Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5467 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 5467  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18304/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale  rappresentante  pro tempore,  con  diritto  di  ricevere  le  notificazioni  presso  la  PEC dell’avvocato  COGNOME  NOME,  che  la  rappresenta  e difende
-ricorrente- contro
COGNOME NOME, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC  dell’avvocato  COGNOME  NOME,  che  la  rappresenta  e difende
-controricorrente- avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  RAGIONE_SOCIALE  n.  547/2023 pubblicata il 10/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
 La  Corte  d’appello  di  RAGIONE_SOCIALE,  con  la  sentenza  n.547/2023 pubblicata  il  10/03/2023,  ha  accolto  il  gravame  proposto  da NOME COGNOME nella controversia con la RAGIONE_SOCIALE.
La controversia ha per oggetto il rimborso delle spese sostenute dalla  dottoressa  COGNOME -dirigente  biologa  con  rapporto  di  lavoro subordinato a tempo indeterminato con la RAGIONE_SOCIALE– per l’iscrizione alla sezione RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE dei biologi ex art.2 legge n.396/1976.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava le domande proposte dalla COGNOME.
La corte territoriale, nel riformare integralmente la sentenza appellata, ha ritenuto che il diritto al rimborso trovasse fondamento, in via analogica, nei principi di diritto statuiti da questa Corte con riferimento alle spese sostenute dagli avvocati degli uffici legali di enti pubblici per l’iscrizione nell’elenco RAGIONE_SOCIALE annesso all’RAGIONE_SOCIALE degli avvocati. La corte territoriale, sulla base di questa premessa, ha ritenuto che la spesa di iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE dei biologi fosse stata sostenuta nell’interesse esclusivo del datore di lavoro, e dunque rimborsabile.
 Per  la  cassazione  della  sentenza  ricorre  la  RAGIONE_SOCIALE,  con  ricorso affidato  ad  un  unico  motivo.  La  dottoressa  COGNOME  resiste  con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Con  l’unico  motivo  la  RAGIONE_SOCIALE  ricorrente  lamenta  la  violazione  e/o falsa applicazione degli artt.2 e 47 della legge n.396/1976 e degli artt.2, 15 e 21 della legge n.247/2012.
 La  ricorrente  sostiene  che  l’iscrizione  all’RAGIONE_SOCIALE  dei  biologi  sia condizione  necessaria  per  l’esercizio  della  professione,  che  deve preesistere  anche  alla  instaurazione  di  un  rapporto di lavoro
subordinato  in  regime  di  esclusiva  con  un  ente  pubblico,  ed  in difetto della quale il rapporto non può instaurarsi.
3. Il motivo è fondato.
Con riferimento alla questione del rimborso delle spese sostenute per l’iscrizione negli albi speciali per l’esercizio di una professione protetta alle dipendenze di lavoro pubblici, ed in particolare con riferimento alla questione del rimborso delle spese per l’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE professionale RAGIONE_SOCIALE, questa Corte ha ritenuto che: «Diverso è il contesto normativo che viene in rilievo in relazione alla professione infermieristica, in ordine alla quale la disciplina succedutasi nel tempo, seppure improntata al rispetto del dovere di esclusività sancito dall’art. 98 Cost., ammette, alle condizioni richieste dall’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e dalle leggi speciali, l’esercizio dell’attività libero professionale, consentito, oltre che nei casi di part time rispondente ai requisiti fissati dalla legge n. 662/1996, anche per prestazioni aggiuntive (d.l. n. 402/2001) e per le attività di supporto all’attività libero professionale in intramoenia. L’art. 53, inoltre, pur rinviando alla disciplina dettata dal d.P.R. n. 3/1957, che comporta il divieto di svolgere altra attività caratterizzata da continuità e professionalità, consente che, previa autorizzazione del datore di lavoro, possano essere accettati incarichi retribuiti, ove non sorga conflitto di interesse con l’ente di appartenenza, sicché la normativa, diversamente da quanto si riscontra per la professione forense, non contiene un divieto assoluto di compimento degli atti tipici dell’attività infermieristica al di fuori del rapporto di impiego, con la conseguenza che l’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE, che è condizione necessaria per l’esercizio di quell’attività, non si può ritenere imposta dal legislatore nel solo interesse del datore di lavoro pubblico. Il richiamato art. 53, che va letto in combinato disposto con le disposizioni di legge alle quali lo stesso rinvia, opera una distinzione fra attività vietate in modo assoluto, attività consentite in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi
richiesti dal legislatore, incarichi soggetti ad autorizzazione. L’esercizio della professione di avvocato in favore di terzi da parte del dipendente pubblico rientra fra le attività che in nessun caso sono consentite, di tal ché l’iscrizione all’elenco RAGIONE_SOCIALE non può che soddisfare unicamente l’interesse del datore, mentre non altrettanto può dirsi per le altre professioni intellettuali, ed in particolare per quella infermieristica, consentite ai dipendenti part time nonché, nelle ipotesi di incarichi che rispondano ai requisiti di legge, previa autorizzazione del datore» (Cass. 04/11/2022 n.32589).
Avuto riguardo a questo principio di diritto, al quale si intende dare continuità, occorre pertanto accertare se al dirigente biologo in regime di esclusività ex art.15 quater d.lgs. n.502/1992 sia vietato in modo assoluto il compimento degli atti tipici dell’attività professionale al di fuori del rapporto di impiego. Solo in questo caso potrebbe ritenersi che l’iscrizione nell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sia imposta dal legislatore nel solo interesse del datore di lavoro pubblico, e dunque debba da questi essere sostenuta.
 Lo  svolgimento  di  attività  libero  professionale  da  parte  dei dirigenti  biologi  in  regime  di  esclusività  è  consentito  sia  dalle disposizioni dettate dalle fonti primarie che dalle disposizioni dettate dalla contrattazione collettiva.
 Con  riferimento  alle  fonti  primarie,  la  materia  è  disciplinata  in termini  generali  dall’art.15  quinquies  d.lgs.  502/1992  (recante: «Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari»).  I  commi  secondo  e  terzo  della  disposizione  in  esame prevedono  che:  «2.  Il  rapporto  di  lavoro  esclusivo  comporta l’esercizio dell’attività professionale nelle seguenti tipologie:
il diritto all’esercizio di attività libero professionale individuale, al di fuori dell’impegno di servizio, nell’ambito delle strutture aziendali individuate dal direttore generale d’intesa con il collegio di
direzione;  salvo  quanto  disposto  dal  comma  11  dell’articolo  72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;
la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a pagamento  svolta  in  equipe,  al  di  fuori  dell’impegno  di  servizio, all’interno delle strutture aziendali;
la possibilità di partecipazione ai proventi di attività, richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in equipe, al di  fuori  dell’impegno  di  servizio,  in  strutture  di  altra  azienda  del Servizio sanitario nazionale  o  di altra struttura sanitaria  non accreditata, previa convenzione dell’azienda con le predette aziende e strutture;
la possibilità di partecipazione ai proventi di attività professionali, richieste a pagamento da terzi all’azienda, quando le predette attività siano svolte al di fuori dell’impegno di servizio e consentano la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, sentite le equipes dei servizi interessati. Le modalità di svolgimento delle attività di cui al presente comma e i criteri per l’attribuzione dei relativi proventi ai dirigenti sanitari interessati nonché al personale che presta la propria collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in conformità alle previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro. L’azienda disciplina i casi in cui l’assistito può chiedere all’azienda medesima che la prestazione sanitaria sia resa direttamente dal dirigente scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito medesimo, in relazione alle particolari prestazioni sanitarie richieste o al carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e l’assistito con riferimento all’attività libero professionale intramuraria già svolta individualmente o in equipe nell’ambito dell’azienda, fuori dell’orario di lavoro.
 Per  assicurare  un  corretto  ed  equilibrato  rapporto  tra  attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine
anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa, l’attività libero professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti istituzionali. La disciplina contrattuale nazionale definisce il corretto equilibrio fra attività istituzionale e attività libero professionale nel rispetto dei seguenti principi: l’attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero professionale, che viene esercitata nella salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari per i compiti istituzionali; devono essere comunque rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali ed i tempi di attesa concordati con le equipe; l’attività libero professionale è soggetta a verifica da parte di appositi organismi e sono individuate penalizzazioni consistenti anche nella sospensione del diritto all’attività stessa, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma o di quelle contrattuali».
Il  comma  secondo  dell’art.15  quinquies d.lgs.  n.502/1992 consente  ai  dirigenti  sanitari,  e  tra  essi  ai  dirigenti  biologi,  lo svolgimento delle attività libero professionali nei termini ivi specificati.
 Il  comma  terzo  della  medesima  disposizione,  a  salvaguardia dello  svolgimento  dei  compiti  istituzionali  del  dirigente  sanitario, prevede che l’attività libero professionale svolta non possa comportare «un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti istituzionali».
 Si  può  dunque  concludere  che  l’art.  15  quinquies  comma secondo consenta al dirigente biologo il compimento degli atti tipici dell’attività professionale al di fuori del rapporto di impiego.
Analoghe disposizioni sono dettate dalla contrattazione collettiva pro tempore applicabile, ed in particolare dal CCNL per la dirigenza sanitaria 2016/2018.
L’art.31 del CCNL (recante: «Disposizioni particolari sull’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria»), sulla base di quanto già previsto dall’art.15 quinquies comma terzo d.lgs. 502/1992 dispone che: « Nel rispetto di quanto previsto dal presente CCNL al Titolo rubricato ‘Libera professione intramuraria’, i volumi di attività libero professionale intramuraria svolti dai dirigenti, anche di unità operative complesse, in rapporto esclusivo, non possono in alcun caso superare i volumi di attività istituzionale e il loro esercizio è modulato in conformità alle linee di indirizzo regionale di cui all’art.6, comma 1, lett. d)».
 Il  Titolo  VIII  del  CCNL  disciplina  poi  in  modo  dettagliato  la «libera professione intramuraria». L’art.115 (recante: «Tipologie di attività libero professionale intramuraria», prevede che: «1. L’esercizio dell’attività libero professionale avviene  al di fuori dell’impegno di servizio e si può svolgere nelle seguenti forme:
libera professione individuale, caratterizzata dalla scelta diretta da parte dell’utente – del singolo professionista cui viene richiesta la prestazione, ai sensi dell’art. 114, comma  4,  (Attività libero professionale intramuraria dei dirigenti);
attività libero professionale a pagamento, ai sensi dell’art. 114, comma 4, (Attività libero professionale intramuraria dei dirigenti), svolte  in  èquipe  all’interno  delle  strutture  aziendali,  caratterizzata dalla richiesta di prestazioni da parte dell’utente, singolo o associato anche attraverso forme di rappresentanza, all’équipe, che vi provvede nei limiti delle disponibilità orarie concordate;
 partecipazione  ai  proventi  di  attività  professionale  richiesta  a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in èquipe, in strutture di altra azienda del SSN o di altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione con le stesse;
partecipazione ai proventi di attività professionali, a pagamento richieste da terzi (utenti singoli, associati, aziende o enti) all’Azienda o Ente anche al fine di consentire la riduzione dei tempi
di attesa, secondo  programmi  predisposti  dall’azienda stessa, d’intesa con le èquipes dei servizi interessati.»
Sia le fonti primarie che la contrattazione collettiva consentono dunque al dirigente biologo in regime di esclusività lo svolgimento della attività libero professionale, nei termini specificati. Si tratta di disposizioni  che  specificano  ed  integrano  i  «criteri  oggettivi  e predeterminati» di cui all’art.53 comma 5 del d.lgs. 165/2001, ed al  tempo  stesso  escludono  in  radice  la  sussistenza  di  alcuna situazione di incompatibilità nei termini previsti dall’art.53 comma 1 cit.
Avuto  riguardo al principio di diritto sopra ricordato da applicare anche ai dirigenti biologi, per quanto si è detto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.
Sussistono i presupposti per la decisione nel merito della causa, come previsti dall’art.384  comma secondo cod. proc.  civ., perché non  sono  necessari  ulteriori  accertamenti  di  fatto,  con  il  rigetto delle domande originariamente proposte dalla dottoressa COGNOME. La particolarità della questione e la sua novità impongono la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
accoglie  il  ricorso;  cassa  la  sentenza  impugnata  e  decidendo  nel merito  rigetta  le  domande  originariamente  proposte  da  NOME COGNOME . Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro