Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5620 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5620  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18396/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore unico p.t. RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso  dall’AVV_NOTAIO NOME  AVV_NOTAIO,  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio  di  quest’ultimo  in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3335/22, depositata il 18 maggio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 novembre 2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 22 maggio 2017, il Presidente della Corte d’appello di Roma rigettò l’istanza di riconoscimento dell’efficacia esecutiva del lodo sottoscritto a Zurigo il 31 gennaio 2017, con cui un collegio arbitrale costituito ai sensi del Regolamento UNCITRAL del 2013 aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME al pagamento di Euro 671.263,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE, a titolo di restituzione di un finanziamento di Euro 300.000,00 concesso alla RAGIONE_SOCIALE e garantito dal COGNOME.
A fondamento della decisione, il Presidente ritenne non provata la conformità del lodo all’ordine pubblico, osservando che, come risultava dall’atto, nei loro scritti difensivi i resistenti avevano affermato che il contratto di mutuo dissimulava un accordo fraudolento avente ad oggetto il riciclaggio di denaro, e reputando non convincente il ragionamento svolto nel lodo, secondo cui la controversia doveva considerarsi deferibile ad arbitri indipendentemente dalla prova del predetto delitto.
Avverso il predetto decreto propose opposizione la RAGIONE_SOCIALE, sostenendo  che  la  questione  della  conformità  del  lodo  all’ordine  pubblico avrebbe dovuto essere sollevata in sede di opposizione, ed aggiungendo che il Presidente si era indebitamente ingerito nel sindacato di merito spettante al collegio arbitrale.
Si costituì il COGNOME e resistette all’opposizione, chiedendone il rigetto.
2.1. Con sentenza del 18 maggio 2022, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’opposizione, per inosservanza del termine di cui allo art. 840, primo comma, cod. proc. civ.
Premesso che il decreto presidenziale era stato comunicato il 25 maggio 2017, mentre l’atto di opposizione era stato affidato all’RAGIONE_SOCIALE l’8 aprile 2018, la Corte ha ritenuto irrilevante la circostanza che, su richiesta dell’opponente, che aveva segnalato di non aver potuto provvedere alla notificazione, fosse stato concesso un ulteriore termine per la notifica: ha ritenuto infatti che la richiesta non integrasse un’istanza di rimessione in termini, poiché l’opponente non aveva giustificato in alcun modo l’inadempimen-
to dell’onere di provvedere alla notificazione, aggiungendo che, ai fini della conservazione degli effetti della richiesta originaria, il procedimento notificatorio avrebbe dovuto essere riattivato con immediatezza e portato a compimento senza superare il limite di tempo pari alla metà del termine accordato per l’impugnazione, salvo che non ricorressero circostanze eccezionali di cui avrebbe dovuto essere fornita la prova rigorosa. Ha escluso l’applicabilità dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ., osservando che il rispetto dei termini perentori previsti per le impugnazioni costituisce un presupposto di ammissibilità della domanda, cui la parte processualmente diligente è tenuta a prestare attenzione, sì da dover considerare come possibile sviluppo della lite la rilevazione d’ufficio dell’eventuale violazione del termine.
Avverso la predetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Il COGNOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 153, secondo comma, cod. proc. civ., sostenendo che, nell’escludere l’avvenuta proposizione di un’istanza di rimessione in termini ai fini della notificazione, la Corte d’appello non ha tenuto conto del contenuto dell’atto di opposizione, da cui emergeva una serie di circostanze idonee a dimostrare la non imputabilità dell’esito negativo della notifica. Premesso infatti di avere tempestivamente attivato il procedimento notificatorio previsto dalla Convenzione dell’Aja del 15 novembre 1965, sostiene che l’atto, da notificarsi in Serbia, era stato restituito soltanto diversi mesi dopo la richiesta, con una relata ambigua, che ne attestava soltanto apparentemente la consegna. Aggiunge che l’esito negativo della notifica era stato determinato da un errore o un falso ideologico dell’agente notificatore, il quale aveva attestato l’inesistenza dell’indirizzo indicato, presso il quale, invece, a seguito dell’acquisizione RAGIONE_SOCIALE necessarie informazioni, era stata successivamente effettuata con esito positivo la seconda notifica.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la nullità della sentenza
impugnata per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 111, sesto comma, Cost., rilevando l’illogicità e l’incongruenza della motivazione, nella parte in cui ha ritenuto che il procedimento notificatorio non fosse stato tempestivamente attivato, facendo riferimento alla data della seconda notificazione. Sostiene inoltre che la Corte d’appello ha omesso di verificare la sussistenza di circostanze eccezionali idonee a giustificare il superamento del limite di tempo concesso per la riattivazione e il compimento del procedimento notificatorio.
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., degli artt. 24 e 111 Cost, degli artt. 47 e ss. della CDFUE e dell’art. 6 della CEDU, osservando che, nel ritenere che il procedimento notificatorio non fosse stato tempestivamente riattivato, la sentenza impugnata non ha considerato che, a seguito dell’esito negativo della prima notificazione, tempestivamente richiesta il 22 giugno 2017 e non andata a buon fine per causa imputabile all’agente notificatore, si erano rese necessarie ulteriori ricerche, che avevano peraltro confermato l’esattezza dell’indirizzo originariamente indicato.
I tre motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto profili diversi della medesima questione, sono fondati.
La natura processuale della questione sollevata dalla ricorrente, per la cui risoluzione questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, consente di procedere all’esame diretto degli atti di causa, dai quali si evince che la notificazione dell’atto di opposizione, richiesta una prima volta il 22 giugno 2017 (e quindi anteriormente alla scadenza del termine di cui all’art. 825, terzo comma, cod. proc. civ., decorrente dalla comunicazione del decreto di rigetto dell’istanza di riconoscimento, effettuata il 25 maggio 2017), non andò a buon fine, essendo stato l’atto restituito in data 13 novembre 2017, con la motivazione che la consegna, tentata il 9 ottobre 2017, non aveva potuto essere effettuata per erroneità dell’indirizzo indicato. A tale tentativo non fece seguito l’immediata riattivazione del procedimento notificatorio ad opera della ricorrente, la quale attese la prima udienza del giudizio di opposizione, tenutasi il 31 gennaio 2018, per chiedere di essere autorizzata alla rinotificazione dell’atto. A seguito dell’autorizzazione, concessa nella me-
desima udienza, la ricorrente provvide a rinnovare la notificazione, richiesta in data 8 aprile 2018 ed effettuata con successo al medesimo indirizzo precedentemente indicato, tanto che l’opposto si costituì il 29 novembre 2018, in tempo per partecipare alla seconda udienza, tenutasi il 19 dicembre 2018.
Così precisato lo sviluppo concreto della vicenda processuale, non può condividersi la tesi sostenuta nella sentenza impugnata, secondo cui, pur essendo stata espressamente autorizzata dalla Corte d’appello, la rinnovazione della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio non risultava idonea ad evitare la dichiarazione d’inammissibilità dell’opposizione, in quanto effettuata dopo la scadenza del termine di cui all’art. 825, terzo comma, cod. proc. civ., non potendo trovare applicazione nella specie l’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., in ragione sia della mancata prospettazione di una causa non imputabile a giustificazione dell’inosservanza del termine, sia della mancata riattivazione del procedimento notificatorio entro un limite ragionevole di tempo.
Sotto il primo profilo, occorre rilevare che, in quanto intervenuta a termine già scaduto, l’autorizzazione alla rinnovazione della notificazione implicava un apprezzamento positivo in ordine sia alla sanabilità del vizio della precedente notifica che alla riconducibilità dell’esito negativo della stessa ad una causa non imputabile all’opponente, non suscettibile di rimeditazione in sede di decisione, a tutela dell’affidamento riposto dalla parte in ordine alla corretta instaurazione del contraddittorio sulla base RAGIONE_SOCIALE direttive impartite dalla stessa Corte d’appello. Questa Corte ha avuto infatti modo di affermare ripetutamente che il principio del giusto processo, sancito dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6, par. 1, della CEDU, esige che le regole processuali siano interpretate ed applicate in modo da assicurare non solo l’efficienza del servizio giustizia, ma anche l’accessibilità del giudice in un quadro di trasparenza e prevedibilità del modo di esercizio e di svolgimento della funzione giurisdizionale, e non tollera quindi una decisione a sorpresa d’inammissibilità dell’impugnazione derivante dalla ritenuta non ritualità di modalità di rinnovo della notifica dell’atto di gravame dal giudice stesso precedentemente prescritte in sede di adozione, nel corso del medesimo procedimento, di un provvedimento interlocutorio di direzione pratica del processo (cfr. Cass., Sez. I, 10/01/2017,
n. 279; Cass., Sez. II, 12/05/2014, n. 10273). Tale principio, enunciato in riferimento all’ipotesi in cui risultino erronee le modalità indicate dal giudice ai fini della rinnovazione della notificazione, deve ritenersi applicabile anche alla fattispecie in esame, caratterizzata dall’insuccesso della prima notifica, la cui non imputabilità alla ricorrente, valutata positivamente dall’ordinanza interlocutoria che ne ha autorizzato la ripetizione, ha trovato conferma nell’esito di quest’ultima, che, in quanto effettuata con successo al medesimo indirizzo presso cui era stata vanamente tentata in precedenza la consegna dell’atto, consente di escludere che il luogo indicato nell’originaria richiesta fosse privo di qualsiasi collegamento con il destinatario.
Sotto il secondo profilo, si osserva invece che il ritardo nella riattivazione del procedimento notificatorio, avvenuta soltanto a seguito dell’autorizzazione concessa dalla Corte d’appello, trova giustificazione per un verso nella complessità degli adempimenti connessi alle notifiche da effettuarsi all’estero e nel lungo periodo di tempo (più di cinque mesi) trascorso tra la presentazione della prima richiesta e la restituzione dell’atto, e per altro verso nella difficoltà RAGIONE_SOCIALE ricerche da effettuarsi per l’individuazione dell’esatto indirizzo del destinatario, la cui collocazione all’estero, unitamente alla situazione d’incertezza determinata dal risultato del primo tentativo, ha reso ancor più ardua la rinnovazione della notifica. In quest’ottica, non può ritenersi condivisibile il richiamo della sentenza impugnata al principio, enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere gli atti necessari al suo completamento con tempestività, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 15/07/2016, n. 14594; Cass., Sez. I, 21/08/2020, n. 17577; Cass., Sez. VI, 9/08/2018, n. 20700). Premesso infatti che l’applicabilità di tale principio può essere esclusa in presenza di circostanze eccezionali, RAGIONE_SOCIALE quali occorre dare la prova rigorosa, che consentano al notificante incolpevole di conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria anche se abbia riattivato il processo notificatorio senza il rigoroso rispetto del limite di
tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 cod. proc. civ., si è precisato che tra le stesse può annoverarsi anche la condotta dell’agente notificatore, che, come nella specie, abbia fornito attestazioni ideologicamente errate circa la non effettività del domicilio del destinatario, rimasto invece inalterato e positivamente riscontrato da altro agente notificatore in un successivo accesso (cfr. Cass., Sez. V, 16/09/2021, n. 25037).
5. Il decreto impugnato va pertanto cassato, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, che provvederà, in diversa compo-