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Rimborso forfettario: quando esclude il volontariato?

La Suprema Corte chiarisce che un rimborso forfettario ai volontari è incompatibile con la natura del volontariato e configura un rapporto di lavoro. Tuttavia, la Corte ha respinto il ricorso di un Ispettorato del Lavoro perché, nonostante ciò, l’ente non è riuscito a provare la natura *subordinata* di tale rapporto, elemento necessario per le sanzioni applicate. La decisione conferma l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione emessa contro un’associazione.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rimborso Forfettario e Volontariato: La Cassazione Traccia il Confine

Un’associazione di volontariato può erogare un rimborso forfettario ai propri membri senza che questo venga considerato una retribuzione mascherata? Questa è la domanda cruciale a cui la Corte di Cassazione ha dato una risposta chiara con una recente ordinanza, tracciando una linea netta tra il volontariato autentico e un rapporto di lavoro. La sentenza analizza il caso di un’associazione di emergenza radio e i rimborsi spese concessi ai suoi soci, stabilendo principi fondamentali per tutto il Terzo Settore.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza ingiunzione emessa da un Ispettorato Territoriale del Lavoro contro un’associazione di volontariato che si occupava di un servizio di emergenza per un ospedale locale. Secondo l’Ispettorato, il rapporto tra l’associazione e quattro dei suoi soci, che svolgevano mansioni di autista/soccorritore, non era di volontariato, bensì di lavoro subordinato.

L’elemento chiave della contestazione era un rimborso di 25,00 euro per ogni turno di 8 ore. L’Ispettorato considerava questa somma una vera e propria retribuzione. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’associazione, ritenendo che la modesta entità della somma la qualificasse come un semplice rimborso spese, compatibile con l’attività di volontariato e destinato a coprire costi come il trasporto e i pasti.

Il Ricorso dell’Ispettorato e il Rimborso Forfettario

L’Ispettorato del Lavoro ha portato la questione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo la violazione della legge quadro sul volontariato (L. n. 266/1991). Il punto centrale del ricorso era chiaro: l’attività di volontariato non può essere retribuita in alcun modo. Gli unici importi ammessi sono i rimborsi per spese effettivamente sostenute e documentate.

Un rimborso forfettario, come quello di 25 euro a turno, essendo slegato da giustificativi di spesa specifici, non rientra in questa categoria. Secondo la tesi dell’Ispettorato, tale erogazione trasforma automaticamente il rapporto in uno di lavoro, poiché costituisce un compenso. L’onere di dimostrare che quelle somme corrispondevano a spese reali gravava, a loro dire, sull’associazione, che non aveva fornito tale prova.

La Distinzione tra Lavoro e Lavoro Subordinato

La Suprema Corte ha accolto il principio di diritto sostenuto dall’Ispettorato. Citando la propria giurisprudenza consolidata, ha ribadito che il rimborso forfettario è incompatibile con il volontariato e deve essere qualificato come compenso. Di conseguenza, il rapporto tra l’associazione e i soci non poteva essere considerato volontariato, ma rientrava nell’alveo del rapporto di lavoro.

Tuttavia, la Corte ha introdotto una distinzione fondamentale: un conto è accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro, un altro è provarne la natura subordinata. Quest’ultima richiede la dimostrazione di un vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile. Sebbene abbia confermato che il rimborso forfettario esclude la natura del volontariato, ha specificato che ciò non implica automaticamente la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato. La Corte d’Appello aveva già escluso, con un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, la presenza di un vincolo di subordinazione. Non era emersa la prova di un assoggettamento dei soci a puntuali direttive da parte dell’associazione, un elemento indispensabile per configurare la subordinazione.

In altre parole, l’Ispettorato aveva l’onere di provare non solo che quello non era volontariato, ma anche e soprattutto che si trattava di lavoro subordinato. Avendo fallito nel fornire questa seconda prova, la sua pretesa sanzionatoria è venuta meno. La Corte ha quindi confermato la decisione dei giudici di merito, che avevano annullato l’ordinanza ingiunzione.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione offre un’importante lezione per tutte le organizzazioni di volontariato. L’erogazione di un rimborso forfettario è una pratica rischiosa che snatura il rapporto di volontariato, facendolo rientrare nella categoria del lavoro. Per essere legittimi, i rimborsi devono essere strettamente collegati a spese reali e documentabili, entro limiti preventivamente stabiliti dall’organizzazione stessa.

Al contempo, la sentenza chiarisce che la qualificazione di un rapporto come “di lavoro” non è sufficiente per applicare le sanzioni tipiche del lavoro subordinato. L’onere di dimostrare l’esistenza di un effettivo vincolo di subordinazione grava sempre su chi muove la contestazione, sia esso un ente ispettivo o un’altra autorità.

Un’associazione di volontariato può erogare un rimborso forfettario ai suoi volontari?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’attività di volontariato non può essere retribuita. Sono ammessi solo rimborsi di spese effettivamente sostenute e documentate. Un rimborso forfettario, non essendo collegato a spese specifiche, viene considerato una forma di compenso e fa venir meno la natura del volontariato.

Se un volontario riceve un rimborso forfettario, il suo rapporto diventa automaticamente di lavoro subordinato?
Non automaticamente. La corresponsione di un rimborso forfettario esclude la natura di volontariato e configura un rapporto di lavoro. Tuttavia, per essere qualificato come “subordinato”, devono essere presenti ulteriori elementi, come l’assoggettamento del lavoratore alle direttive puntuali del datore di lavoro. L’accertamento di questi elementi spetta al giudice di merito.

Su chi grava l’onere di provare la natura subordinata del rapporto in caso di rimborso forfettario?
Anche in presenza di un rimborso forfettario che qualifica il rapporto come “di lavoro”, l’onere di provare la specifica natura “subordinata” del rapporto grava su chi la contesta (in questo caso, l’Ispettorato del Lavoro). L’associazione non deve dimostrare l’assenza di subordinazione; è l’organo accertatore che deve provarne la presenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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