Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14172 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14172 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30473/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente – contro
COMUNE DI VENAFRO, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (EMAIL), giusta procura speciale allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore.
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso n. 59/2020 depositata il 25/02/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2024
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Isernia per chiedere la condanna del Comune di Venafro al pagamento di una somma a titolo di indebito arricchimento per non averle corrisposto quanto dovuto per la custodia di 138 cani randagi catturati nel territorio del Comune e ad essa affidati con provvedimento della Procura della Repubblica.
Resisteva il Comune, eccependo, preliminarmente, l’improponibilità del ricorso per pendenza tra le medesime parti di altro procedimento avente ad oggetto identica domanda.
1.2. Con sentenza n. 809/2015 il Tribunale di Isernia dichiarava estinto il processo, stante la rinuncia alla domanda formulata da uno dei difensori della società, in allora attrice ora ricorrente, preso atto della eccezione di improponibilità per litispendenza formulata dalla controparte.
Avverso la sentenza proponeva appello la società, chiedendone la riforma, previa riqualificazione della rinuncia formulata in primo grado come rinuncia agli atti e non alla domanda.
Si costituiva resistendo il Comune di Venafro.
2.2. Con sentenza n. 66/2020 del 25 febbraio 2020 la Corte d’ Appello di Campobasso rigettava il gravame.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste il Comune con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1, cod. proc. civ.
Il resistente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione n. 4 art. 360 cod. proc. civ. per essere la sentenza stata pubblicata dopo il decesso del difensore AVV_NOTAIO‘.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione n. 3 art. 360 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 306 e 84 cod. proc. civ.’
Il primo motivo -in disparte il non marginale rilievo per cui non risulta corredato dalla ricostruzione e dalla trascrizione del contesto processuale in cui si sarebbe dovuto rilevare il decesso del difensore e dichiarare la estinzione del giudizio (nessuna menzione è svolta neppure nella parte ‘in fatto’ del ricorso’), con conseguente violazione dell’art. 366, n. 6 , cod. proc. civ.- è infondato.
Richiama infatti l’orientamento di questa Corte , senza considerare che esso fa riferimento al caso in cui il difensore sia unico ed uno soltanto (v. Cass., 03/05/2022, n. 13976; Cass., n. 23486/2021; Cass., 27643/2022), e pertanto non risulta applicabile al caso di specie, in cui invece i difensori sono due.
Il secondo motivo è infondato.
La ricorrente prospetta: a) che la sua istanza doveva essere qualificata come rinuncia agli atti e non alla domanda; b) che, una volta ricondotta la sua istanza all’alveo dell’art. 306 cod. proc. civ., il processo non doveva peraltro essere estinto, data la nullità della rinuncia agli atti in quanto il difensore difettava di procura speciale e perché la controparte costituita, il Comune di Venafro, non aveva accettato la rinuncia.
Orbene, risulta dalla lettura della sentenza impugnata che la corte d’appello ha esaminato ed interpretato il tenore ed il contenuto della dichiarazione, resa a verbale dal difensore in
relazione al contesto processuale del momento, ed è quindi pervenuta a qualificarla in termini di rinuncia agli atti; rispetto a questa valutazione in fatto, motivata in maniera congrua e scevra da vizi logico-giuridici, risulta precluso ogni ulteriore sindacato nella presente sede di legittimità (v., tra le tantissime, Cass., Sez. Un., 25/10/2013, n. 24148; Cass., 24/05/2006, n. 12362; Cass., 23/05/2014, n. 11511; Cass., 13/06/2014, n. 13485).
Priva di pregio è poi l’ulteriore censura, già sollevata in appello e rigettata dalla corte territoriale, secondo cui la rinuncia è stata effettuata da un solo difensore, e non da entrambi, con ogni conseguenza in ordine alla sua validità ed efficacia.
La corte di merito ha correttamente richiamato l’ orientamento di questa Suprema Corte , secondo cui ‘ La presenza in giudizio di più difensori della stessa parte non autorizza i medesimi a moltiplicare gli atti tipici previsti dalla legge per la difesa dell’assistito, in quanto il potere di compiere l’atto si riferisce al diritto della parte di difendersi e contraddire, che è unico anche se la parte è assistita da più avvocati ‘ (Cass., 30/11/2012, n. 21472; v. anche Cass., 06/06/2006, n. 13252: ‘ Qualora il mandato alle liti venga conferito a più difensori, ciascuno di essi, in difetto di un’espressa ed inequivoca volontà della parte circa il carattere congiuntivo, e non disgiuntivo, del mandato medesimo, ha pieni poteri di rappresentanza processuale’).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, di seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza