Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi di un Decreto di Estinzione
La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale fondamentale che consente di porre fine a una controversia in modo definitivo e consensuale. Attraverso questo atto, la parte che ha impugnato una decisione decide di abbandonare la propria iniziativa, portando, in presenza di determinati presupposti, all’estinzione del giudizio. Un recente decreto della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di analizzare i meccanismi e le conseguenze pratiche di questa procedura, in particolare per quanto riguarda la gestione delle spese legali.
I Fatti del Caso
Una parte privata aveva promosso un ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano. La controversia vedeva contrapposti, oltre alla ricorrente, un altro soggetto privato, costituitosi come controricorrente, e una società, che invece era rimasta intimata, ovvero non si era costituita attivamente nel giudizio di legittimità. In corso di causa, la parte ricorrente ha formalizzato la propria rinuncia al ricorso, e tale atto è stato contestualmente accettato dalla parte controricorrente.
La Decisione della Corte di Cassazione
Preso atto della rinuncia e della relativa accettazione, la Corte di Cassazione, con un decreto snello e procedurale, ha dichiarato l’estinzione dell’intero giudizio. La Corte ha verificato che la rinuncia possedeva tutti i requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge per essere considerata valida ed efficace, procedendo quindi alla chiusura definitiva del contenzioso pendente dinanzi a sé.
Le Motivazioni della Decisione e la Rinuncia al Ricorso
Il fondamento giuridico della decisione risiede negli articoli 390 e 391 del Codice di Procedura Civile. L’articolo 390 c.p.c. disciplina la facoltà della parte di rinunciare al ricorso, mentre l’articolo 391 c.p.c., nella sua formulazione aggiornata, consente alla Corte di dichiarare l’estinzione con un decreto presidenziale, una procedura più rapida rispetto alla tradizionale sentenza emessa dal collegio.
La Corte ha ritenuto che la rinuncia fosse formalmente perfetta e, soprattutto, ha dato peso alla contestuale accettazione da parte del controricorrente. Questo elemento è stato decisivo per la statuizione sulle spese processuali. La Suprema Corte ha infatti stabilito che nulla dovesse essere deciso in merito alle spese. La ragione di questa scelta è duplice:
1. L’accettazione esplicita della rinuncia da parte del controricorrente ha creato una sorta di accordo processuale che ha precluso una condanna alle spese a carico del rinunciante.
2. La terza parte coinvolta, la società, era rimasta semplice intimata, senza costituirsi in giudizio e senza quindi sostenere costi difensivi nel procedimento di Cassazione.
In sostanza, l’accordo delle parti attive sulla chiusura del processo e l’inattività della terza parte hanno portato la Corte a non emettere alcuna pronuncia sulle spese.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Il decreto in esame, pur nella sua brevità, offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma come la rinuncia al ricorso, se accettata, sia un modo efficace per le parti di porre fine a una lite in modo concordato, evitando i tempi e i costi di un giudizio di Cassazione. In secondo luogo, evidenzia un aspetto cruciale legato alle spese legali: l’accettazione della rinuncia da parte del controricorrente è un fattore determinante per neutralizzare la potenziale condanna alle spese a carico di chi rinuncia. Questo incentiva le parti a trovare un’intesa anche sulla fase terminale del processo, gestendo in modo consensuale non solo la fine della controversia ma anche le sue conseguenze economiche. Infine, la decisione ribadisce l’efficienza della procedura semplificata prevista dall’art. 391 c.p.c., che permette di definire queste situazioni con un decreto, accelerando i tempi della giustizia.
Cosa succede quando una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il giudizio si estingue, ovvero si chiude definitivamente senza una decisione nel merito, a condizione che la rinuncia sia stata notificata alle altre parti e sia stata accettata da quelle costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione.
Perché in questo caso non è stata emessa alcuna condanna al pagamento delle spese legali?
La Corte non ha disposto nulla sulle spese perché la parte controricorrente ha esplicitamente accettato la rinuncia e l’altra parte coinvolta (l’intimato) non si era costituita in giudizio, quindi non aveva sostenuto spese difensive in questa fase.
È sempre necessaria una sentenza per dichiarare l’estinzione di un giudizio in Cassazione?
No. L’articolo 391 del Codice di Procedura Civile prevede che, in casi come la rinuncia accettata, l’estinzione possa essere dichiarata con un decreto, una procedura più agile e rapida rispetto a una pronuncia del collegio.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19690 Anno 2025
Civile Decr. Sez. 3 Num. 19690 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 16/07/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 4773/2025 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in LECCO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
contro C
nonchè RAGIONE_SOCIALEintimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n.2264/2024 depositata il 03/08/2024.
letta la rinuncia al ricorso della ricorrente e la contestuale accettazione del controricorrente;
ritenuto che la rinuncia ha i requisiti richiesti dagli articoli 390 e 391 c.p.c.;
che l’estinzione può essere dichiarata con decreto ai sensi dell’art. 391 c.p.c., come modificato dal d.l. n. 68 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 197 del 2016;
che nulla va statuito sulle spese, stante l’accettazione della rinuncia da parte del controricorrente e la mancata costituzione della parte rimasta intimata;
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione. Così deciso in Roma, il 15/07/2025.