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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?

Una società di gestione idrica, dopo due sentenze sfavorevoli riguardo la restituzione di somme per il servizio di depurazione, presenta ricorso in Cassazione. Successivamente, decide per la rinuncia al ricorso. La Corte Suprema dichiara estinto il giudizio e condanna la società rinunciante al pagamento delle spese legali, chiarendo che la rinuncia è efficace anche senza l’accettazione della controparte e che non comporta il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: Conseguenze su Spese Legali e Contributo Unificato

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che pone fine a un’impugnazione. Ma quali sono le sue esatte conseguenze, specialmente per quanto riguarda le spese legali? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo istituto, chiarendo principi fondamentali sulla sua efficacia e sugli oneri economici che ne derivano. Il caso analizzato offre spunti essenziali per comprendere la dinamica tra rinuncia, accettazione della controparte e condanna alle spese.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una controversia tra alcuni utenti e una società di gestione del servizio idrico. In primo grado, il Giudice di Pace aveva condannato la società a restituire agli utenti delle somme indebitamente versate per il servizio di depurazione delle acque reflue. La decisione era stata confermata anche in secondo grado dal Tribunale.

Non soddisfatta, la società aveva deciso di proseguire la battaglia legale, presentando ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione. Tuttavia, in prossimità dell’udienza, la stessa società ricorrente ha cambiato strategia, depositando un atto di rinuncia al ricorso.

La Decisione della Corte: Estinzione e Spese

Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La questione centrale, a questo punto, è diventata la regolamentazione delle spese legali. La Corte ha stabilito che, nonostante la rinuncia non fosse stata formalmente accettata dalla controparte (il cosiddetto controricorrente), essa era pienamente valida ed efficace.

Di conseguenza, la società rinunciante è stata condannata a pagare le spese legali sostenute dal controricorrente che si era costituito in giudizio. Per gli altri intimati che non avevano svolto attività difensiva, invece, non è stata disposta alcuna pronuncia sulle spese. Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte è stato quello relativo al raddoppio del contributo unificato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati della giurisprudenza. In primo luogo, ha ribadito che la rinuncia al ricorso non ha carattere “accettizio”, ovvero non necessita dell’accettazione della controparte per produrre i suoi effetti. Si tratta di un atto unilaterale che determina automaticamente l’estinzione del processo, salvo l’onere delle spese a carico di chi rinuncia. Questo principio si fonda sulla presunzione che chi rinuncia è la parte soccombente “virtuale”.

Per quanto riguarda le spese, la condanna è una conseguenza diretta della rinuncia. La parte che abbandona l’impugnazione deve farsi carico dei costi che la sua iniziativa processuale ha generato per la controparte costituitasi in giudizio. Nel caso specifico, le spese sono state anche “distratte” in favore dell’avvocato del controricorrente, che ne aveva fatto richiesta dichiarando di averle anticipate.

Infine, la Corte ha escluso il raddoppio del contributo unificato. Ha spiegato che questa misura, avendo natura sanzionatoria, è di stretta interpretazione e si applica solo nei casi tassativamente previsti dalla legge: rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. L’estinzione del giudizio per rinuncia non rientra in queste categorie e, pertanto, non può comportare l’applicazione di tale sanzione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un importante principio di procedura civile: chi intraprende la via dell’impugnazione e poi decide di abbandonarla deve essere consapevole delle conseguenze economiche. La rinuncia al ricorso, pur essendo un diritto, comporta la condanna automatica al pagamento delle spese legali della controparte attiva nel processo. Al contempo, offre un importante chiarimento: la rinuncia, a differenza di un esito negativo nel merito, permette di evitare la sanzione del raddoppio del contributo unificato, rappresentando una via d’uscita dal processo meno onerosa rispetto a una sconfitta.

Una rinuncia al ricorso è valida anche se la controparte non la accetta?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la rinuncia è un atto unilaterale e non ha carattere “accettizio”. Pertanto, produce i suoi effetti di estinzione del giudizio anche se il destinatario non vi aderisce formalmente.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
Le spese legali sono a carico della parte che effettua la rinuncia. Questa regola si applica per la parte avversa che si è costituita e ha svolto attività difensiva nel giudizio.

In caso di rinuncia al ricorso si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che il raddoppio del contributo unificato è una misura sanzionatoria eccezionale che si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non in caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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