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Rimborso spese test Covid: a chi spetta pagare?

Un docente ha richiesto al Ministero dell’Istruzione il rimborso delle spese per i test Covid necessari ad ottenere la certificazione verde per accedere al luogo di lavoro. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il costo dei test non è a carico del datore di lavoro. La motivazione si basa sul fatto che l’obbligo della certificazione verde era una misura di sanità pubblica generale, non specificamente di sicurezza sul lavoro. Pertanto, il costo per il rimborso spese test, quale alternativa alla vaccinazione, ricade sul lavoratore che ha scelto di non vaccinarsi.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rimborso Spese Test Covid: La Cassazione Stabilisce Chi Paga

Durante il periodo più intenso della pandemia da COVID-19, l’introduzione della ‘certificazione verde’ (o Green Pass) ha sollevato numerosi interrogativi, specialmente in ambito lavorativo. Una delle questioni più dibattute è stata: chi deve sostenere i costi dei tamponi per i lavoratori non vaccinati? La recente sentenza della Corte di Cassazione fa finalmente chiarezza, stabilendo che il rimborso spese test non è a carico del datore di lavoro. Analizziamo insieme la decisione e le sue motivazioni.

I Fatti del Caso

Un docente di scuola media superiore si è rivolto al tribunale per ottenere dal Ministero dell’Istruzione il rimborso delle spese sostenute per i test antigenici necessari a ottenere la certificazione verde, requisito indispensabile per accedere al luogo di lavoro nel settembre 2021. Oltre al rimborso, il docente chiedeva che il tempo impiegato per effettuare i test fosse considerato orario di lavoro retribuito. La sua richiesta, tuttavia, è stata respinta sia in primo grado che in appello.

La Tesi del Lavoratore: Sicurezza sul Lavoro vs. Salute Pubblica

Il ricorrente basava la sua pretesa sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008). Secondo questa tesi, il costo per garantire un ambiente di lavoro sicuro, inclusi eventuali test sanitari, dovrebbe gravare interamente sul datore di lavoro. In quest’ottica, il test antigenico era visto come una misura di protezione imposta per poter svolgere la propria mansione, e quindi il relativo costo doveva essere rimborsato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul rimborso spese test

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su una distinzione cruciale tra le misure di sicurezza sul lavoro e le misure di sanità pubblica emanate durante l’emergenza pandemica.

I giudici hanno chiarito che l’obbligo di possedere la certificazione verde, introdotto con il d.l. 52/2021, non era una misura specifica per la sicurezza del singolo posto di lavoro, ma una misura di carattere generale volta a tutelare la salute pubblica e a contenere la diffusione del virus in tutti gli ambiti della vita sociale, non solo in quello lavorativo. L’obbligo, infatti, si estendeva a ristoranti, palestre, cinema e molte altre attività.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un aspetto fondamentale: il test antigenico rappresentava un’alternativa alla vaccinazione, offerta gratuitamente dal sistema sanitario. La scelta di non vaccinarsi e di ricorrere al test era una decisione personale del lavoratore. La possibilità di presentare l’esito del tampone era concessa nell’esclusivo interesse del lavoratore che desiderava evitare la vaccinazione, permettendogli così di non incorrere nella sospensione dal servizio. Di conseguenza, non si può invocare il principio secondo cui le spese sostenute nell’interesse del datore di lavoro debbano essere da quest’ultimo rimborsate. Il costo del test, quindi, deriva da una scelta individuale del prestatore di lavoro e non da un obbligo imposto dal datore per finalità di sicurezza aziendale.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio chiaro: i costi sostenuti dal lavoratore per i test antigenici necessari ad ottenere il Green Pass non sono rimborsabili dal datore di lavoro. Questa decisione si basa sulla natura di sanità pubblica, e non di sicurezza sul lavoro, della normativa emergenziale. La scelta di sottoporsi al test, quale alternativa alla vaccinazione, è stata considerata una facoltà esercitata nell’interesse esclusivo del lavoratore. Questa pronuncia chiude definitivamente una questione a lungo dibattuta, fornendo un orientamento giuridico consolidato per casi simili.

Il datore di lavoro è obbligato a rimborsare il costo dei test antigenici necessari per ottenere la certificazione verde (Green Pass)?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il costo dei test è a carico del lavoratore, in quanto la normativa sulla certificazione verde era una misura di sanità pubblica generale e non una specifica misura di sicurezza sul lavoro a carico del datore.

La normativa sulla certificazione verde rientra nelle misure di sicurezza sul lavoro previste dal D.Lgs. 81/2008?
No. Secondo la sentenza, le disposizioni sulla certificazione verde non sono assimilabili alle misure che il datore di lavoro deve adottare per garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro ai sensi del D.Lgs. 81/2008, poiché perseguivano la finalità più ampia di tutelare la salute pubblica in tutti i contesti sociali.

Perché il costo del test è considerato a carico del lavoratore e non del datore di lavoro?
Il costo è a carico del lavoratore perché il test rappresentava un’alternativa alla vaccinazione (gratuita). La scelta di non vaccinarsi e di ricorrere al tampone è stata considerata una decisione personale del lavoratore, presa nel suo esclusivo interesse per evitare la sospensione dal lavoro, e non un obbligo imposto dal datore per finalità aziendali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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