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Rimborso spese viaggio: il diritto dell’autista

La Cassazione ha confermato il diritto di un autista a ottenere il rimborso spese viaggio per l’uso del proprio veicolo per raggiungere una nuova e più distante sede di lavoro imposta dall’azienda. Un accordo sindacale che prevedeva un compenso forfettario è stato interpretato come retribuzione per il tempo di viaggio aggiuntivo (lavoro straordinario) e non come un rimborso dei costi di trasporto, lasciando intatto il diritto del lavoratore a vedersi rimborsate le spese secondo il Contratto Collettivo Nazionale.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rimborso spese viaggio: spetta anche per raggiungere la nuova sede di lavoro

Il rimborso spese viaggio è un diritto del lavoratore quando l’azienda, per proprie esigenze, modifica la sede di lavoro costringendo il dipendente a spostamenti più lunghi e onerosi con il proprio mezzo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6283/2024, ha chiarito che un accordo aziendale forfettario non esclude necessariamente questo diritto se la sua natura è retributiva e non risarcitoria. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Il Trasferimento del Piazzale di Sosta

Un autista di una grande società di trasporti e logistica aveva come sede di lavoro originaria una determinata città. A un certo punto, l’azienda decideva di attrezzare un nuovo piazzale per la sosta dei mezzi pesanti in una località distante circa 70 km dalla sede originaria. Di conseguenza, all’autista veniva richiesto di iniziare il proprio turno di lavoro da questa nuova postazione.

Per gestire la transizione, veniva siglato un accordo con le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) che prevedeva un compenso di 11,50 euro per alcune giornate lavorative svolte presso la nuova sede. Tuttavia, il lavoratore riteneva che tale importo non coprisse le spese vive sostenute per recarsi ogni giorno, con la propria automobile, presso il nuovo piazzale. Decideva quindi di agire in giudizio per ottenere il rimborso chilometrico.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, dava ragione al lavoratore. I giudici territoriali hanno stabilito che il tempo impiegato per lo spostamento costituiva orario di lavoro e che l’emolumento previsto dall’accordo sindacale doveva essere considerato una forma di retribuzione per lavoro straordinario, come dimostrato dal suo trattamento in busta paga ai fini fiscali e previdenziali.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto applicabile l’articolo 28 del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizioni, che prevede specificamente un’indennità per l’uso del mezzo proprio nell’interesse aziendale. Poiché l’accordo aziendale non disciplinava il rimborso delle spese, ma solo una compensazione per il tempo, il diritto al rimborso chilometrico rimaneva pienamente valido.

L’Analisi della Cassazione sul rimborso spese viaggio

L’azienda ha impugnato la sentenza in Cassazione, sostenendo che l’accordo aziendale dovesse prevalere e che l’art. 28 del CCNL non fosse applicabile, in quanto il lavoratore non usava l’auto ‘per eseguire la prestazione lavorativa’, ma solo per recarsi sul posto di lavoro.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione d’appello. Il punto centrale non è se il tempo di viaggio sia formalmente ‘orario di lavoro’, ma se lo spostamento avvenga su direttiva e nell’interesse dell’azienda. Poiché era stata la società a decidere unilateralmente di spostare il luogo di inizio della prestazione, costringendo il dipendente a sostenere costi aggiuntivi, l’uso del mezzo proprio rientrava a pieno titolo nella logica del rimborso previsto dal contratto nazionale.

Le Motivazioni

La ratio decidendi della Corte si fonda su due pilastri. In primo luogo, l’interpretazione dell’art. 28 del CCNL non richiede che il mezzo privato sia usato ‘durante’ la mansione (come un agente di commercio in visita ai clienti), ma si applica a ogni ‘lavoratore che usa un mezzo di trasporto’ per esigenze connesse all’attività lavorativa, su richiesta aziendale. Lo spostamento verso una sede diversa da quella contrattuale, imposto dal datore, rientra in questa casistica.

In secondo luogo, la Cassazione ha ritenuto inammissibili i motivi volti a contestare l’interpretazione dell’accordo aziendale fornita dalla Corte d’Appello. L’accertamento della volontà delle parti contrattuali è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere rivista in sede di legittimità, a meno di vizi logici o violazioni delle regole di ermeneutica. La Corte territoriale aveva plausibilmente concluso che l’accordo del 2014 mirava a compensare il tempo in più, non le spese, e questa interpretazione, essendo logica e ben motivata, non poteva essere messa in discussione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale a tutela dei lavoratori: se il datore di lavoro modifica unilateralmente il luogo della prestazione, imponendo spostamenti più onerosi, è tenuto a rimborsare i costi sostenuti dal dipendente. Un accordo sindacale che prevede un compenso forfettario non estingue tale diritto se non è esplicitamente qualificato come rimborso spese. Per le aziende, emerge la necessità di redigere accordi di secondo livello con estrema chiarezza, specificando la natura delle somme erogate (retributiva o risarcitoria) per evitare future contestazioni.

Se l’azienda mi chiede di iniziare a lavorare da una sede più lontana, ho diritto al rimborso delle spese di viaggio?
Sì. Secondo questa ordinanza, quando lo spostamento verso una sede diversa da quella pattuita avviene su direttiva e nell’interesse dell’azienda, il lavoratore ha diritto al rimborso per l’uso del proprio veicolo, in applicazione del Contratto Collettivo Nazionale.

Un accordo sindacale aziendale può eliminare il diritto al rimborso spese previsto dal CCNL?
No, se l’accordo aziendale viene interpretato come una compensazione per il maggior tempo di viaggio (quindi come retribuzione per lavoro straordinario) e non come un esplicito rimborso dei costi di trasporto. La natura e lo scopo del compenso previsto dall’accordo sono determinanti.

Il rimborso per l’uso dell’auto spetta solo se la uso per le mie mansioni, come visitare clienti?
No. La Corte ha stabilito che il diritto al rimborso, secondo la norma del CCNL applicata, sorge anche quando il lavoratore è costretto a usare il proprio mezzo per raggiungere un luogo di lavoro imposto dall’azienda, diverso e più distante da quello originario, poiché tale utilizzo è funzionalmente connesso al lavoro e avviene nell’interesse aziendale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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