SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 4197 2025 – N. R.G. 00001769 2024 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
sezione controversie di Lavoro e di Previdenza ed Assistenza composta dai signori:
dr.ssa NOME COGNOME Presidente
dr.ssa NOME COGNOME Consigliere
dr.ssa NOME COGNOME
Consigliere rel.
All’esito di trattazione scritta, riunita in camera di consiglio all’udienza del 10 novembre 2025 ha emesso la seguente
SENTENZA
nel procedimento N. 1769/2024 R.G. lavoro vertente
TRA
c.f.
, con sede in Roma alla INDIRIZZO, in persona del suo Presidente pro tempore , legale rappresentante, AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dal sottoscritto AVV_NOTAIO – c.f. -, presso il quale è elettivamente dom.to in Napoli alla INDIRIZZO, giusta procura inserita nella busta telematica (si dichiara, ai sensi dell’art. 176, co. 2, c.p.c., di voler ricevere le comunicazioni al numero di fax: NUMERO_TELEFONO o all’indirizzo PEC: ; P. C.F.
APPELLANTE
E
TABLE
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in via telematica presso questa Corte in data 28.6.2024, la ha proposto appello avverso la sentenza n. 2250/2024 pubbl. il 26/03/2024 con la quale il Tribunale di Napoli in funzione di Giudice del lavoro, aveva accolto la domanda proposta dal de cuius in epigrafe indicato: accertato e dichiarato il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione previa rivalutazione dei redditi sulla base dell’indice ISTAT relativo all’anno 1980 (21,1%), aveva condannato la parte convenuta a versare al ricorrente, a titolo di differenze sui ratei della prestazione pensionistica per il periodo dal marzo 2010 fino al 2021, l’importo di € 86.328,88, oltre interessi legali sulle singole componenti del credito dalla maturazione di ciascuna di esse al saldo e spese di lite; aveva infine rigettato la domanda riconvenzionale della
L’appellante, con ampie argomentazioni, ha lamentato che il primo Giudice aveva erroneamente ricostruito la disciplina di riferimento. Ha reiterato l’eccezione di prescrizione.
Ha concluso chiedendo, in riforma della gravata sentenza,
‘in via principale: dichiarare inammissibile e comunque rigettare nel merito la proposta domanda perché prescritta ed in ogni caso del tutto infondata;
in via subordinata e riconvenzionale: nella denegata ipotesi in cui il Giudice ritenesse di accogliere l’avversa domanda:
accertare e dichiarare l’omissione contributiva per gli anni dal 1980 al 2008,
dichiarare, in conseguenza, ed in applicazione dell’art. 1 del Regolamento per la rendita vitalizia, l’inefficacia ai fini pensionistici delle dette annualità stante la sopravvenuta prescrizione;
revocare, in conseguenza il trattamento pensionistico del ricorrente con la condanna del medesimo alla restituzione di tutti gli importi percepiti fino alla revoca, da quantificarsi in separato giudizio in caso di mancato adempimento spontaneo;
in via gradata e riconvenzionale:
accertare e dichiarare l’omissione contributiva per gli anni dal 1980 al 2008,
dichiarare, in conseguenza, ed in applicazione dell’art. 1 del Regolamento per la rendita vitalizia, l’inefficacia ai fini pensionistici degli anni dal 2001 al 2008, stante l’omissione contributiva e la sopravvenuta prescrizione;
accertare e dichiarare che per gli anni precedenti il 2001 il trattamento pensionistico deve essere determinato in misura proporzionale ai contributi versati;
accertare e dichiarare che il trattamento pensionistico del ricorrente deve esser ricalcolato in conseguenza di quanto richiesto ai punti 5 e 6 che precedono, con la
condanna del medesimo alla restituzione di quanto percepito in più da quantificarsi in separato giudizio in caso di mancato adempimento spontaneo;’ vinte le spese.
Ricostituito il contraddittorio, gli eredi hanno resistito ed hanno concluso per il rigetto del gravame, vinte le spese. Hanno proposto appello incidentale, rilevando l’erroneità della determinazione della somma dovuta in favore del de cuius, per effetto della mancata applicazione degli indici di rivalutazione. In particolare hanno rilevato che il Tribunale, alla luce dei conteggi di parte, aveva attribuito per ciascun anno ivi indicato, dal 2010 al 2021, una differenza di ratei fissa di euro 7.848,07, corrispondente alla prima rivalutazione relativa al 2008, senza tener conto delle variazioni degli indici Istat verificatisi negli anni successivi, che determinano un totale di euro 104.259,19 in luogo di quello riconosciuto in sentenza di euro 86.328,77.
Hanno concluso chiedendo: rigettare l’appello principale; accogliere l’appello incidentale e per l’effetto modificare la sentenza impugnata, quantificando l’addebito alla per differenze di ratei dal 2010 al 2021 a favore degli Eredi dell’AVV_NOTAIO, in euro 104.259,19 oltre interessi e rivalutazione. Vinte le spese.
Disposta la trattazione scritta, le parti hanno depositato le note nei termini; non risultando depositato l’atto di appello incidentale notificato, è stato disposto un rinvio allo scopo. Depositata la notifica, all’odierna udienza come ‘sostituita’ ai sen si dell’art. 127 ter c.p.c. la causa è stata riservata in decisione.
1. L’appello principale si sottrae alla censura di inammissibilità, contenendo l’individuazione dei punti di motivazione in contestazione ed una sufficiente ed articolata esposizione delle ragioni di critica alla sentenza gravata.
2. Nel merito, è infondato.
Oggetto della presente controversia è l’eccepita erroneità del calcolo, da parte della della misura della pensione spettante al defunto AVV_NOTAIO, per effetto di una applicazione di parametri di rivalutazione del massimale dei redditi inferiore al dovuto. In particolare, secondo la tesi dal ricorrente, era stato applicato -in luogo dell’indice ISTAT del 21,10% riferito all’anno 1979, quello del 18,70% valevole per il successivo anno 1980.
All’esito del rigetto della domanda proposta in via extragiudiziale per la riliquidazione della pensione, era stato instaurato il presente giudizio.
La Suprema Corte, in recentissima sentenza (sez. L. n. 24443/2025 pubblicata il 03/09/2025), ha esaminato un caso analogo così argomentando: ‘In fattispecie analoghe alla presente, dove era chiesta la rivalutazione del trattamento pensionistico di vecchiaia ai sensi dell’art.2 l. n.576/80 in ragione di una diversa e maggiore rivalutazione dei redditi (artt.15 e 16, co.1), questa Corte (Cass.9698/10, Cass.16585/23, Cass.27609/24) ha affermato che la rivalutazione dei redditi opera in conformità al disposto dell’art.27, co.4, ovvero secondo l’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della presente legge, cioè l’anno 1980, e dunque sulla base della variazione dell’indice ISTAT registrata nell’anno precedente, ovvero nel 1979. 4.2. Le citate pronunce poggiano tutte sul rilievo contenuto nella sentenza
resa a sezioni unite da questa Corte (v. 7281/04) per cui, diversamente da quanto ritiene la , l’art.27, co.4 è norma non di diritto transitorio, ma che detta un criterio generale, applicabile non solo alle pensioni liquidate prima dell’entrata in vigore della l. n.576/80, bensì anche a quelle liquidate dopo. In particolare, il fatto che la legge si applichi alle pensioni di vecchiaia maturate dal primo gennaio del secondo anno successivo alla sua entrata in vigore, ovvero dal 1982 (art.26, co.1), non toglie che, ai fini del loro calcolo secondo il sistema retributivo, la media dei dieci migliori redditi computati sui quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione, opera previa rivalutazione di detti redditi a partire dall’anno d i entrata della legge, e quindi dal 1980 ‘.
A confutazione dei rilievi formulati dall’appellante, fondati sul richiamo della sentenza della Suprema Corte SS.UU. n.7281/04, il collegio ritiene applicabili le argomentazioni svolte a tale specifico riguardo nel prosieguo della motivazione della sente nza n. 24443/2025. Infatti è stato precisato che ‘ 4.3….. tale interpretazione non è smentita dalla sentenza di questa Corte a sezioni unite n.7281/04, nella parte in cui assume invece a riferimento l’indice ISTAT del 1981 relativo al 1980. Tale sentenza ha riguardato infatti la diversa tematica della riva lutazione delle pensioni, ai sensi dell’art.16, co.1, non già la rivalutazione dei redditi (art.15), su cui calcolare l’ammontare della pensione secondo il sistema retributivo. Poiché le pensioni regolate dalla l. n.576/80 sono solo quelle che maturano dal 1° gennaio 1982, le sezioni unite hanno affermato che la rivalutazione della pensione avviene sulla base dell’indice del 1981 relativo al 1980 (ovvero dell’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della legge), e quindi dell’indice precedente all’anno di prima erogazione, che tiene conto della svalutazione intervenuta nell’anno ancora precedente; in particolare in detta sentenza viene spiegato che: facendo riferimento al meccanismo di rivalutazione della pensione, se una pensione maturata nel corso di un qualsiasi anno si rivaluta già l’anno immediatamente successivo, ciò comporta necessariamente che si prenda come base di riferimento per operare la rivalutazione la delibera del consiglio di amministrazione della , emessa lo stesso anno del pensionamento, che necessariamente farà riferimento alla variazione intervenuta nel corso dell’anno precedente.
4.4. Nel caso di specie, invece, si tratta non di rivalutare le pensioni a far tempo dal primo anno successivo alla maturazione del diritto, previa delibera del consiglio di amministrazione della (commi 1 e 3 dell’art.16), ma di rivalutare i redditi, già prima della maturazione del diritto a pensione e già a partire dal 1980, anno di entrata in vigore della legge, per i redditi maturati a partire dal 1980.
4.5. Conferma della presente lettura degli artt.15, 26 e 27 l. n.576/80 si rinviene nel secondo comma dell’art.27, in base al quale la prima tabella di cui all’art.15, co.2 ovvero la tabella dei coefficienti di rivalutazione dei redditi redatta dal consiglio di amministrazione della entro il 31 maggio di ogni anno sulla base dei dati ISTAT -è redatta entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge. La prima tabella deve essere quindi redatta entro 4 mesi decorrenti dal 12.10.80, ovvero entro il 12.2.81, e quindi essa non poteva che prendere a riferimento l’indice medio ISTAT registrato nel 1980 sulla base della svalutazione intercorsa tra il 1979 e il
1980, non certo l’indice ISTAT del 1981, il quale, essendo un indice medio annuo riferito all’intero anno solare, va assunto a riferimento solo al termine dell’anno 1981, anziché già dal 12.2.81.
4.6. Non osta a quanto fin qui detto il d.m. 30.9.82 adottato su delibera del consiglio di amministrazione della ex art.16, co.1, il quale fa decorrere la rivalutazione, sia delle pensioni che dei redditi, dal 1981. La delibera della invero, ha valore meramente ricognitivo della variazione ISTAT registrata nell’anno precedente, e non può incidere sul criterio normativo primario posto dall’art.27, co.4, in tema di decorrenza della prima rivalutazione. Come affermato da questa Corte nelle citate pronunce nn.9698/10, e 16585/23, trattandosi di atto regolamentare, esso ben può essere disapplicato ove contrario alla norma primaria, ovvero l’art.27, co.4 l. n.576 .’
In conclusione è stato enucleato il ‘ 4.7. … seguente principio di diritto: ‘In tema di previdenza forense, l’entità dei redditi da assumere per il calcolo della media di riferimento ai fini delle pensioni di vecchiaia maturate dal 1° gennaio 1982, va rivalutata a partire dall’anno di entrata in vigore della legge n.576/80 ai sensi dell’art.27, co.4 della stessa legge, e quindi dal 1980, applicando l’indice medio annuo ISTAT dell’anno 1980, relativo alla svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980 ‘.
L’appellante ha poi riproposto il tema dell’omissione contributiva, ovvero dell’inadempimento dell’obbligazione contributiva per la parte corrispondente alla differenza tra la rivalutazione dei redditi dovuta (indice medio ISTAT del 1980) e la rivalutazione applicata dalla (indice medio ISTAT del 1981).
In particolare ha richiamato la domanda riconvenzionale, rigettata dal primo Giudice, con la quale era stato chiesto, in via principale, di
accertare e dichiarare l’omissione contributiva per gli anni dal 1980 al 2008 ;
dichiarare, in conseguenza, ed in applicazione dell’art. 1 del Regolamento per la rendita vitalizia, l’inefficacia ai fini pensionistici delle dette annualità stante la sopravvenuta prescrizione;
revocare in conseguenza il trattamento pensionistico del ricorrente con la condanna del medesimo alla restituzione di tutti gli importi percepiti fino alla revoca, da quantificarsi in separato giudizio in caso di mancato adempimento spontaneo;
ed in via gradata
accertare e dichiarare l’omissione contributiva per gli anni dal 1980 al 2008,
dichiarare, in conseguenza, ed in applicazione dell’art. 1 del Regolamento per la rendita vitalizia, l’inefficacia ai fini pensionistici degli anni dal 2001 al 2008, stante l’omissione contributiva e la sopravvenuta prescrizione;
accertare e dichiarare che per gli anni precedenti il 2001 il trattamento pensionistico deve essere determinato in misura proporzionale ai contributi versati;
accertare e dichiarare che il trattamento pensionistico del ricorrente deve esser ricalcolato in conseguenza di quanto richiesto ai punti 5 e 6 che precedono, con la
condanna del medesimo alla restituzione di quanto percepito in più da quantificarsi in separato giudizio in caso di mancato adempimento spontaneo ‘.
Come rilevato dalla Suprema Corte ‘ 3. Che la rivalutazione (dei redditi) incida sul quantum contributivo, nel senso che quest’ultimo ascenda a maggior importo dovuto in ragione del meccanismo rivalutativo, emerge chiaramente dall’impianto della legge n.576………….
.. 5.4. Dunque, essendo stati versati contributi ex art.10, co.1, lett. a) inferiori a quelli dovuti, poiché parametrati nell’aliquota ad un montante reddituale rivalutato in misura inferiore rispetto a quella da considerare (18,7% anziché 21,1%), si deve con cludere per l’esistenza di una violazione dell’obbligazione contributiva. Ovviamente tanto rileva in questa sede non ai fini del profilo sanzionatorio (art.18), bensì ai fini del rapporto tra effettiva contribuzione (art.2) e misura della pensione ‘.
La a sostegno della riconvenzionale, ha sostenuto sin dal primo grado, che ‘ nel caso in cui dovesse riconoscersi fondata la tesi del ricorrente, quest’ultimo ha conseguentemente versato meno di quanto dovuto, di guisa che per vedersi corrisposte le differenze di pensione dovrebbe versare alla le corrispondenti differenze contributive, stante la parziale omissione per tutti gli anni dal 1980 al 2008 anno del pensionamento.
I detti contributi, però, sarebbero prescritti stante il decorso del termine quinquennale e/o decennale, per cui le corrispondenti annualità devono essere dichiarate inefficaci…’.
La tesi non può essere condivisa.
Invero ha osservato il Supremo Collegio che ‘ 6.1. Ai sensi dell’art.2, co.1 l. n.576/80, la pensione di vecchiaia è pari, ‘per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione’, all’1,75% della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione .
6.2. Questa Corte (v. Cass.5672/12, Cass.7621/15, Cass.15643/18, Cass.30421/19, Cass.694/21) ha avuto modo di affermare, in relazione all”effettiva contribuzione’ dell’art.2, che essa non significa ‘integrale’, con la conseguenza che, sebbene parziale, es sa serve a far computare l’annualità di anzianità contributiva. Si è aggiunto in tali pronunce che la pensione di vecchiaia si ‘commisura’ alla contribuzione effettiva…. gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formare l’anzianità contributiva e vanno inseriti nel calcolo della pensione , e …. il calcolo della pensione si fa ‘prendendo come base il reddito sul quale è stato effettivamente pagato il contributo.
6.3. Dal citato orientamento emerge il principio per cui il reddito da considerare ai fini del calcolo della pensione, e dichiarato ai fini IRPEF, è solo quello su cui si sono versati ‘effettivamente’ i contributi. Tale conclusione non rinnega il metodo di calcolo retributivo, poiché la pensione si calcola pur sempre prendendo a base la media dei miglior redditi, ma con il limite per cui -non vigendo il principio dell’automatismo
della prestazione pensionistica -la misura del reddito denunciato ai fini IRPEF è da rapportare ai contributi effettivamente versati. Se, come nel caso di specie, sono stati versati contributi in misura parziale in ragione di una minor percentuale di rivalutazione del reddito, tale minor percentuale è quella da considerare ai fini pensionistici ‘.
In conclusione è stato enunciato il seguente principio di diritto: ‘In tema di previdenza forense, i redditi da prendere a riferimento per il calcolo della pensione di vecchiaia, ai sensi dell’art.2 l. n.576/80, sono quelli coperti da contribuzione ‘effettivamente versata’, sicché, in caso di applicazione su tali redditi di un coefficiente di rivalutazione ISTAT inferiore a quello dovuto, con corrispondente minor contribuzione versata ai sensi degli artt.10 e 18, co.4, la pensione di vecchiaia va calcolata prendendo a riferimento i redditi rivalutati secondo il minor coefficiente applicato, anziché secondo quello maggiore dovuto ‘.
Se da un lato, in relazione agli anni antecedenti il 2001, non è più possibile versare la contribuzione sulla parte di reddito rivalutata con l’applicazione del superiore indice del 21,1% perché prescritta, dall’altro non può sostenersi che il periodo 2001-2008 non coperto da integrale contribuzione non sia utile ai fini contributivi e quindi inefficace, con la conseguente pretesa di revoca del trattamento pensionistico e condanna del ricorrente alla restituzione di tutti gli importi percepiti fino alla revoca, da quantificarsi in separato giudizio in caso di mancato spontaneo adempimento.
5. Deve quindi esaminarsi il tema della prescrizione e del termine applicabile alla riscossione dei ratei, avendo parte ricorrente formulato la propria domanda nel limite decennale e la con contro, invocato in sede di gravame quello quinquennale.
La che, in primo grado, aveva eccepito la prescrizione decennale del preteso diritto al ricalcolo della rivalutazione dei redditi contributivi posti a base del trattamento pensionistico e, solo ‘per scrupolo difensivo…… altresì, la prescrizione quinquennale dei ratei pensionistici richiesti, ai sensi dell’art. 2948, n. 4 c.c..’, ha censurato la statuizione giudiziale, precisando che non si verte in ipotesi di ratei non riscossi, ma di ricalcolo di ratei regolarmente pagati.
Il Tribunale, in proposito, ha ritenuto applicabile la prescrizione decennale prevista dall’art. 2946 cod. civ., operante per il periodo anteriore al 27.2.2010, avendo il ricorrente presentato domanda stragiudiziale di ricalcolo della prestazione pensionis tica, con applicazione dell’indice ISTAT del 21,1% relativo all’anno 1979, in data 27.2.2020. Di conseguenza, in sede di quantificazione del dovuto, sulla scorta dei conteggi attorei (solo genericamente contestati da parte resistente), considerata la maturazione di una differenza annua, dal 2008, di euro 7.848,07, aveva riconosciuto, per il periodo marzo 2010/dicembre 2021, la complessiva somma di euro 86.328,77, oltre interessi legali sulle singole componenti del credito dalla maturazione di ciascuna di esse al saldo.
La conclusione merita di essere confermata atteso che “In materia di previdenza obbligatoria (quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del dlgs n. 509 del 1994) la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c. – così
come dall’art 129 del r.d.l. n. 1827 del 1935- richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.’ (conforme Cass., ord. 13/1/2020 n 401).
6. Da ultimo deve esaminarsi l’appello incidentale che risulta ritualmente notificato alla (come comprovato all’esito di apposito rinvio disposto da questo Collegio) e che ha ad oggetto la modifica della sentenza di condanna per errata quantificazione delle differenze di ratei liquidate a favore del ricorrente.
E’ stato osservato dalla difesa degli eredi che il Giudice di primo grado si era riportato ai conteggi prodotti modificando, correttamente, l’importo di euro 115.131,19 in quanto erroneamente indicato in tabella con riferimento all’adeguamento della pensione a decorrere dal 2008 invece che dal 2010, data limite del termine di prescrizione decennale; di conseguenza aveva escluso dalla condanna le prime due annualità, corrispondenti a euro 3.924,03 per il 2008 e 7.848,07 per il 2009. Il Tribunale, tuttavia, nel riportarsi ai conteggi di parte, aveva attribuito per ciascun anno ivi indicato, dal 2010 al 2021, una differenza fissa annuale di euro 7.848,07, corrispondente alla prima rivalutazione relativa al 2008, senza tener conto delle variazioni degli indici Istat e quindi dell’importo dei ratei verificatisi negli anni successivi che determinano un totale di euro 104.259,19 in luogo di quello riconosciuto di euro 86.328,77.
Hanno quindi rilevato che il recepimento di questi conteggi, in difetto di specifica contestazione di parte avversa, e la mancanza di esplicitazione delle ragioni per il quale il Giudice si era discostato dai valori annui indicati dal ricorrente, fanno ritenere che la quantificazione sia frutto di errore e che, coerentemente con la motivazione della sentenza, le differenze di ratei per il periodo 2010-2021 debbano essere determinate in euro 104.259,19.
Rileva il collegio che, dalla disamina dei prospetti di calcolo e tenuto conto del limite della dichiarata prescrizione, devono detrarsi -come è pacifico -le annualità 2008, 2009 ed i primi due mesi del 2010.
Dai conteggi di parte ricorrente in primo grado, non attinti da specifica contestazione della e quindi dal rivendicato importo complessivo di euro 115.131,19 come indicato quale totale nella tabella alla pag. 6, devono detrarsi le seguenti somme relative ai periodi coperti da prescrizione: euro 3.924,03 richiesto per il 2008, euro 7.848,07 per il 2009 ed euro 1.334,17 per i primi due mesi del 2010.
Procedendo quindi al calcolo del residuo, il totale spettante ammonta ad euro 102.024,92. Entro tali limiti, in accoglimento per quanto di ragione del gravame incidentale, la sentenza va parzialmente riformata, condannando la al pagamento in favore degli eredi dell’AVV_NOTAIO COGNOME della complessiva somma di euro 102.024,92 in luogo di quella liquidata dal Tribunale, oltre accessori di legge dalla maturazione al soddisfo.
La sentenza va per il resto confermata, anche per il governo delle spese del primo grado, già liquidate per intero a carico della in applicazione del parametro riferito al medesimo scaglione tariffario rilevante nella presente fase.
Le spese del presente grado seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo a carico della
Nella fattispecie -con riguardo all’appello principale – è applicabile ratione temporis l’art. 1 comma 17 della legge 24 dicembre 2012 n. 228 che ha modificato il DPR 115/2002 ( Testo unico in materia di spese di giustizia , inserendo all’articolo 13, dopo il comma 1ter , il comma 1-quater), in ordine al pagamento del doppio del contributo unificato previsto per il caso in cui l’impugnazione, anche incidentale, sia respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile: il successivo comma 18 stabilisce infatti che le disposizioni di cui al comma 17 -riferite testualmente alle impugnazioni – si applicano ai procedimenti -evidentemente di appello iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata della medesima legge n. 228/12 (primo gennaio 2013). Il comma 17 riguarda quindi i casi di procedimenti pendenti -come quello di specie – a far luogo dal 31 gennaio 2013.
La Corte dà atto della sussistenza del presupposto processuale rappresentato dal rigetto dell’impugnazione. Infatti ‘La debenza dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (c.d. doppio contributo) pari a quello dovuto per l’impugnazione è normativamente condizionata a due presupposti: il primo, di natura processuale, costituito dall’adozione di una pronuncia di integrale rigetto o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, la cui sussistenza è oggetto dell’attestazione resa dal giudice dell’impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002; il secondo, di diritto sostanziale tributario, consistente nell’obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, il cui accertamento spetta invece all’amministrazione giudiziaria’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 03).
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta l’appello principale;
in accoglimento dell’appello incidentale per quanto di ragione, in parziale riforma della gravata sentenza, condanna la al pagamento, in favore degli eredi dell’AVV_NOTAIO in epigrafe indicati, della complessiva somma di euro 102.024,92 in luogo di quella liquidata dal Tribunale, oltre accessori di legge dalla maturazione al soddisfo;
condanna la al pagamento delle spese del grado che liquida in euro 4.997,00 oltre rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge con attribuzione ai procuratori anticipatari AVV_NOTAIO ed AVV_NOTAIO;
dà atto, con riguardo all’impugnazione principale, ai fini delle valutazioni di competenza di questo Collegio, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto dal primo periodo dell’art. 13, 1 quater, DPR n. 115/2002 come introdotto dall’art. 1 comma 17 legge 228/2012, se dovuto.
Così deciso in Napoli, il 10 novembre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente dr.ssa NOME COGNOME dr.ssa NOME COGNOME