Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13653 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13653 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 98/2023 R.G. proposto da:
ASL NAPOLI 1 CENTRO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2017/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27.6.2022, R.G.N. 2906/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/2/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli, rigettando l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, ha confermato l’accoglimento della domanda con cui NOME COGNOME aveva chiesto il rimborso delle spese sostenute – quale dirigente biologa con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la ASL Napoli 1 Centro (di seguito, ASL) ed in regime di esclusività -per l’iscrizione alla sezione speciale dell’albo dei biologi ex art. 2 legge n.396/1976;
la Corte territoriale premetteva come l’esercizio della professione di biologo rendesse obbligatoria l’iscrizione all’albo (art. 2 della legge n. 396 del 1967, comma 1) la quale, nel caso di pubblici impiegati cui fosse fatto divieto di esercitare la libera professione, era sostituita dall’iscrizione, a domanda, in uno speciale elenco (art. 2 cit., co. 2);
quest’ultima iscrizione, secondo la Corte di merito, era necessaria al fine di svolgere la professione in regime di esclusività alle sole dipendenze del datore di lavoro pubblico, come si desumeva dagli artt. 5 e 9 della legge n. 396 del 1967, mentre, nel caso di dirigenti biologi che avessero optato per la coesistenza tra impiego pubblico e libera professione, non era richiesta l’iscrizione nello speciale elenco, ma era richiesta, ai fini dell’iscrizione all’albo generale ai sensi dell’art. 8 della legge n. 396 del 1967, la prova della concreta possibilità di svolgere la libera professione in regime di intramoenia ed infine era vietato, per i biologi iscritti all’elenco speciale, l’iscrizione all’albo generale;
ciò posto, la Corte d’Appello sosteneva che il diritto al rimborso troverebbe fondamento nei medesimi principi che questa S.C. aveva sancito con riferimento alle spese sostenute dai difensori appartenenti ad uffici legali di enti pubblici per l’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati;
2.
la cassazione della sentenza è chiesta dalla ASL sulla base di un unico motivo, cui NOME COGNOME ha opposto difese con controricorso;
la controricorrente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1.
l’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 47 della legge n. 396/1976 ( rectius , 396/1967) e degli artt. 2, 15 e 21 della legge n.247/2012;
la ricorrente sostiene che l’iscrizione all’albo dei biologi sia condizione necessaria per l’esercizio della professione, che deve preesistere anche alla instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato in regime di esclusiva con un ente pubblico, ed in difetto della quale il rapporto non può instaurarsi;
2.
il motivo è fondato;
2.1.
con riferimento alla questione del rimborso delle spese sostenute per l’iscrizione negli albi speciali per l’esercizio di una professione protetta alle dipendenze di datori di lavoro pubblici, ed in particolare con riferimento alla questione del rimborso delle spese per l’iscrizione all’albo professionale IPASVI, questa Corte ha ritenuto che « diverso è il contesto normativo che viene in rilievo in relazione alla professione infermieristica, in ordine alla quale la disciplina succedutasi nel tempo, seppure improntata al rispetto del dovere di esclusività sancito dall’art. 98 Cost., ammette, alle condizioni richieste dall’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e dalle leggi speciali, l’esercizio dell’attività libero professionale, consentito, oltre che nei casi di part time rispondente ai requisiti fissati dalla legge n. 662/1996, anche per prestazioni aggiuntive (d.l. n. 402/2001) e per le attività di supporto all’attività libero professionale in
intramoenia. L’art. 53, inoltre, pur rinviando alla disciplina dettata dal d.P.R. n. 3/1957, che comporta il divieto di svolgere altra attività caratterizzata da continuità e professionalità, consente che, previa autorizzazione del datore di lavoro, possano essere accettati incarichi retribuiti, ove non sorga conflitto di interesse con l’ente di appartenenza, sicché la normativa, diversamente da quanto si riscontra per la professione forense, non contiene un divieto assoluto di compimento degli atti tipici dell’attività infermieristica al di fuori del rapporto di impiego, con la conseguenza che l’iscrizione all’albo, che è condizione necessaria per l’esercizio di quell’attività, non si può ritenere imposta dal legislatore nel solo interesse del datore di lavoro pubblico » ed ha evidenziato che « il richiamato art. 53, che va letto in combinato disposto con le disposizioni di legge alle quali lo stesso rinvia, opera una distinzione fra attività vietate in modo assoluto, attività consentite in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dal legislatore, incarichi soggetti ad autorizzazione », sicché, mentre « l’esercizio della professione di avvocato in favore di terzi da parte del dipendente pubblico rientra fra le attività che in nessun caso sono consentite, di tal ché l’iscrizione all’elenco speciale non può che soddisfare unicamente l’interesse del datore … non altrettanto può dirsi per le altre professioni intellettuali, ed in particolare per quella infermieristica, consentite ai dipendenti part time nonché, nelle ipotesi di incarichi che rispondano ai requisiti di legge, previa autorizzazione del datore » (Cass. 4 novembre 2022 n.32589);
2.2
avuto riguardo a tali principi di diritto, ai quali si intende dare continuità, occorre pertanto accertare se al dirigente biologo in regime di esclusività ex art. 15 quater d.lgs. n.502/1992 sia vietato in modo assoluto il compimento degli atti tipici dell’attività professionale, in aggiunta al rapporto di impiego, perché solo in questo caso potrebbe ritenersi che l’iscrizione nell’albo speciale sia
imposta dal legislatore nel solo interesse del datore di lavoro pubblico, e dunque debba da questi essere sostenuta;
2.3
in proposito, lo svolgimento di attività libero professionale da parte dei dirigenti biologi in regime di esclusività è consentito sia dalle disposizioni dettate dalle fonti primarie che dalle disposizioni dettate dalla contrattazione collettiva;
con riferimento alle fonti primarie, la materia è disciplinata in termini generali dall’art.15 quinquies del d.lgs. 502/1992, ai cui commi secondo e terzo è previsto (comma 2) che « il rapporto di lavoro esclusivo comporta l’esercizio dell’attività professionale nelle seguenti tipologie:
il diritto all’esercizio di attività libero professionale individuale, al di fuori dell’impegno di servizio, nell’ambito delle strutture aziendali individuate dal direttore generale d’intesa con il collegio di direzione; salvo quanto disposto dal comma 11 dell’articolo 72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;
la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a pagamento svolta in equipe, al di fuori dell’impegno di servizio, all’interno delle strutture aziendali;
la possibilità di partecipazione ai proventi di attività, richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in equipe, al di fuori dell’impegno di servizio, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione dell’azienda con le predette aziende e strutture;
la possibilità di partecipazione ai proventi di attività professionali, richieste a pagamento da terzi all’azienda, quando le predette attività siano svolte al di fuori dell’impegno di servizio e consentano la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, sentite le equipes dei servizi interessati. Le modalità di svolgimento delle attività di cui al
presente comma e i criteri per l’attribuzione dei relativi proventi ai dirigenti sanitari interessati nonché al personale che presta la propria collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in conformità alle previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro. L’azienda disciplina i casi in cui l’assistito può chiedere all’azienda medesima che la prestazione sanitaria sia resa direttamente dal dirigente scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito medesimo, in relazione alle particolari prestazioni sanitarie richieste o al carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e l’assistito con riferimento all’attività libero professionale intramuraria già svolta individualmente o in equipe nell’ambito dell’azienda, fuori dell’orario di lavoro » ed altresì (comma 3) che « per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa, l’attività libero professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti istituzionali. La disciplina contrattuale nazionale definisce il corretto equilibrio fra attività istituzionale e attività libero professionale nel rispetto dei seguenti principi: l’attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero professionale, che viene esercitata nella salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari per i compiti istituzionali; devono essere comunque rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali ed i tempi di attesa concordati con le equipe; l’attività libero professionale è soggetta a verifica da parte di appositi organismi e sono individuate penalizzazioni consistenti anche nella sospensione del diritto all’attività stessa, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma o di quelle contrattuali »;
quindi, il comma secondo dell’art.15 quinquies d.lgs. n.502/1992 consente ai dirigenti sanitari, e tra essi ai dirigenti biologi, lo svolgimento delle attività libero professionali, c.d. intramoenia , nei termini ivi specificati;
il comma terzo della medesima disposizione, a salvaguardia dello svolgimento dei compiti istituzionali del dirigente sanitario, prevede che l’attività libero professionale svolta non possa comportare « un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti istituzionali »;
se ne può concludere che l’art. 15 quinquies comma secondo consenta al dirigente biologo il compimento degli atti tipici dell’attività professionale in aggiunta alle prestazioni istituzionali proprie del rapporto di impiego;
2.4 analoghe disposizioni sono dettate dalla contrattazione collettiva applicabile, ed in particolare dal CCNL per la dirigenza pro tempore sanitaria 2016/2018;
l’art.31 del CCNL 2016 -2018, sulla base di quanto già previsto dall’art.15 quinquies comma terzo d.lgs. 502/1992 dispone che « nel rispetto di quanto previsto dal presente CCNL al Titolo rubricato ‘Libera professione intramuraria’, i volumi di attività libero professionale intramuraria svolti dai dirigenti, anche di unità operative complesse, in rapporto esclusivo, non possono in alcun caso superare i volumi di attività istituzionale e il loro esercizio è modulato in conformità alle linee di indirizzo regionale di cui all’art.6, comma 1, lett. d) »;
il Titolo VIII del medesimo CCNL disciplina poi in modo dettagliato la « libera professione intramuraria » ed all’art.115 (recante: « Tipologie di attività libero professionale intramuraria ») prevede che: « 1. L’esercizio dell’attività libero professionale avviene al di fuori dell’impegno di servizio e si può svolgere nelle seguenti forme:
libera professione individuale, caratterizzata dalla scelta diretta -da parte dell’utente -del singolo professionista cui viene richiesta la prestazione, ai sensi dell’art. 114, comma 4, (Attività libero professionale intramuraria dei dirigenti);
attività libero professionale a pagamento, ai sensi dell’art. 114, comma 4, (Attività libero professionale intramuraria dei dirigenti), svolte in èquipe all’interno delle strutture aziendali, caratterizzata dalla richiesta di prestazioni da parte dell’utente, singolo o associato anche attraverso forme di rappresentanza, all’équipe, che vi provvede nei limiti delle disponibilità orarie concordate;
partecipazione ai proventi di attività professionale richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in èquipe, in strutture di altra azienda del SSN o di altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione con le stesse;
partecipazione ai proventi di attività professionali, a pagamento richieste da terzi (utenti singoli, associati, aziende o enti) all’Azienda o Ente anche al fine di consentire la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, d’intesa con le èquipes dei servizi interessati »;
2.5 sia le fonti primarie che la contrattazione collettiva consentono dunque al dirigente biologo in regime di esclusività lo svolgimento dell’attività libero professionale, nei termini specificati; criteri » di cui all’art. 53 comma 5 del d.lgs. 165/2001, ed al tempo stesso escludono in radice la sussistenza di alcuna situazione di incompatibilità nei termini previsti dall’art.53
si tratta di disposizioni che specificano ed integrano i « oggettivi e predeterminati comma 1 cit.;
da quanto sopra deriva che ai biologi del Servizio Sanitario Nazionale, seppure in regime di esclusiva, non spetta il rimborso delle spese di iscrizione agli albi o elenchi professionali di
riferimento, in quanto esse sono funzionali non solo all’interesse datoriale, ma anche a quello individuale del dirigente, cui è consentita l’attività intra moenia , aggiuntiva rispetto al mero servizio ‘istituzionale’;
4.
il ricorso deve essere quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata;
sussistono peraltro i presupposti per la decisione nel merito della causa, come previsti dall’art.384 comma secondo c.p.c., perché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, dovendosi soltanto rigettare le domande originariamente proposte da NOME COGNOME
la particolarità della questione e la novità di essa, almeno per quanto la specifica professionalità dei biologi, giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande originariamente proposte da NOME COGNOME Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione