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Rimborso chilometrico: serve il contratto collettivo

Un gruppo di infermieri ha richiesto il pagamento del rimborso chilometrico per gli spostamenti dal proprio ospedale alle postazioni del servizio di emergenza. L’azienda sanitaria aveva interrotto il pagamento dopo anni. La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto a tale rimborso nel pubblico impiego deve derivare esclusivamente da un contratto collettivo, e non da prassi aziendali o circolari amministrative. La Corte ha quindi annullato la precedente decisione favorevole ai lavoratori, rinviando il caso per una nuova valutazione sulla base di eventuali accordi collettivi.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rimborso chilometrico nel pubblico impiego: la Cassazione fa chiarezza

Il diritto al rimborso chilometrico per i dipendenti del settore pubblico è un tema che genera spesso contenziosi. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione stabilisce un principio fondamentale: qualsiasi trattamento economico, inclusi i rimborsi spesa, deve trovare fondamento esclusivamente nella contrattazione collettiva. Una prassi aziendale o una circolare interna non sono sufficienti a creare un diritto acquisito per il lavoratore.

I Fatti del Caso: Il Rimborso Chilometrico Negato

Un gruppo di infermieri, dipendenti di un’Azienda Sanitaria Provinciale e in servizio presso diversi ospedali, era stato assegnato anche alle postazioni territoriali del Servizio di Emergenza 118. Per gli spostamenti tra la loro sede abituale e queste postazioni, l’Azienda aveva spontaneamente erogato un rimborso chilometrico per un certo periodo, salvo poi interromperlo.

I lavoratori si sono quindi rivolti al Tribunale per ottenere la condanna dell’Azienda al pagamento delle somme non corrisposte. Mentre il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, la Corte d’Appello aveva dato ragione agli infermieri, riconoscendo il loro diritto al rimborso.

Contro questa decisione, l’Azienda Sanitaria ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Azienda, cassando con rinvio la sentenza d’appello. Il punto centrale della decisione è la fonte del diritto al trattamento economico nel pubblico impiego.

Il Principio di Diritto: la Fonte del Rimborso Chilometrico

La Corte ha ribadito che, nel pubblico impiego contrattualizzato, l’attribuzione di trattamenti economici, sia fondamentali che accessori, può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi. Questa regola, sancita dal D.Lgs. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego), mira a garantire uniformità di trattamento e a contenere la spesa pubblica entro i limiti stabiliti in sede di negoziazione tra le parti sociali.

L’Errore della Corte d’Appello sul Rimborso Chilometrico

La Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione su elementi errati: una “prassi applicativa” seguita da altre aziende sanitarie e alcune “norme regolamentari” contenute in circolari dell’Assessorato regionale. Secondo la Cassazione, questi atti unilaterali della pubblica amministrazione o semplici comportamenti non hanno valore normativo e non possono creare un diritto al rimborso chilometrico in capo ai dipendenti. Il fatto che l’azienda avesse pagato il rimborso in passato non costituisce un obbligo a continuare a farlo in assenza di una base contrattuale.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla gerarchia delle fonti nel diritto del lavoro pubblico. La legge riserva alla contrattazione collettiva nazionale e integrativa il compito di definire la struttura della retribuzione e ogni altro emolumento. Le amministrazioni pubbliche non possono sottoscrivere accordi decentrati in contrasto con i limiti e i vincoli dei contratti nazionali, né possono creare diritti economici tramite atti unilaterali. La Corte d’Appello ha errato nel valorizzare circolari e prassi, che sono meri atti interni, privi della forza di un accordo sindacale. Tuttavia, poiché nella sentenza impugnata si faceva un fugace cenno all’esistenza di “accordi intervenuti con le OO.SS.”, la Cassazione ha ritenuto necessario un nuovo esame di merito. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte d’Appello, in diversa composizione, che dovrà accertare se esista un valido contratto collettivo (nazionale o integrativo) che preveda specificamente il diritto al rimborso chilometrico per gli infermieri in questione.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per i Dipendenti Pubblici

Questa ordinanza consolida un orientamento fondamentale: per i dipendenti pubblici, qualsiasi pretesa economica deve essere supportata da una specifica previsione della contrattazione collettiva. Non è possibile invocare diritti basati su prassi aziendali, circolari, o sulla presunta equità di un compenso. La decisione finale spetterà ora alla Corte d’Appello, che dovrà verificare l’esistenza di un fondamento contrattuale per la richiesta dei lavoratori. In assenza di tale fondamento, il diritto al rimborso non potrà essere riconosciuto.

Un’amministrazione pubblica può riconoscere un rimborso chilometrico sulla base di una semplice circolare o di una prassi aziendale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che qualsiasi trattamento economico nel pubblico impiego, compreso il rimborso chilometrico, deve essere previsto da un contratto collettivo e non può derivare da atti amministrativi unilaterali o da comportamenti tenuti in passato dall’amministrazione.

Qual è la fonte giuridica corretta per stabilire il diritto al rimborso chilometrico nel pubblico impiego?
La fonte corretta è esclusivamente la contrattazione collettiva (nazionale o integrativa/aziendale), come previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001. Gli atti amministrativi interni, come le circolari, non possono creare diritti economici per i dipendenti.

Cosa succede se un’amministrazione ha pagato spontaneamente un rimborso per un periodo e poi ha smesso?
Il fatto che un’amministrazione abbia erogato in passato un rimborso non crea un diritto acquisito per il lavoratore a continuare a riceverlo. Se tale emolumento non è previsto da una valida fonte contrattuale collettiva, l’interruzione del pagamento è legittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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