura anticipata del procedimento.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
Il giudizio si estingue, ovvero si chiude senza che la Corte emetta una decisione sul merito della questione controversa.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
Di norma, la parte che rinuncia al ricorso è condannata a pagare le spese legali sostenute dalle controparti che si sono costituite e hanno svolto attività difensiva nel giudizio.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di pagare il doppio contributo unificato è una misura sanzionatoria che si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non può essere estesa al caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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