Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28979 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28979 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 12946/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata elettivamente in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliato elettivamente in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Milano n. 105/2019 del 13 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Milano, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 3358/16, ha condannato la RAGIONE_SOCIALE (da ora solo la RAGIONE_SOCIALE) a pagare a NOME COGNOME la somma di € 31.016,53, a titolo di rimborso RAGIONE_SOCIALEa contribuzione integrativa versata nel periodo 2001-2004, durante il quale egli era stato cancellato dalla RAGIONE_SOCIALE per incompatibilità con l’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte d’appello di Milano, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 105/2019, ha rigettato.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 11 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 576 del 1980, RAGIONE_SOCIALE‘art. 2033 c.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 Cost. , in quanto la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere ripetibili da parte del controricorrente, per il periodo dal 2000 al 2004, non solo i contributi soggettivi e di maternità, ma anche quelli integrativi.
Al contrario, secondo la RAGIONE_SOCIALE, in questo modo sarebbero state indebitamente equiparate, di fatto, due categorie di contributi:
da un lato, quelli soggettivi e di maternità;
dall’altro, quelli integrativi.
In realtà, i contributi integrativi avrebbero avuto presupposti diversi da quelli dei contributi soggettivi e di maternità.
In fatti, i primi sarebbero stati dovuti per il fatto stesso RAGIONE_SOCIALE‘iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE , presupposto che non sarebbe venuto meno durante il periodo RAGIONE_SOCIALE‘accertata
incompatibilità. Pertanto, con riferimento a questi, nessun diritto avrebbe potuto vantare la controparte. Diverso discorso avrebbe dovuto farsi quanto ai contributi soggettivi e di maternità che, invece, erano dovuti in ragione RAGIONE_SOCIALE‘iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE e che, infatti, erano stati resi.
Solo per effetto RAGIONE_SOCIALE‘art. 21, comma 8, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247 del 2012 all’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata ricollegata pure quella alla RAGIONE_SOCIALE, così rendendola obbligatoria.
La normativa in questione, però, essendo sopravvenuta, non sarebbe stata applicabile.
Avrebbe assunto rilievo, poi, la funzione solidaristica dei contributi integrativi. La sentenza impugnata avrebbe errato, inoltre, nel ritenere che non dovesse essere applicato l’art. 21 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 576 del 1980, bensì il successivo art. 22 .
Con il secondo motivo la parte ricorrente contesta la violazione ed errata applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 11, 21 e 22 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 576 del 1980 e RAGIONE_SOCIALE artt. 2 e 3 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 319 del 1975 , in relazione all’art. 12 disp. att. c.c. e RAGIONE_SOCIALE artt. 1362 e 1364 c.c.
La C orte territoriale non si sarebbe resa conto che l’art. 22 in questione si sarebbe riferito alle situazioni nelle quali vi era una declaratoria di inefficacia RAGIONE_SOCIALEa contribuzione per mancanza di continuità nell’esercizio professionale nel quinquennio.
Nella specie, invece, vi sarebbe stato un accertamento RAGIONE_SOCIALE‘incompatibilità ex art. 3, r.d.l. n. 1578 del 1933.
Non corretto sarebbe stato, poi, il riferimento alla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione n. 15109 del 2005.
Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 99 e 112 c.p.c. e 111, comma 6, Cost.
Le censure, che possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, meritano accoglimento.
La più recente giurisprudenza di legittimità ha formulato il principio di diritto secondo il quale, in tutti i casi in cui il professionista abbia diritto alla restituzione dei contributi versati alla RAGIONE_SOCIALE in ragione RAGIONE_SOCIALE ‘ inefficacia ai fini pensionistici RAGIONE_SOCIALE ‘ anno o RAGIONE_SOCIALE anni ai quali essi si riferiscono,
l ‘ obbligo di rimborso concerne soltanto i contributi soggettivi, non anche i contributi integrativi, per i quali non è previsto il diritto alla restituzione, in coerenza con la funzione solidaristica RAGIONE_SOCIALE stessi (così Cass., n. 30571 del 2019 seguita, sul punto, da Cass., nn. 14883 e 24141 del 2020, non massimate, Cass., n. 9645 del 2022, non massimata; Cass., n. 29641 del 2022, non massimata, che ha cassato la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Milano n. 529/2016, posta dal giudice di appello a fondamento RAGIONE_SOCIALEa sua decisione).
Infatti, è indubbio che questa Suprema Corte ha affermato che l’accertamento da parte del giudice di merito di una situazione di incompatibilità con l’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione legale e, quindi, con la stessa iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE giustifica la declaratoria di inesistenza di un rapporto previdenziale legittimo con la RAGIONE_SOCIALE, con il conseguente venire meno di diritti ed obblighi del soggetto illegittimamente iscritto, anche se tale incompatibilità non sia stata accertata e perseguita sul piano disciplinare dal RAGIONE_SOCIALE competente, con la conseguenza che al soggetto illegittimamente iscritto spetta la restituzione dei contributi versati, secondo la disciplina RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 2033 c.c. (Cass., n. 15109 del 2005).
Peraltro, con precedente arresto n. 10458 del 1998, questa stessa Suprema Corte aveva anche precisato, sia pure riguardo a fattispecie di restituzione dei contributi per il caso di mancata maturazione del diritto a pensione, che l ‘ obbligo di rimborso concerne soltanto i contributi soggettivi, non anche i contributi integrativi, dovendosi dare rilievo alla mancata previsione del diritto alla restituzione di detti contributi, in coerenza con la funzione solidaristica RAGIONE_SOCIALE stessi.
Tale conclusione deriva, in primo luogo, dalla struttura e funzione del contributo integrativo, disciplinato dall’art. 11 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 576 del 1980. Si tratta di disposizione che prevede che l’obbligo del versamento incombe su tutti gli iscritti agli Albi di avvocato e di procuratore nonché sui praticanti RAGIONE_SOCIALE iscritti alla RAGIONE_SOCIALE, che devono applicare una maggiorazione percentuale (che è stata del 2% sino al 2012) su tutti i corrispettivi rientranti nel volume annuale d’affari ai fini RAGIONE_SOCIALE‘IVA e versarne alla RAGIONE_SOCIALE l’ammontare, indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito il debitore, maggiorazione
ripetibile nei confronti di quest’ultimo. È previsto un importo minimo risultante dall’applicazione RAGIONE_SOCIALEa percentuale ad un volume d’affari pari a quindici volte il contributo minimo di cui all’art. 10, comma 2, dovuto per l’anno stesso. La norma aggiunge che il contributo è dovuto pure dai pensionati che restano iscritti all ‘ RAGIONE_SOCIALE o all ‘ RAGIONE_SOCIALE davanti alle giurisdizioni superiori, ma l’obbligo del contributo minimo è escluso dall ‘ anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione. Il contributo integrativo non è soggetto all ‘ IRPEF né all ‘ IVA e non concorre alla formazione del reddito professionale.
L ‘ obbligo del versamento del contributo integrativo è, dunque, strettamente inerente alla prestazione professionale resa in virtù RAGIONE_SOCIALE ‘ iscrizione all ‘ RAGIONE_SOCIALE professionale, tanto che il professionista può ripeterlo nei confronti del cliente (Cass., n. 5376 del 2019, non massimata).
L ‘ art. 2, comma 3, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 319 del 1975 dispone che l ‘ attività professionale svolta in una RAGIONE_SOCIALEe situazioni di incompatibilità di cui all ‘ art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933, «ancorché l ‘ incompatibilità non sia stata accertata e perseguita dal consiglio RAGIONE_SOCIALE ‘ ordine competente, preclude sia l ‘ iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE sia la considerazione, ai fini del conseguimento di qualsiasi trattamento previdenziale RAGIONE_SOCIALE, del periodo di tempo in cui l ‘ attività medesima è stata svolta», ma non revoca in dubbio che l ‘ attività professionale sia stata legittimamente esercitata in virtù RAGIONE_SOCIALE ‘ iscrizione all ‘ RAGIONE_SOCIALE.
Ne discende che il contributo integrativo di cui all ‘ art. 11 non viene ‘ indebitamente percepito ‘ dalla RAGIONE_SOCIALE nel periodo di iscrizione, ma è da questa legittimamente riscosso, in forza RAGIONE_SOCIALEe disposizioni di legge vigenti e in relazione all ‘ esercizio RAGIONE_SOCIALE ‘ attività professionale consentito dall ‘ iscrizione all ‘ RAGIONE_SOCIALE, sicché non trova applicazione l ‘ art. 2033 c.c. che regola, in via generale, la ripetizione RAGIONE_SOCIALE ‘ indebito.
La soluzione è confortata dall ‘ art. 22 RAGIONE_SOCIALEa stessa legge n.576, che prevede espressamente, al comma 1, per coloro che cessano dall ‘ iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE senza avere maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione, solamente «il diritto di ottenere il rimborso dei contributi di cui all ‘ art. 10, nonché RAGIONE_SOCIALE
eventuali contributi minimi e percentuali previsti dalla precedente legislazione», ma non dei contributi integrativi di cui all ‘ art. 11.
Il fatto, poi, che non possa essere oggetto di ripetizione neppure la quota relativa al volume minimo di affari presunto, nel caso in cui esso sia superiore alle prestazioni effettivamente effettuate, deriva dalla finalità specifica dei contributi integrativi, esclusivamente diretti al finanziamento RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di categoria ed espressione di un dovere di solidarietà nell ‘ ambito RAGIONE_SOCIALEa categoria professionale (così Cass., n. 10458 del 1998).
Una conferma, sia pure indiretta, di tale interpretazione è possibile desumere dalla disposizione di cui all ‘ art. 22 RAGIONE_SOCIALEa legge che, al comma 4, prevede il versamento RAGIONE_SOCIALEa misura minima dei contributi integrativi anche da parte di quei soggetti (membri del Parlamento, dei consigli regionali, RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale, del RAGIONE_SOCIALE Superiore RAGIONE_SOCIALEa Magistratura e presidenti RAGIONE_SOCIALEe province e sindaci dei comuni capoluoghi di provincia) che pure sono esonerati dal requisito RAGIONE_SOCIALEa continuità RAGIONE_SOCIALE ‘ esercizio professionale durante il periodo di carica.
Il carattere solidaristico RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, come moRAGIONE_SOCIALEata dalla legge n. 576 del 1980, carattere evidenziato in più arresti RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale (Corte cost. nn. 132 e 133 del 1984), non esaurisce, del resto, i suoi effetti durante il rapporto di iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE, mentre la cessazione del rapporto non fa venire meno retroattivamente il vincolo di solidarietà.
La restituzione di un contributo pagato al solo fine di solidarietà ne snaturerebbe il contenuto e, impedendo l ‘ attuazione del principio solidaristico costituzionalmente garantito (art. 2 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione), sarebbe pure contrario ai principi costituzionali, poiché il fine solidaristico che caratterizza la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non viene meno per effetto RAGIONE_SOCIALEa cancellazione RAGIONE_SOCIALE ‘ iscritto.
Da quanto esposto, si ricava che le disposizioni del Regolamento RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE sono state male interpretate dal giudice di appello.
2) Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata va cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384 c.p.c. con il rigetto RAGIONE_SOCIALE ‘originaria domanda proposta dal controricorrente, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘In caso di cancellazione del professionista dalla RAGIONE_SOCIALE per accertata incompatibilità, l’obbligo di rimborso concerne soltanto i contributi soggettivi, non anche i contributi integrativi, per i quali non è previsto il diritto alla restituzione, in coerenza con la funzione solidaristica RAGIONE_SOCIALE stessi’.
Le spese di lite dei gradi di merito e del giudizio di cassazione sono compensate, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 92 c.p.c., essendosi consolidato l ‘ anzidetto principio di diritto solo in epoca successiva alla proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda del controricorrente ; compensa le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa IV Sezione Civile, il 24 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME