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Rimborso spese mezzo proprio: spetta al lavoratore?

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un autista a ricevere il rimborso spese mezzo proprio per recarsi in una sede di lavoro diversa da quella contrattuale. La Suprema Corte ha chiarito che l’indennità forfettaria prevista da un accordo aziendale copriva il tempo di viaggio come lavoro straordinario, ma non escludeva il diritto al rimborso delle spese vive per l’uso dell’auto, come previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rimborso spese mezzo proprio: spetta anche con un accordo aziendale?

Il tema del rimborso spese mezzo proprio è una questione frequente nel diritto del lavoro, specialmente quando le esigenze aziendali richiedono ai dipendenti di spostarsi in luoghi diversi dalla sede abituale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6278/2024, offre chiarimenti cruciali sulla distinzione tra compenso per il tempo di viaggio e rimborso per i costi sostenuti, anche in presenza di accordi sindacali aziendali. Analizziamo insieme questo caso per capire i principi affermati dai giudici.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un autista di una grande società di trasporti, la cui sede di lavoro contrattuale era stabilita in una città del nord Italia. A un certo punto, l’azienda ha attrezzato un nuovo piazzale operativo in un’altra località, distante circa 70 km. Al lavoratore, insieme ad altri colleghi, veniva richiesto di recarsi in questa nuova sede utilizzando il proprio veicolo personale.

Per regolamentare questa nuova situazione, era stato stipulato un accordo sindacale aziendale che prevedeva un compenso forfettario settimanale per i giorni in cui i lavoratori si spostavano verso la nuova sede. L’azienda considerava tale compenso onnicomprensivo. Il lavoratore, tuttavia, riteneva di avere diritto a un rimborso specifico per le spese chilometriche sostenute con la propria auto, come previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del settore Logistica e Trasporti. Il Tribunale di primo grado aveva respinto la sua richiesta, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, riconoscendo il diritto del dipendente al rimborso. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale dell’analisi dei giudici è stata l’interpretazione dell’accordo aziendale alla luce delle disposizioni del CCNL.

La Corte ha evidenziato che l’accordo aziendale non disciplinava il rimborso spese mezzo proprio, ma piuttosto compensava il disagio e il tempo extra impiegato dai lavoratori per raggiungere la sede più lontana. Questo emolumento, infatti, veniva trattato in busta paga come lavoro straordinario a livello fiscale e previdenziale. Si trattava, quindi, di una retribuzione per una prestazione lavorativa (il tempo di viaggio), non di un rimborso per i costi sostenuti.

Il rimborso spese mezzo proprio nel CCNL

La Cassazione ha affermato la piena applicabilità dell’articolo 28 del CCNL Logistica e Trasporti. Tale articolo prevede specificamente un’indennità per l’uso del mezzo proprio nell’interesse aziendale, da determinarsi come indennità mensile o come rimborso chilometrico. Secondo la Corte, lo spostamento verso la nuova sede, richiesto da una direttiva aziendale e nell’interesse dell’azienda stessa, rientrava pienamente in questa fattispecie.

L’azienda sosteneva che la norma si applicasse solo quando il mezzo proprio è usato per eseguire la prestazione lavorativa (es. un rappresentante che visita clienti). La Corte ha respinto questa interpretazione restrittiva, ritenendo che la norma si estende anche al caso del lavoratore che, su direttiva aziendale, deve usare il proprio veicolo per raggiungere un luogo di lavoro diverso da quello pattuito, essendo funzionalmente connesso al lavoro da svolgere.

Le Motivazioni

La ratio decidendi della sentenza si fonda sulla netta distinzione tra due diversi istituti: la retribuzione per il tempo di lavoro e il rimborso delle spese. L’accordo aziendale, secondo la corretta interpretazione dei giudici di merito, aveva lo scopo di remunerare il tempo impiegato per il viaggio, qualificandolo di fatto come orario di lavoro straordinario. Questo, però, non poteva assorbire o escludere il diritto del lavoratore a vedersi rimborsate le spese vive (carburante, usura del veicolo, etc.) sostenute per effettuare quello stesso viaggio nell’interesse dell’azienda. Tale diritto trova la sua fonte autonoma nel CCNL, che prevale in quanto l’accordo aziendale non ha disciplinato specificamente la materia del rimborso spese, ma solo quella della retribuzione del tempo.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso con cui l’azienda tentava di fornire una diversa interpretazione dell’accordo aziendale. L’interpretazione dei contratti, sia individuali che collettivi, è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e non può essere ridiscusso in sede di legittimità se la valutazione fornita è plausibile e logicamente motivata, come nel caso di specie.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un principio fondamentale a tutela dei lavoratori: il compenso per il tempo di viaggio e il rimborso spese mezzo proprio sono due diritti distinti e cumulabili, a meno che un accordo (individuale o collettivo) non preveda espressamente una diversa regolamentazione. L’uso del veicolo privato per esigenze aziendali, anche se solo per raggiungere una diversa sede di lavoro, genera un costo per il dipendente che l’azienda è tenuta a ristorare sulla base delle previsioni del CCNL applicabile. Le aziende devono quindi prestare molta attenzione nella stesura degli accordi sindacali, chiarendo in modo inequivocabile la natura e la funzione degli emolumenti erogati per evitare contenziosi futuri.

Quando un lavoratore ha diritto al rimborso spese per l’uso del proprio veicolo?
Secondo la sentenza, il lavoratore ha diritto al rimborso quando, su direttiva aziendale e nell’interesse dell’azienda, utilizza il proprio mezzo per recarsi in un luogo di lavoro diverso da quello originariamente pattuito, sostenendo delle spese. Questo diritto deriva dalla specifica previsione del CCNL di settore.

Un accordo aziendale può escludere il rimborso spese previsto dal CCNL?
Un accordo aziendale può disciplinare la materia, ma nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che l’accordo non regolasse il rimborso spese, bensì la retribuzione per il tempo di viaggio come straordinario. Pertanto, non escludeva né assorbiva il diritto al rimborso spese previsto da una diversa fonte, ovvero il CCNL.

Il tempo di viaggio per raggiungere una sede diversa è considerato orario di lavoro?
Nel caso specifico, la Corte d’Appello, con una valutazione confermata implicitamente dalla Cassazione, ha considerato il tempo di spostamento come orario di lavoro. Ciò è stato dedotto dal fatto che il compenso previsto dall’accordo aziendale era stato trattato, a fini fiscali e previdenziali, come retribuzione per lavoro straordinario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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