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Rinuncia al ricorso: come estinguere il giudizio

Una società immobiliare, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro una decisione della Corte d’Appello, ha successivamente depositato un atto di rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, verificata la conformità dell’atto e l’assenza di difese da parte degli intimati, ha dichiarato l’estinzione del giudizio senza disporre sulle spese legali. Il caso evidenzia come la rinuncia al ricorso sia uno strumento per terminare una lite pendente.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando il Processo si Ferma

Nel complesso mondo della giustizia civile, non tutte le cause arrivano a una sentenza che decide chi ha torto e chi ha ragione. A volte, il percorso si interrompe prima, per volontà delle stesse parti. L’ordinanza in esame ci offre un chiaro esempio di come la rinuncia al ricorso possa determinare l’estinzione del giudizio, una soluzione che permette di porre fine a una controversia in modo definitivo. Questo strumento processuale, disciplinato dal codice di procedura civile, si rivela fondamentale quando una parte, dopo aver avviato un’impugnazione, decide di non proseguirla.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da una decisione della Corte d’Appello. Una società immobiliare aveva impugnato una sentenza di primo grado, ma la Corte d’Appello aveva dichiarato il gravame inammissibile. La ragione era puramente procedurale: l’appello era stato proposto oltre il cosiddetto “termine breve” previsto dall’articolo 325 del codice di procedura civile, un termine perentorio che decorre dalla notifica della sentenza da impugnare.

Non arrendendosi, la società immobiliare ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio, per contestare la decisione della Corte d’Appello. Tuttavia, in una fase successiva e prima che la Corte si pronunciasse nel merito, la stessa società ha cambiato strategia, depositando un “atto di rinuncia al ricorso per cassazione”.

La Decisione della Corte e la validità della rinuncia al ricorso

Di fronte a questa nuova gelişme, la Corte di Cassazione non ha dovuto esaminare se la Corte d’Appello avesse deciso correttamente o meno. Il suo compito è diventato un altro: prendere atto della volontà della parte ricorrente di abbandonare il giudizio.

La Corte ha verificato che l’atto di rinuncia fosse conforme ai requisiti formali previsti dall’articolo 390 del codice di procedura civile. Constatata la regolarità della rinuncia, e considerato che le altre parti (gli “intimati”) non si erano costituite in giudizio per difendersi, la Suprema Corte ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato l’estinzione del giudizio di cassazione.

Le Motivazioni

La motivazione alla base della decisione è semplice e lineare. Il processo civile si fonda sull’impulso di parte: se la parte che ha promosso il giudizio di impugnazione decide di fare un passo indietro in modo formale e valido, il processo non può più proseguire. L’atto di rinuncia al ricorso è una manifestazione di volontà che, se accettata (esplicitamente o, come in questo caso, implicitamente per mancata opposizione), priva il giudice del potere di decidere sulla controversia.

Un aspetto cruciale della decisione riguarda le spese legali. La Corte ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedimenti sulle spese. Questa scelta è diretta conseguenza del fatto che gli intimati non avevano svolto alcuna attività difensiva nel giudizio di Cassazione. Non essendosi costituiti e non avendo sostenuto costi per un avvocato in questa fase, non avevano diritto ad alcun rimborso. La rinuncia, quindi, ha chiuso il contenzioso senza ulteriori oneri economici per le parti in questo grado di giudizio.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento mette in luce l’efficacia della rinuncia al ricorso come strumento deflattivo del contenzioso. Permette alle parti di porre fine a una lite in modo rapido, evitando i tempi e i costi di un intero grado di giudizio. La decisione sottolinea inoltre un principio importante in materia di spese legali: queste seguono la “soccombenza virtuale” o, come in questo caso, vengono semplicemente neutralizzate quando la controparte non ha partecipato attivamente al processo. Per le parti e i loro legali, ciò rappresenta un’importante variabile da considerare nelle strategie processuali, poiché una rinuncia tempestiva può evitare l’aggravio delle spese in caso di esito sfavorevole.

Cosa succede se una parte presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione, verificata la regolarità formale dell’atto di rinuncia, dichiara l’estinzione del giudizio. Ciò significa che il processo si conclude senza una decisione sul merito della questione.

In caso di rinuncia al ricorso, chi paga le spese legali?
Nel caso specifico, la Corte non ha emesso alcun provvedimento sulle spese perché le parti intimate non si erano difese nel giudizio di cassazione. In generale, se la controparte si è costituita, la parte che rinuncia è tenuta a rimborsare le spese legali, salvo diverso accordo tra le parti.

La rinuncia al ricorso deve rispettare una forma specifica?
Sì. L’ordinanza specifica che l’atto di rinuncia è stato ritenuto valido perché conforme a quanto previsto dall’art. 390 del codice di procedura civile, il quale stabilisce le modalità e i requisiti formali per la sua presentazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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